2021-12-22
«Ecco perché non crediamo al suicidio»
I Ris dei Carabinieri nell'ufficio di David Rossi (Ansa)
La vedova di David Rossi alla «Verità»: nelle lettere un soprannome mai usato prima con me. Strana anche la mail inviata a Viola. Simulata dai carabinieri del Ris la caduta dall’ufficio. La compagna del colonnello dei carabinieri: il manager presente ai festini gay.Come anticipato ieri dalla Verità, serviranno almeno tre mesi per avere una risposta definitiva agli accertamenti svolti ieri dal Ris per verificare se David Rossi si è davvero suicidato o se, invece, qualcuno lo ha buttato giù, forse spaventato dalla sua volontà di parlare con i magistrati, espressa tre giorni prima in una mail all’ Ad di Monte dei Paschi Fabrizio Viola: «Stasera mi suicido, sul serio. Aiutatemi!!!!».I rilievi degli uomini dell’Arma molto articolati si sono conclusi in tarda serata. All’inizio dei lavori gli investigatori incaricati dalla commissione d’inchiesta sulla vicenda hanno acquisito elementi sui luoghi, per poi effettuare l’esame più importante, ossia la simulazione della caduta dell’ex capo della Comunicazione di Mps con un manichino antropomorfo virtuale. Le verifiche sono state svolte non solo dalla stanza di Rossi, ma anche dal piano superiore, il quarto, da dove la famiglia e i legali sospettano possa essere stato spinto il manager.Previste anche prove di trazione della sbarra di protezione della finestra dell’ufficio di Rossi e dei di fili anti piccioni, che furono trovati rotti. Dopo le 17 invece si sono svolte, le sperimentazioni necessarie a ricreare le condizioni di luce e atmosferiche della sera in cui Rossi è stato trovato a terra in vicolo del Monte Pio, tra cui un test con pioggia artificiale per verificare gli effetti dell’acqua sulla telecamera di sorveglianza della strada e uno per studiare il fenomeno di proiezione delle luci di automobili.Una prova per verificare se le telecamere di sorveglianza ripresero davvero un orologio volare giù dal palazzo alcuni minuti dopo Rossi o se si trattasse di un’illusione ottica.Ieri incontrando la stampa, il presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Rossi, Pierantonio Zanettin ha commentato: «Oggi non potremo trarre nessuna indicazione specifica, per i risultati della perizia odierna a opera dei Ris dovremmo aspettare 3 mesi, ma è tutto work in progress». Per Zanettin, gli accertamenti che saranno realizzati grazie alla ricostruzione in 3d, tramite laser scanner, del vicolo di Monte Pio oltre che quelli all’interno dell’ufficio del capo della comunicazione della banca deceduto il 6 marzo 2013 dopo un volo dalla finestra del suo ufficio saranno dirimenti: «La soluzione dei Ris è quella che sposerò, non andrò a cercare verità diverse». Una dichiarazione importante, visto che sarà Zanettin a dover presentare, al termine dei lavori della commissione, una relazione da sottoporre al voto dei parlamentari che ne fanno parte. Per la famiglia di Rossi hanno invece parlato gli avvocati. Carmelo Miceli, legale della vedova di Rossi Antonella Tognazzi e della figlia della donna Carolina Orlandi nutre grandi aspettative e spera che «con l’ausilio di questi nuovi supporti scientifici, risulti evidente che alcune posizioni David non poteva assumerle, dunque che la possibilità del suicidio venga definitivamente confutata» e che «finalmente una Procura decida di riaprire l’indagine sulle reali cause della morte. Le indagini sono state archiviate sulla base di atti che, all’evidenza, sono falsati». Ancora più duro l’altro legale della famiglia, Paolo Pirani che ha parlato di «un accertamento che andava fatto anni fa». Sono sempre più lontani quindi i tempi in cui, i primi giorni, le persone più vicine a Rossi raccontavano ai pubblici ministeri quanto la perquisizione subita - da non indagato - nell’ambito dell’inchiesta sulla banca lo avesse prostrato. A cominciare proprio dalla figlia della Tognazzi, Carolina, che il 18 aprile 2013 aveva descritto gli strani comportamenti di Rossi nei giorni precedenti alla sua morte. Per esempio comunicava con la ragazza scrivendo su dei foglietti, che poi chiedeva di distruggere, temendo che ci fossero delle microspie in casa. E con imbarazzo aveva anche ammesso di essersi ferito da solo ai polsi, atti di autolesionismo che aveva fatto inizialmente ritenere plausibile anche ai famigliari l’ipotesi del suicidio.Alla Verità la vedova di Rossi ha spiegato dettagliatamente il percorso che ha portato lei e la figlia a rivedere «in base agli elementi che emergevano» le loro posizioni che rispetto ai primi momenti: «Se un magistrato mi chiama e mi dà una versione, io non ho motivo o elementi per metterla in discussione, anche se la cosa mi era sembrata assolutamente strana fin dall’inizio sulla base di un termine presente proprio nei bigliettini. Feci presente che non mi chiamava mai “Toni”». Cioè il nomignolo con cui la ha appellata Rossi su due dei bigliettini di addio scritti prima di morire: «Ciao Toni, mi dispiace, ma l’ultima cazzata che ho fatto è troppo grossa. Nelle ultime settimane ho perso». Nel secondo, trovato completamente strappato, invece, si leggeva: «Ciao Toni, amore, l’ultima che ho fatto è troppo grande per poterla sopportare. Hai ragione, sono fuori di testa da settimane».La svolta per la Tognazzi avviene «quando ci hanno restituito gli apparecchi informatici, mia cognata che è ingegnere informatico iniziò a controllare i dati e la cosa non mi tornava». In particolare per la mail scritta dal marito all’Ad di Mps Fabrizio Viola: «Ammesso e non concesso che quella mail fosse valida, era stata mandata in 3 e l’evento è successo il 6. Io tornai in Procura a chiedere: “Scusate, ma in tre giorni nessuno ha fatto niente?”». Concludendo con una riflessione: «Come fa uno a sospettare da subito senza nessun altro elemento?». Quando le abbiamo ricordato quanto il marito fosse sotto pressione per l’inchiesta, la donna ci ha detto «come tutti, come poi ha detto anche la stessa Ciani», riferendosi a Carla Ciani, la mental coach (e non una psicologa) ingaggiata da Mps. Che aveva incontrato Rossi la mattina del 6 marzo, descrivendo così ai pm il suo stato psicologico: «Mi ha manifestato una situazione di ansia derivante dalla perquisizione da lui subita, in un contesto già problematico: disse che questa cosa per lui rappresentava un dramma; disse che era un momento in cui gli stava cadendo addosso il mondo perché c’erano tante cose che gli erano accadute lo stesso momento: la morte il padre; la crisi del Monte; lo stato di salute della moglie; le perquisizioni da lui subite, in ufficio e nell’abitazione. Insomma, lui si sentiva dentro una serie di situazioni negative che non riusciva a gestire». Parole usate dai magistrati di Siena per motivare l’archiviazione, ma che la Ciani, sentita dalla commissione, ha molto ridimensionato. Ieri sera, le Iene hanno trasmesso un servizio con ulteriori elementi destinati a far discutere. Una chat, risalente a 4 anni fa, tra uno degli autori della trasmissione, Marco Occhipinti, e Anna Ascani, la compagna del colonnello dei carabineri Pasquale Aglieco, che nella sua audizione in commissione si è autoproclamato testimone delle presunte manomissioni nella stanza di Rossi da parte dei pm. Nello scambio la donna, che ha contattato Occhipinti su Facebook, lancia nuove ipotesi, tutte da verificare, sui festini che sarebbero all’origine della morte di Rossi. Nei quali, secondo la Ascani, che nella chat non fornisce alcun elemento di riscontro, Rossi sarebbe stato coinvolto in prima persona. A Occhipinti la donna ha, infatti, suggerito: «Indagate sul compagno con cui andava in villa». Quando la iena gli fa notare che anche lui viene spesso visto con un collega, la donna risponde: «Per questo ti ho detto di cercare conferme in villa». Come se i festini negati dal suo compagno, il colonnello Aglieco, fossero in realtà esistiti.