2024-07-19
Ilva, le intercettazioni inguaiano la Morselli
Lucia Morselli (Imagoeconomica)
Si aggrava la posizione dell’ex ad nell’inchiesta sulla CO2: indagata per associazione a delinquere finalizzata all’inquinamento, al disastro ambientale e alla truffa. Secondo gli inquirenti centrali due conversazioni. L’azienda: «Vicende passate».Ci sarebbe stato un «disegno criminoso» dietro il presunto raggiro sulle emissioni di CO2 dell’ex Ilva, che appena 15 giorni fa ha portato a dieci perquisizioni a carico di altrettanti indagati, tra cui il vecchio amministratore delegato di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli. Tutti accusati, in prima battuta, di aver falsificato dati e registri per ottenere quote gratuite di CO2 in danno delle casse dello Stato per un totale di oltre mezzo miliardo di euro.il «Pactum sceleris»Un «pactum sceleris» che la Procura di Taranto (pm Mariano Buccoliero e Francesco Ciardo coordinati dal capo, Eugenia Pontassuglia) ha deciso di qualificare con la nuova contestazione di associazione per delinquere finalizzata all’inquinamento, al disastro ambientale e alla truffa, appunto: oltre alla Morselli, risultano sotto inchiesta il suo segretario Carlo Kruger, e poi i dirigenti Francesco Alterio, Adolfo Buffo e Paolo Fietta; gli ex direttori dello stabilimento Vincenzo Dimastromatteo e Alessandro Labile; il procuratore di Acciaierie con funzioni di direttore finanze, tesoreria e dogane Antonio Mura; e infine il dipendente Felice Sassi.«Si tratta di un’accelerazione impressa negli ultimissimi giorni dai titolari del fascicolo», spiega al nostro giornale una fonte, «che hanno deciso di rivalutare l’impianto probatorio alla luce di alcuni elementi contenuti nelle più recenti informative». A indirizzare i sostituti procuratori verso l’aggravamento delle posizioni sarebbero state, in particolare, le intercettazioni telefoniche da cui sarebbe emersa la consapevolezza, soprattutto da parte della Morselli, della supposta falsificazione delle emissioni. L’ex manager, che appena due settimane fa aveva inutilmente provato a insinuarsi nel passivo dell’azienda, chiedendo alla gestione commissariale crediti non riscossi per circa 2 milioni di euro ma ricevendo dal Tribunale di Milano un netto rifiuto, in almeno due occasioni per gli inquirenti avrebbe ammesso la contraffazione dei documenti: la prima volta al telefono con la direttrice dei servizi informativi di Acciaierie; la seconda mentre discuteva con una consulente. «Se sapeva lei, allora sapevano tutti», è stato il ragionamento degli inquirenti tarantini che avrebbero trovato ulteriori riscontri nei documenti e nei supporti informatici sequestrati nel blitz del 3 luglio scorso. Stando al quadro accusatorio disegnato dai pm pugliesi, la società avrebbe attestato nel piano di monitoraggio e rendicontazione falsi quantitativi di consumi di materie prime, di prodotti finiti e di semilavorati e relative giacenze con lo scopo di dimostrarsi virtuosi, in relazione alle emissioni di anidride carbonica, e ottenere così maggiori quote di CO2 gratuite. Un trucchetto che sarebbe andato avanti dal 2019 al 2023 (dunque, ai tempi in cui il sito siderurgico era controllato interamente prima dal colosso franco-indiano Arcelormittal e poi in partnership con Invitalia, proprietaria del 38% del capitale sociale) che avrebbe distorto anche le aste pubbliche europee di quote di CO2 messe all’incanto per consentire alle aziende energivore di poter, all’occorrenza, attingere a scorte di emissioni supplementari (cosiddetto sistema di cap&trade). Non a caso, infatti, hanno scritto i pm nel decreto di perquisizione di due settimane fa: «Alla luce del consistente valore economico di ciascuna quota (allo stato pari a circa 82 euro cadauna) il danno per lo Stato è evidente».L’incessante attività investigativa degli ultimi mesi ha portato, poi, all’apertura di un secondo filone riguardante la mancata manutenzione dell’impianto, così come ricostruito dalla Gazzetta del Mezzogiorno. E, in particolare, delle tubazioni della rete di distribuzione del gas-coke presenti nei reparti cokeria e sottoprodotti della fabbrica. Una omissione che, per i pubblici ministeri, avrebbe provocato «una compromissione ed un deterioramento significativo dell’aria della città di Taranto determinando un incremento, significativo e misurabile delle concentrazioni medie annuali, mensili, giornaliere di benzene registrate dalle centraline di monitoraggio di qualità dell’aria e quelle interne allo stabilimento». Sempre secondo i consulenti della Procura, la società non avrebbe mantenuto in efficienza gli impianti di «pressurizzazione e filtrazione aria al servizio di macchine operatrici e uffici esponendo così i lavoratori ad elevate concentrazioni di sostanze cancerogene, mutagene, teratogene». Il danno di queste negligenze ammonterebbe a circa un miliardo di euro. benzeneL’inasprimento delle emissioni di benzene, inquinante cancerogeno, sebbene non abbiano mai superato i livelli soglia della legge (cinque microgrammi per metro cubo di aria come media mensile), era però già stata segnalata da Arpa Puglia e dalle autorità sanitarie (Asl Taranto) negli ultimi due anni. E di recente Arpa Puglia e Ispra avevano confermato che l’ex Ilva è la principale fonte emissiva del benzene. «Storie passate», si affrettano a sottolineare dall’amministrazione straordinaria con una nota per ricordare che, dall’insediamento della nuova gestione, «sono state attivate subito tutte le azioni per verificare e garantire l’efficienza e l’efficacia delle misure di mitigazione ambientale» oltre che per «porre in atto quanto necessario per assicurare la tutela dei dipendenti e della comunità tutta».Di fatto l’inchiesta penale è sostanzialmente finita: dopo l’estate arriveranno gli avvisi di conclusione delle indagini e sarà possibile scoprire le carte della pubblica accusa in vista di un processo che, in ogni caso, non dovrebbe avere alcun tipo di ripercussione sul prestito ponte da 320 milioni recentemente approvato dall’Ue.
L’ex viceministro e sottosegretario della Salute Pierpaolo Sileri (Ansa). Nel riquadro Marco Florio
Andrea Sempio, nel riquadro il padre Giuseppe (Ansa)