2021-08-26
Montino e i soldi: dal Giubileo fino alla cuccia
Avventure e affari del potente dem, sindaco di Fiumicino e marito di Monica Cirinnà. La quale, dopo la scoperta del tesoretto nella propria tenuta di Capalbio, sbandiera davanti ai malpensanti la dichiarazione dei redditi. «Follow the money» consigliava Giovanni Falcone a chi andava a caccia di reati. Segui i soldi. Ed è esattamente quello che stanno facendo i carabinieri del Nucleo investigativo di Grosseto, i quali, su delega della Procura guidata da Maria Navarro, stanno cercando di capire che percorso abbiano seguito i 48 pezzi da 500 euro che hanno terminato il loro viaggio nella cuccia dei cani dell'azienda agricola di proprietà di Esterino Montino e Monica Cirinnà, esponenti di primo piano del Pd. «Faremo anche tutti gli accertamenti tecnici possibili», ci anticipa il tenente colonnello Matteo Orefice. Infatti le banconote sono state ritrovate in buone condizioni e per questo è iniziata la caccia a tracce di Dna e a eventuali impronte digitali per cui esiste una banca dati nazionale. Certo, in base al racconto di Montino, gli inquirenti potrebbero trovare sui bigliettoni anche le ditate dello stesso sindaco di Fiumicino, del figlio e del maresciallo dell'Arma che per primo è intervenuto dopo la scoperta, avvenuta il 18 agosto, del denaro da parte di un operaio che stava facendo dei lavori nella tenuta. Anche il sottufficiale avrebbe «contato» i soldi. Avrà utilizzato appositi guanti? Chissà. Fatto sta che i carabinieri faranno comunque tutti i controlli, pur sapendo che sarà «complicato» ottenere risultati utili. Più plausibile ricostruire la strada percorsa dalle banconote. I tagli da 500 euro e quelli da 200 sono da anni al centro dell'attenzione delle autorità europee per il loro uso in attività criminali o di riciclaggio di proventi illeciti. La circolazione delle banconote viola è stata interrotta definitivamente nel 2019 e il loro utilizzo per cifre superiori ai 2.500 euro, in mancanza di spiegazioni esaurienti, dovrebbe essere segnalato dagli operatori finanziari, banche comprese, all'ufficio Antiriciclaggio. Ed è forse tra le segnalazioni di operazioni sospette che gli investigatori sperano di trovare traccia di quei fogli preziosi. Ieri i coniugi Montino si sono lamentati della «gogna mediatica e social» a cui sono stati sottoposti, visto che loro colpa sarebbe solo quella di essere delle «persone oneste»: «Deve per forza esserci un mistero, un giallo, qualcosa che non si dice, che si nasconde. Tutto perché mia moglie e io facciamo politica da molti anni», ha commentato amaro il sindaco. Anche la Cirinnà ha subito affrontato il tema dei soldi, ben sapendo quale possa essere il retropensiero di persone che non hanno mai trovato 24.000 euro in tagli da 500 dentro la cuccia del cane: «L'azienda è gravata di mutuo che pagheremo fino al 2034 e i nostri 730 sono pubblicati sul sito del Senato. Siamo onesti e limpidi, se ne facciano una ragione». In effetti su Internet ci sono sia i redditi della signora che del marito, che non ricopre più incarichi parlamentari dal 2008. Eppure Montino ha ancora entrate consistenti: dal 2013, quando è diventato sindaco di Fiumicino all'età di 65 anni, la sua dichiarazione non è mai scesa sotto i 139.000 euro, rimanendo quasi sempre ben al di sopra: 161.743 nel 2014, 169.600 nel 2015, 151.726 nel 2016. Nel triennio successivo ha oscillato tra i 139.000 euro e i 146.000 sino all'exploit del 2020: 209.513 euro. Per la Cirinnà, che nel 2020 ha dichiarato 105.509 euro (sommati a quelli del marito fanno 315.000 di reddito familiare), gli emolumenti sono più bassi. Nel 2013, anno in cui era consigliere comunale uscente, ha presentato una dichiarazione da 31.512 euro, schizzata poi a 94.097 euro nel 2014, con i primi introiti da parlamentare, e stabilizzata, negli anni successivi, poco sopra i 100.000. I due controllano la CapalBio Fattoria società agricola Srl, con 10.000 euro di capitale sociale, e la Monester Srl, con sede a Roma, che ha 101.490 euro di capitale. Nella documentazione del Senato del 2020 risultano anche un fabbricato e un terreno, entrambi agricoli, nel comune di Manciano, sempre in Maremma, e una Smart immatricolata nel 2000 per la Cirinnà, mentre Montino sembra non possedere nessuna auto. Dichiarazioni a parte, non è la prima volta che i due politici finiscono al centro di polemiche per questioni legate ai soldi. Anche perché nel tempo ne hanno accumulati un po', diventando anche imprenditori oltre che parlamentari. La loro storia inizia però in tutt'altro modo. La famiglia Montino, di origine veneta, approda a Maccarese durante le bonifiche. Il padre diventa meccanico nelle officine della Maccarese società anonima di bonifiche, divenuta poi la più grande azienda agricola italiana, prima di proprietà dello Stato e poi ceduta alla famiglia Benetton. Da ragazzo Esterino fa il bracciante nel vivaio della società, celebre per le sue colture, comprese le imponenti palme. Prima lavoretti estivi, poi avventizio, quindi salariato. Ma il ragazzo è sveglio e viene presto distaccato al sindacato, diventando segretario provinciale della Federbraccianti, sotto la Cgil. Nel 1985, a 37 anni, viene spedito a fare il consigliere comunale dal Partito comunista. In Campidoglio rimane per 16 anni e nel 1993 incontra la Cirinnà, giovane consigliera dei Verdi un po' fricchettona. Dal marzo 1995 al gennaio 2001, l'ex florovivaista di Maccarese, diventa il potentissimo assessore ai lavori pubblici della giunta Rutelli impegnata a gestire il fiume di miliardi destinato all'organizzazione del Giubileo del 2000. In quel periodo, precisamente nel 1998, i due, coppia di lotta e di governo, decidono di mettere su casa e si rivolgono alla Chiesa per trovare alloggio: «Abbiamo chiesto a monsignor Angelo Mottola, uno dei pochi amici che avevamo in Vaticano se era possibile affittare una casa», ha spiegato lei al Fatto. Ed ecco pronti 110 metri in via dell'Orso a pochi passi da Piazza Navona: due camere, soggiorno, due bagni e cucina. Disposto su due livelli, ma, sembra, senza balconi. E soprattutto, ha raccontato la stessa Cirinnà, «mandato in malora» dal precedente inquilino, un giovane «con problemi psichici». I due non si scoraggiano e con 150 milioni di lire fanno una bella ristrutturazione («che Esterino ha seguito in prima persona dal cotto nei pavimenti al caminetto in soggiorno»), portando a casa un contratto di 12 anni a 600.000 lire al mese, che con l'euro diventano 360 euro. L'affitto, per Propaganda fide, il locatario, vale però 3.000 euro e così in 12 anni i coniugi, ha calcolato sempre dal Fatto, avrebbero comunque risparmiato circa 100 milioni di lire. Ma i due piccioncini hanno sempre respinto l'accusa di aver dimorato nel centro di Roma a canone agevolato come hanno fatto molti altri politici con buoni agganci in Vaticano. E così, quando la storia dell'affitto da 360 euro, finì sui giornali, la Cirinnà respinse tutti malpensanti con questa frase: «Sono famosa per avere votato sempre contro gli interessi della Chiesa». Nell'aprile del 2001, terminata l'esperienza in Comune da assessore e passato indenne dalle forche caudine del Giubileo, e prima di entrare in Parlamento, a maggio, con i Democratici di sinistra, Montino e signora decidono di diventare imprenditori nel settore vitivinicolo, dopo aver acquistato una gigantesca tenuta vicino a Capalbio, nella zona dei grandi rossi di Bolgheri. Davanti al notaio si presenta la Cirinnà con due coltivatori diretti lucani per dare vita a «una piccola società cooperativa a responsabilità limitata». Oggi quell'azienda appartiene alla senatrice (20% delle quote) e alla Monester Srl, di proprietà della coppia (70% lui, 30% lei). Il valore di terreni e fabbricati, a bilancio, è di circa 2.000.000 di euro, oltre 1 milione quello di macchinari e attrezzature varie. Il fatturato totale a fine 2019 superava i 300.000 euro, mentre nel 2018 non era arrivato a 200.000. In compenso l'ultimo bilancio si è chiuso con una perdita di 2.000 euro e quindi quelle 48 banconote da 500 euro avrebbero potuto far comodo, ma come ha detto Montino, pur rischiando di «subire ritorsioni» e «gesti folli», ha preferito avere «un comportamento onesto» e denunciare. Con il risultato che sappiamo, cioè «passare per delinquente». Cosa che gli era già capitata, con suo sommo dispiacere, quando venne indagato per le presunte spese pazze in Regione, dove è stato consigliere e vicepresidente. Ma a febbraio lui e altri 12 consiglieri sono stati assolti dopo l'ennesima gogna. In passato anche qualcun altro aveva provato a gettare ombre sul suo operato, quando era già sindaco di Fiumicino. Due lobbisti raccontarono di essere stati pagati dal colosso delle coop modenesi, la Cpl Concordia, per entrare in contatto con Montino e altri amministratori. In un interrogatorio il pm modenese Pasquale Mazzei esclamò: «500.000 euro per frequentare è un po' troppo, 500.000 euro per corrompere diventa, scusi eh, diventa una cosa credibile, ma 500.000 euro perché una persona viene messa in contatto con il sindaco di Fiumicino mi sembra, no per dire, ho fatto l'esempio di Fiumicino, Viterbo, mi sembra un po' troppo». In un altro caso il magistrato si accese di nuovo: «Non trovi il politico irrilevante, questo sindaco! Visto che era stato vicegovernatore della regione Lazio!». Se è per questo, anche assessore all'Urbanistica, aggiungiamo noi. Le dichiarazioni dei lobbisti sui rapporti con Montino finirono in un fascicolo d'indagine presso la Procura di Roma, ma, anche in questo caso, non ci risulta che gli inquirenti abbiano riscontrato reati. Ben diversa la situazione dei parenti della Cirinnà: fratello e nipote, Claudio e Riccardo, sono stati condannati a febbraio a 4 anni e 8 mesi e a un anno e 4 mesi per il prestito a strozzo di denaro. Nella vicenda, collegata a un'operazione anticamorra, il fratello avrebbe prestato circa 140.000 euro con un tasso d'interesse pari o superiore al 120% annuo. Nell'inchiesta la senatrice, che ha preso pubblicamente le distanze dal fratello, non è mai stata chiamata in causa.
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