2025-10-23
Mini sconto alle banche: chiesti 10 miliardi
Antonio Patuelli (Imagoeconomica)
Il contributo per istituti di credito e assicurazioni rappresenta la maggior fonte di entrata. L’Irap aumenterà di due punti. Per spingere l’utilizzo delle riserve accantonate nel 2023, l’aliquota nel tempo salirà dal 27,5% per chi paga subito al 40%.Non è solo una bacchettata contabile come quella dell’anno scorso: stavolta le banche, loro malgrado, svolgeranno il ruolo di bancomat ufficiale dello Stato italiano. E che bancomat: per i prossimi tre anni l’esecutivo ha piazzato un conto da dieci miliardi (con uno sconticino rispetto agli 11 dell’ultima bozza), di cui 4,1 solo nel 2026. Insomma secondo le previsioni di Giancarlo Giorgetti sarà proprio il sistema creditizio a sostenere la manovra di bilancio per l’anno prossimo. Altro che extraprofitti, qui siamo alle extralacrime.Del resto, come ha ammesso lo stesso ministro «alcune misure sono state concordate con il sistema bancario, altre no». Tradotto dal politichese: alcuni provvedimenti sono arrivati con preavviso. Altri senza. L’Abi, la confindustria delle banche, ha protestato ma, secondo il costume del presidente Antonio Patuelli cercando di non alzare la voce. Dalle stanze di Via XX Settembre è uscita una manovra che assomiglia a un piano industriale con l’obiettivo di mettere le banche a contribuzione forzataNel dettaglio, il governo ha rispolverato la vecchia Irap che avendo lo scopo di finanziare la sanità è difficile da contestare: un bel +2 punti percentuali (dal 4,65% al 6,65%) che frutteranno 1,15 miliardi l’anno prossimo. E 1,3 miliardi sia nel 2027 sia nel 2028. Le assicurazioni passeranno da 5,9% a 7,9% con un gettito di 176,7 milioni solo per il 2026. Il governo ha riscaldato il piatto degli extraprofitti, già servito freddo (e pertanto poco nutriente per le casse pubbliche) nel 2023, aggiungendo un ingrediente a sorpresa: la presunzione automatica di utilizzo dei fondi accantonati dalle banche. Una raffinatezza degna di un fiscalista molto sveglio: da opzione a obbligo, senza nemmeno cambiare articolo. Lo chiamano affrancamento, ma somiglia più a un sequestro patrimoniale Nel 2025 chi vorrà liberare quei 6,2 miliardi accantonati per sottrarsi al prelievo pagherà un’aliquota immutata del 27,5%. Però attenzione: dal 2026 la tassa sale al 33%, e dal 2028 al 40%, cioè l’aliquota originaria. Resterà tale dal 2029 in poi. A quel punto, il «potreste farlo» si trasforma in «dovete farlo» perché altrimenti il salasso sarà più pesante ed è immaginabile che nessuno governo, in futuro vorrà rinunciarci.L’esecutivo si è persino premurato di precisare che l’affrancamento non obbliga alla distribuzione dei dividendi. Un gesto di grazia che lascia comunque una postilla inquietante: la tassazione delle rendite finanziarie – stimata in 1,2 miliardi – non è sicura, ma fa già bella figura tra le coperture della manovra. Una specie di «io speriamo che me la cavo» in versione fiscale. «Che vi lamentate a fare?», sembrano dire dalle parti del Tesoro. Solo Unicredit, che ha presentato i conti trimestrali ieri (in crescita per la 19 esima volta consecutiva) annuncia per fine anno un utile record di 10,5 miliardi. Dunque i soldi ci sono. «Ma il settore» avverte l’Abi «non è il corno dell’abbondanza». A parlare, con l’aria del saggio che vede la tempesta all’orizzonte, è Antonio Patuelli, che chiede «più rispetto». Vista la situazione si dovrebbe parlare di un minuto di silenzio.Dal palco del Salone del Leasing di Milano Patuelli ha ricordato che il comparto deve «operare in un clima di serenità». Il presidente dell’Abi avvisa che il comparto non «è un corno della fortuna» che distribuisce abbondanza e utili visto che oltretutto all’orizzonte c’è un calo dei margini e delle commissioni. Come emerso anche nelle ultime previsioni Abi-Cerved, c’è il ritorno della crescita dei crediti deteriorati e un aumento del Pil italiano debole dello 0,6% sia quest’anno sia il prossimo secondo quanto stima la Banca d'Italia. I dazi Usa stanno già colpendo le imprese italiane nelle esportazioni dopo la fiammata dei mesi scorsi dovuta agli acquisti per costituire le scorte, con conseguenze sulle domande di finanziamento. Nel suo videocollegamento il banchiere ravennate sottolinea che della legge di Bilancio «parlerà solo quando sarà stampata dal ramo del Parlamento che la esaminerà, cioè il Senato». Una scelta consueta per Patuelli e che si inserisce nella linea dell’Abi di questi giorni. Durante i colloqui con il governo, l’associazione ha infatti tenuto un profilo basso viste anche le polemiche politiche. Il governo, alla fine, ha scelto la via più naturale: far cassa con chi i soldi ce li ha. Non a caso la Lega chiede pure un inasprimentoL’Abi resta in silenzio, ma non per scelta politica: è il silenzio di chi sa che ogni protesta, in questa stagione, viene registrata come un segnale di colpevolezza.E così, tra tasse camuffate, affrancamenti forzati, e utili da redistribuire su invito ministeriale, le banche italiane si ritrovano trasformate (loro malgrado) nel pilastro del bilancio pubblico. Con un dubbio: la richiesta di fondi da parte del fisco potrebbe proseguire.
(Totaleu)
«Strumentalizzazione da parte dei giornali». Lo ha dichiarato l'europarlamentare del Carroccio durante un'intervista a margine della sessione plenaria al Parlamento europeo di Strasburgo.