2020-04-04
«Milioni di mascherine ferme per un timbro»
Il vicepresidente lombardo Fabrizio Sala: «Le abbiamo prodotte noi, ma serve la validazione dell'Iss».Manca sempre un timbro. Le mascherine non sono sufficienti negli ospedali, i medici e gli infermieri si infettano entrando a contatto con i contagiati perché in Italia, quel timbro, è più decisivo del padreterno. È il moloch burocratico, una schiavitù nazionale che aggrava l'epidemia. Ci sono quattro milioni di mascherine - imballate, cellophanate, inutilizzate - che aspettano il timbro. Il grido di dolore arriva dal vicepresidente della Regione Lombardia, Fabrizio Sala: «Le abbiamo prodotte noi, ma abbiamo bisogno della validazione dell'Istituto superiore della sanità per cominciare a distribuirle. Occorre il marchio e che sia validato».Davanti a una simile emergenza basterebbe che il presidente dell'Iss, Silvio Brusaferro, salisse su un mezzo di locomozione a Roma e, arrivato a Milano, si facesse portare in taxi al Pirellone per chiudere la pratica. Quattro milioni di mascherine chirurgiche non sono un dettaglio. A metà mese, dopo gli infortuni con la Protezione civile (i famigerati swiffer appesi all'orecchio del ministro contro gli Affari regionali, Francesco Boccia) la Lombardia già martoriata ne aveva ordinate in autonomia 21 milioni. I primi due stock da 1,8 milioni acquistati all'estero sono arrivati a destinazione negli ospedali e nelle case di riposo, ora è necessario sbloccare la consistente commessa approntata con la collaborazione del Politecnico di Milano. «Ci hanno dato le specifiche tecniche, l'università ha controllato i requisiti scientifici e gli imprenditori lombardi che hanno riconvertito la produzione le hanno realizzate», spiega Fabrizio Sala. «La Fippi di Rho ha pronta una mascherina con tutti i requisiti tecnico-scientifici, ne può produrre 900.000 al giorno, ce le siamo praticamente fatte da soli. Manca la validazione dell'Iss. A Roma c'è un tappo, non voglio fare polemica ma lanciare un appello: autorizzateci queste mascherine e tutto ciò che scientificamente può essere utilizzato». La Lombardia può contare su imprenditori e filiere, l'assessore al Bilancio Davide Caparini che ha allestito la centrale di costo aggiunge: «Siamo la capitale dell'aerospaziale, dell'automazione e della farmaceutica. Saremo ben in grado di realizzare mascherine efficaci. In più il Politecnico sta facendo un lavoro meraviglioso per certificare la qualità dei dispositivi di protezione individuale da produrre in Italia».Manca sempre il timbro di Roma, e nell'attesa la Lombardia deve arrangiarsi con i doppi turni per le mascherine già in adozione al personale sanitario, con tutti i rischi del caso. L'allarme del vicepresidente Sala contro la burocrazia cala come un punto esclamativo sulla protesta dei sindaci lombardi del Pd (Giuseppe Sala, Giorgio Gori ed Emilio Del Bono in testa) che giovedì avevano firmato una lettera aperta ad Attilio Fontana lamentando anche l'assenza di mascherine. Era sbagliato il destinatario. A conferma della veemente considerazione del governatore («Questa è solo una speculazione politica») oggi quegli stessi primi cittadini hanno accolto la notizia dei quattro milioni di mascherine in stand by, avvolti da un religioso e illuminante silenzio.Il rapporto fra governo e regione Lombardia ha cominciato a deteriorarsi proprio sulla gestione dei dispositivi di protezione individuale. All'inizio dell'epidemia Palazzo Chigi, nel tentativo di accentrare su di sé ogni decisione per intestarsi il successo di quella che pensava fosse una guerra-lampo, non ha delegato nulla, neppure l'acquisto delle mascherine. Anzi il premier Giuseppe Conte ha nominato un commissario straordinario per questo compito, il grand commis dalemiano Domenico Arcuri che in vita sua non aveva mai visto un'emergenza neanche al cinema. Relativamente all'affaire mascherine il suo impatto è stato negativo. Prima ha annunciato di averne acquistate 300 milioni, poi si è lasciato scappare che «la metà arriverà a emergenza finita», infine ha fatto consegnare 600.000 pezzi non a norma ai sanitari in trincea, ricevendo lo stop del presidente dell'Ordine dei medici Filippo Anelli («Non sono adatte all'uso sanitario»).Tre giorni fa Fontana e i suoi collaboratori hanno cominciato a sollecitare la famosa certificazione sui quattro milioni di mascherine made in Lombardia, aspettandosi una risposta in termini di minuti (o al massimo di ore). La dichiarazione di Arcuri è arrivata con l'energia di un fico molle. «Avrò un incontro con il presidente dell'Iss affinché possano essere allineati i tempi di reazione di tutti noi per far si che la semplificazione normativa diventi anche operativa». Neanche Ciriaco De Mita raggiungeva simili vette. Buonanotte.