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2025-01-08
Rimpatriati i tunisini degli insulti all’Italia. Però Milano resta un Far West
Ansa
Già sconfitto alle ultime elezioni regionali in Lombardia, ma ancora potenziale candidato a sindaco di Milano nel 2027, il dem Pierfrancesco Majorino sembra avere sempre un certo fiuto per le dichiarazioni pubbliche inutili. Così, mentre ieri attaccava il governo e proponeva il capoluogo lombardo amministrato da Beppe Sala «come una piattaforma di lavoro comune» e «laboratorio» sulla sicurezza, è emerso che soltanto il 4 gennaio scorso due marocchini sono stati arrestati per aver commesso alcune rapine in meno di mezz’ora nei dintorni della stazione Centrale. Un record, di cui Majorino evidentemente non si è neppure reso conto dal momento che secondo il consigliere regionale del Pd «la sicurezza dovrebbe essere molto di più un tema in grado di unire» che non dividere. Chissà cosa pensano delle dichiarazioni di Majorino i due immigrati, di 22 e 26 anni, che sabato, in solo mezz’ora di tempo, tra le 7.45 e le 8.15, hanno commesso quattro rapine minacciando turisti e milanesi con un taglierino e derubandoli di smartphone, denaro e effetti personali. I carabinieri del Nucleo Radiomobile li hanno individuati nelle vie limitrofe alla stazione. Uno è stato fermato in via Settembrini. Addosso aveva un taglierino e una banconota da 50 corone norvegesi presa ad una vittima. In via Vitruvio hanno trovato l’altro che ha cercato di scappare, ma è stato raggiunto e fermato. Durante la fuga, ha provato a nascondere sotto un’auto il suo giubbino, dove sono stati trovati tre smartphone e 600 euro in contanti. La refurtiva recuperata è stata restituita, mentre i due arrestati sono stati portati a San Vittore.
Caso vuole che proprio ieri due tunisini - che durante l’ultimo dell’anno si trovavano sulla statua di Vittorio Emanuele e si erano filmati mentre insultavano il nostro Paese- siano stati rimpatriati. Si tratti di due giovani nati nel 2001 e 2002, che erano entrati dalla frontiera di Lampedusa nel 2023 e 2024. Vantavano già precedenti penali per i reati di ricettazione, porto abusivo di oggetti atti ad offendere e tentato furto. Uno dei due nel 2024 aveva formalizzato richiesta di protezione internazionale ritenuta manifestamente infondata dalla competente commissione territoriale. I due tunisini tornati nel loro Paese, a quanto pare, non hanno nulla che vedere con quelli che avrebbero invece molestato una ragazza belga, Laura Barbier, che nei giorni scorsi ha raccontato il suo Capodanno da incubo in piazza del Duomo. Ieri alla trasmissione 4 di sera è andata in onda un’anticipazione dell’intervista che Laura Barbier ha rilasciato al programma Dritto e Rovescio che si potrà vedere domani in prima serata su Retequattro. La ragazza ha ripetuto ancora una volta la sua serata da incubo: «Entrando nella Galleria siamo stati accerchiati da una quarantina di uomini che avevano dai 20 ai 40 anni che ci hanno bloccato la strada e che non ci lasciavano passare. Ed è lì che sono iniziati i palpeggiamenti, sia al di fuori che dentro i nostri vestiti. Ho provato a reagire, ho tirato calci, ho urlato, ho insultato, anche con le mani ho provato a difendermi». Poi ha aggiunto: «All’uscita della Galleria abbiamo trovato la polizia, un uomo e una donna. Ho raccontato alla poliziotta cosa ci era successo - in inglese come ho potuto, perché non parlo italiano - e lei, con le lacrime agli occhi, ci ha detto “non posso fare nulla, mi dispiace”».
La Procura di Milano, guidata da Marcello Viola, ha aperto un fascicolo per violenza sessuale di gruppo, al momento a carico di ignoti, sulle presunte aggressioni e molestie sessuali che la studentessa di Liegi avrebbe subito con cinque suoi amici la notte di Capodanno. Di denunce formali non ne sono state ancora presentate. Ma la Procura sta cercando l’uomo italiano che avrebbe aiutato i ragazzi, anche perché la sua stessa moglie sarebbe stata molestata la stessa sera. Nell’inchiesta, coordinata dall’aggiunta Letizia Mannella e dalla pm Alessia Menegazzo, gli stessi magistrati che si sono occupati degli abusi sessuali in serie in piazza Duomo durante i festeggiamenti del Capodanno 2023, è stata depositata una prima informativa della Squadra mobile. Oltre alle analisi in corso delle telecamere della zona, gli investigatori dovranno individuare e sentire alcuni testimoni e raccogliere, attraverso i canali internazionali, l’eventuale denuncia della ragazza e i racconti degli amici. La violenza sessuale di gruppo è un reato per cui si può procedere d’ufficio. Quindi la Procura ha deciso di muoversi in autonomia. «Non sta a me fare valutazioni di questo tipo. Mi limito a osservare che avevamo un grosso dispositivo di sicurezza con oltre 800 persone e che in piazza abbiamo gestito circa 25.000 persone, di cui molti stranieri», spiegava ieri il questore di Milano, Bruno Megale, rispondendo alle domande dei cronisti sulla possibilità che un concerto o un evento di Capodanno avrebbe potuto garantire maggiore sicurezza in piazza Duomo. Come noto, infatti, il sindaco Beppe Sala ha deciso di risparmiare sui costi, evitando di organizzare un evento che forse sarebbe servito a non lasciare la piazza solo nelle mani di gang di immigrati.
Intanto, ieri sera al Tg de La7 sono state diffuse le immagini, presenti nel fascicolo dell’inchiesta della Procura, sull’inseguimento che il 24 novembre portò alla morte di Ramy El Gaml. Dal video, sembrerebbe che lo scooter T Max con sopra i due nordafricani finisca contro il semaforo perché toccato dall’auto dei carabinieri che cerca di bloccare il motorino. Ma l’entità del contatto non è chiara (né, del resto, si capisce come gli agenti avrebbero potuto fermare i due malviventi che fuggivano a tutta velocità per le vie del centro). Di sicuro farà discutere.
Gualtieri boicotta le zone rosse. E il prefetto si accoda.
Al sindaco di Roma Roberto Gualtieri non piacciono le zone rosse. Lui per la capitale preferisce le zone a vigilanza rafforzata, ovvero luoghi temporaneamente sorvegliati speciali dai quali sarà possibile allontanare pregiudicati o persone considerate pericolose o moleste. Un modo per non applicare in toto la direttiva del Viminale. Le prime tre macro aree verranno definite nel giro di qualche giorno e saranno a ridosso dello scalo ferroviario di Termini, nel quartiere Esquilino e poi in strade limitrofe alla stazione Tuscolana. «Qui non si tratta di fare interventi spot o zone rosse che poi vanno e vengono e che rischiano di spostare le attività illegali da una parte all’altra. Si tratta invece di mettere in campo tasselli per alzare a livello strutturale la sicurezza in città», ha detto Gualtieri replicando con uno slogan da propaganda elettorale: «Roma per noi deve essere tutta una grande zona bianca dove tutti possono circolare in sicurezza». L’importante, insomma, è non chiamarla zona rossa. E questo nonostante altre città guidate dal centrosinistra dopo Milano abbiano già avviato l’iter indicato dal Viminale. Città come Bologna, Napoli e Firenze. La decisione è stata presa ieri mattina durante una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal prefetto Lamberto Giannini, che si è accodato a Gualtieri. Il tutto dopo l’intervista rilasciata dall’ex capo della polizia Franco Gabrielli che, a sua volta, bocciava le zone rosse. Giannini, che è tra i nomi indicati in questi giorni nel «toto Dis», il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza lasciato da Elisabetta Belloni, proprio sulla sicurezza preferisce la linea dem. Che non è condivisa neppure dai pentastellati: «Da sempre noi del Movimento 5 stelle ci siamo battuti per la sicurezza dell’area di Termini e dell’Esquilino. È un passo avanti, quindi, che siano state create le zone di vigilanza rafforzata, a partire proprio dal quadrante da noi indicato. Tuttavia riteniamo che non sia sufficiente. Davanti alle sfide del degrado e della criminalità, che rischiano di accentuarsi con l’anno giubilare, Roma non può permettersi di sperimentare soluzioni poco efficaci. Chiediamo al sindaco e al prefetto di istituire delle vere e proprie zone rosse, sul modello di altre grandi città come Milano». Gualtieri insomma con una sola mossa è riuscito a spaccare anche il campo largo. Dal centrodestra non l’hanno presa bene.Per la deputata della Lega ed ex magistrato Simonetta Matone il sindaco Gualtieri «non sa dove si trova ma lo sanno bene i romani che vogliono più sicurezza e un po’ meno Disneyland». «Il sindaco non faccia l’armocromista pensando ai colori delle zone da presidiare e si concentri sulla buona riuscita dei provvedimenti del Viminale», ha affermato il deputato leghista Nicola Ottaviani. Mentre i consiglieri comunali di Forza Italia Rachele Mussolini, Francesco Carpano e Francesco Bucci attaccano: il sindaco è «l’unica nota stonata della giornata» perché «continua a minimizzare sul tema della sicurezza». È stato il prefetto Giannini a illustrare le misure che verranno messe in campo. «Ritengo che la stazione Termini sia uno dei posti più sicuri della città», ha sottolineato il prefetto, spiegando che «sui luoghi del Giubileo abbiamo rafforzato tutti i presidi». Quindi verranno individuati alcuni luoghi dove si rafforzeranno ulteriormente i controlli. In ogni caso si tratterebbe di provvedimenti «limitati nel tempo e riguarderanno un numero ristretto di aree». Quanto ai Daspo urbani, è stato spiegato, «verranno effettuati controlli ripetuti. Se ci sono soggetti che commettono reati o creano problemi di ordine pubblico verranno allontanati. Reiterando con questi comportamenti si valuteranno provvedimenti».
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In mezz’ora quattro rapine in Centrale. Majorino lunare: «La città sarà un laboratorio». Nuovo video sulla morte di Ramy. Per Roma previste diverse aree «a vigilanza rafforzata». D’accordo Giannini, più in linea con l’ex autorità Franco Gabrielli.Lo speciale contiene due articoli.Già sconfitto alle ultime elezioni regionali in Lombardia, ma ancora potenziale candidato a sindaco di Milano nel 2027, il dem Pierfrancesco Majorino sembra avere sempre un certo fiuto per le dichiarazioni pubbliche inutili. Così, mentre ieri attaccava il governo e proponeva il capoluogo lombardo amministrato da Beppe Sala «come una piattaforma di lavoro comune» e «laboratorio» sulla sicurezza, è emerso che soltanto il 4 gennaio scorso due marocchini sono stati arrestati per aver commesso alcune rapine in meno di mezz’ora nei dintorni della stazione Centrale. Un record, di cui Majorino evidentemente non si è neppure reso conto dal momento che secondo il consigliere regionale del Pd «la sicurezza dovrebbe essere molto di più un tema in grado di unire» che non dividere. Chissà cosa pensano delle dichiarazioni di Majorino i due immigrati, di 22 e 26 anni, che sabato, in solo mezz’ora di tempo, tra le 7.45 e le 8.15, hanno commesso quattro rapine minacciando turisti e milanesi con un taglierino e derubandoli di smartphone, denaro e effetti personali. I carabinieri del Nucleo Radiomobile li hanno individuati nelle vie limitrofe alla stazione. Uno è stato fermato in via Settembrini. Addosso aveva un taglierino e una banconota da 50 corone norvegesi presa ad una vittima. In via Vitruvio hanno trovato l’altro che ha cercato di scappare, ma è stato raggiunto e fermato. Durante la fuga, ha provato a nascondere sotto un’auto il suo giubbino, dove sono stati trovati tre smartphone e 600 euro in contanti. La refurtiva recuperata è stata restituita, mentre i due arrestati sono stati portati a San Vittore. Caso vuole che proprio ieri due tunisini - che durante l’ultimo dell’anno si trovavano sulla statua di Vittorio Emanuele e si erano filmati mentre insultavano il nostro Paese- siano stati rimpatriati. Si tratti di due giovani nati nel 2001 e 2002, che erano entrati dalla frontiera di Lampedusa nel 2023 e 2024. Vantavano già precedenti penali per i reati di ricettazione, porto abusivo di oggetti atti ad offendere e tentato furto. Uno dei due nel 2024 aveva formalizzato richiesta di protezione internazionale ritenuta manifestamente infondata dalla competente commissione territoriale. I due tunisini tornati nel loro Paese, a quanto pare, non hanno nulla che vedere con quelli che avrebbero invece molestato una ragazza belga, Laura Barbier, che nei giorni scorsi ha raccontato il suo Capodanno da incubo in piazza del Duomo. Ieri alla trasmissione 4 di sera è andata in onda un’anticipazione dell’intervista che Laura Barbier ha rilasciato al programma Dritto e Rovescio che si potrà vedere domani in prima serata su Retequattro. La ragazza ha ripetuto ancora una volta la sua serata da incubo: «Entrando nella Galleria siamo stati accerchiati da una quarantina di uomini che avevano dai 20 ai 40 anni che ci hanno bloccato la strada e che non ci lasciavano passare. Ed è lì che sono iniziati i palpeggiamenti, sia al di fuori che dentro i nostri vestiti. Ho provato a reagire, ho tirato calci, ho urlato, ho insultato, anche con le mani ho provato a difendermi». Poi ha aggiunto: «All’uscita della Galleria abbiamo trovato la polizia, un uomo e una donna. Ho raccontato alla poliziotta cosa ci era successo - in inglese come ho potuto, perché non parlo italiano - e lei, con le lacrime agli occhi, ci ha detto “non posso fare nulla, mi dispiace”».La Procura di Milano, guidata da Marcello Viola, ha aperto un fascicolo per violenza sessuale di gruppo, al momento a carico di ignoti, sulle presunte aggressioni e molestie sessuali che la studentessa di Liegi avrebbe subito con cinque suoi amici la notte di Capodanno. Di denunce formali non ne sono state ancora presentate. Ma la Procura sta cercando l’uomo italiano che avrebbe aiutato i ragazzi, anche perché la sua stessa moglie sarebbe stata molestata la stessa sera. Nell’inchiesta, coordinata dall’aggiunta Letizia Mannella e dalla pm Alessia Menegazzo, gli stessi magistrati che si sono occupati degli abusi sessuali in serie in piazza Duomo durante i festeggiamenti del Capodanno 2023, è stata depositata una prima informativa della Squadra mobile. Oltre alle analisi in corso delle telecamere della zona, gli investigatori dovranno individuare e sentire alcuni testimoni e raccogliere, attraverso i canali internazionali, l’eventuale denuncia della ragazza e i racconti degli amici. La violenza sessuale di gruppo è un reato per cui si può procedere d’ufficio. Quindi la Procura ha deciso di muoversi in autonomia. «Non sta a me fare valutazioni di questo tipo. Mi limito a osservare che avevamo un grosso dispositivo di sicurezza con oltre 800 persone e che in piazza abbiamo gestito circa 25.000 persone, di cui molti stranieri», spiegava ieri il questore di Milano, Bruno Megale, rispondendo alle domande dei cronisti sulla possibilità che un concerto o un evento di Capodanno avrebbe potuto garantire maggiore sicurezza in piazza Duomo. Come noto, infatti, il sindaco Beppe Sala ha deciso di risparmiare sui costi, evitando di organizzare un evento che forse sarebbe servito a non lasciare la piazza solo nelle mani di gang di immigrati. Intanto, ieri sera al Tg de La7 sono state diffuse le immagini, presenti nel fascicolo dell’inchiesta della Procura, sull’inseguimento che il 24 novembre portò alla morte di Ramy El Gaml. Dal video, sembrerebbe che lo scooter T Max con sopra i due nordafricani finisca contro il semaforo perché toccato dall’auto dei carabinieri che cerca di bloccare il motorino. Ma l’entità del contatto non è chiara (né, del resto, si capisce come gli agenti avrebbero potuto fermare i due malviventi che fuggivano a tutta velocità per le vie del centro). Di sicuro farà discutere.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/milano-resta-un-far-west-2670769093.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="gualtieri-boicotta-le-zone-rosse-e-il-prefetto-si-accoda" data-post-id="2670769093" data-published-at="1736331232" data-use-pagination="False"> Gualtieri boicotta le zone rosse. E il prefetto si accoda. Al sindaco di Roma Roberto Gualtieri non piacciono le zone rosse. Lui per la capitale preferisce le zone a vigilanza rafforzata, ovvero luoghi temporaneamente sorvegliati speciali dai quali sarà possibile allontanare pregiudicati o persone considerate pericolose o moleste. Un modo per non applicare in toto la direttiva del Viminale. Le prime tre macro aree verranno definite nel giro di qualche giorno e saranno a ridosso dello scalo ferroviario di Termini, nel quartiere Esquilino e poi in strade limitrofe alla stazione Tuscolana. «Qui non si tratta di fare interventi spot o zone rosse che poi vanno e vengono e che rischiano di spostare le attività illegali da una parte all’altra. Si tratta invece di mettere in campo tasselli per alzare a livello strutturale la sicurezza in città», ha detto Gualtieri replicando con uno slogan da propaganda elettorale: «Roma per noi deve essere tutta una grande zona bianca dove tutti possono circolare in sicurezza». L’importante, insomma, è non chiamarla zona rossa. E questo nonostante altre città guidate dal centrosinistra dopo Milano abbiano già avviato l’iter indicato dal Viminale. Città come Bologna, Napoli e Firenze. La decisione è stata presa ieri mattina durante una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal prefetto Lamberto Giannini, che si è accodato a Gualtieri. Il tutto dopo l’intervista rilasciata dall’ex capo della polizia Franco Gabrielli che, a sua volta, bocciava le zone rosse. Giannini, che è tra i nomi indicati in questi giorni nel «toto Dis», il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza lasciato da Elisabetta Belloni, proprio sulla sicurezza preferisce la linea dem. Che non è condivisa neppure dai pentastellati: «Da sempre noi del Movimento 5 stelle ci siamo battuti per la sicurezza dell’area di Termini e dell’Esquilino. È un passo avanti, quindi, che siano state create le zone di vigilanza rafforzata, a partire proprio dal quadrante da noi indicato. Tuttavia riteniamo che non sia sufficiente. Davanti alle sfide del degrado e della criminalità, che rischiano di accentuarsi con l’anno giubilare, Roma non può permettersi di sperimentare soluzioni poco efficaci. Chiediamo al sindaco e al prefetto di istituire delle vere e proprie zone rosse, sul modello di altre grandi città come Milano». Gualtieri insomma con una sola mossa è riuscito a spaccare anche il campo largo. Dal centrodestra non l’hanno presa bene.Per la deputata della Lega ed ex magistrato Simonetta Matone il sindaco Gualtieri «non sa dove si trova ma lo sanno bene i romani che vogliono più sicurezza e un po’ meno Disneyland». «Il sindaco non faccia l’armocromista pensando ai colori delle zone da presidiare e si concentri sulla buona riuscita dei provvedimenti del Viminale», ha affermato il deputato leghista Nicola Ottaviani. Mentre i consiglieri comunali di Forza Italia Rachele Mussolini, Francesco Carpano e Francesco Bucci attaccano: il sindaco è «l’unica nota stonata della giornata» perché «continua a minimizzare sul tema della sicurezza». È stato il prefetto Giannini a illustrare le misure che verranno messe in campo. «Ritengo che la stazione Termini sia uno dei posti più sicuri della città», ha sottolineato il prefetto, spiegando che «sui luoghi del Giubileo abbiamo rafforzato tutti i presidi». Quindi verranno individuati alcuni luoghi dove si rafforzeranno ulteriormente i controlli. In ogni caso si tratterebbe di provvedimenti «limitati nel tempo e riguarderanno un numero ristretto di aree». Quanto ai Daspo urbani, è stato spiegato, «verranno effettuati controlli ripetuti. Se ci sono soggetti che commettono reati o creano problemi di ordine pubblico verranno allontanati. Reiterando con questi comportamenti si valuteranno provvedimenti».
Monterosa ski
Dopo un’estate da record, con presenze in crescita del 2% e incassi saliti del 3%, il sipario si alza ora su Monterosa Ski. In scena uno dei comprensori più autentici dell’arco alpino, da vivere fino al 19 aprile (neve permettendo) con e senza gli sci ai piedi, tra discese impeccabili, panorami che tolgono il fiato e quella calda accoglienza che da sempre distingue questo spicchio di territorio che si muove tra Valle d’Aosta e Piemonte, abbracciando le valli di Ayas e Gressoney e la Valsesia.
Protagoniste assolute dell’inverno al via, le novità.
A Gressoney-Saint-Jean il baby snow park Sonne è fresco di rinnovo e pronto ad accogliere i piccoli sciatori con aree gioco più ampie, un nuovo tapis roulant per prolungare il divertimento delle discese su sci, slittini e gommoni, e una serie di percorsi con gonfiabili a tema Walser per celebrare le tradizioni della valle. Poco più in alto, a Gressoney-La-Trinité, vede la luce la nuova pista di slittino Murmeltier, progetto ambizioso che ruota attorno a 550 metri di discesa serviti dalla seggiovia Moos, illuminazione notturna, innevamento garantito e la possibilità di scivolare anche sotto le stelle, ogni mercoledì e sabato sera.
Da questa stagione, poi, entra pienamente in funzione la tecnologia bluetooth low energy, che consente di usare lo skipass digitale dallo smartphone, senza passare dalla biglietteria. Basta tenerlo in tasca per accedere agli impianti, riducendo così plastica e attese e promuovendo una montagna più smart e sostenibile, dove la tecnologia è al servizio dell’esperienza.
Sul fronte di costi e promozioni, fioccano agevolazioni e formule pensate per andare incontro a tutte le tasche e per far fronte alle imprevedibili condizioni meteorologiche. A partire da sci gratuito per bambini sotto gli otto anni, a sconti del 30 e del 20 per cento rispettivamente per i ragazzi tra gli 8 e i 16 anni e i giovani tra i 16 e i 24 anni , per arrivare a voucher multiuso per i rimborsi skipass in caso di chiusura degli impianti . «Siamo più che soddisfatti di poter ribadire la solidità di una destinazione che sta affrontando le sfide di questi anni con lungimiranza. Su tutte, l’imprevedibilità delle condizioni meteo che ci condiziona in modo determinante e ci spinge a migliorare le performance delle infrastrutture e delle modalità di rimborso, come nel caso dei voucher», dice Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa Spa.
Introdotti con successo l’inverno scorso, i voucher permettono ai titolari di skipass giornalieri o plurigiornalieri, in caso di chiusure parziali o totali del comprensorio, di avere crediti spendibili in acquisti non solo di nuovi skipass e biglietti per impianti, ma anche in attività e shopping presso partner d’eccellenza, che vanno dal Forte di Bard alle Terme di Champoluc, fino all’avveniristica Skyway Monte Bianco, passando per ristoranti di charme e botteghe artigiane.
Altra grande novità della stagione, questa volta dal respiro internazionale, l’ingresso di Monterosa Ski nel circuito Ikon pass, piattaforma americana che raccoglie oltre 60 destinazioni sciistiche nel mondo.
«Non si tratta solo di un’inclusione simbolica», commenta Munari, «ma di entrare concretamente nei radar di sciatori di Stati Uniti, Canada, Giappone o Australia che, già abituati a muoversi tra mete sciistiche di fama mondiale, avranno ora la possibilità di scoprire anche il nostro comprensorio». Comprensorio che ha tanto da offrire.
Sotto lo sguardo dei maestosi 4.000 del Rosa, sfilano discese sfidanti anche per i più esperti sul carosello principale Monterosa Ski 3 Valli - 29 impianti per 52 piste fino a 2.971 metri di quota - e percorsi più soft, adatti a principianti e bambini, nella ski area satellite di Antagnod, Brusson, Gressoney-Saint-Jean, Champorcher e Alpe di Mera; fuoripista da urlo nel regno imbiancato di Monterosa freeride paradise e tracciati di sci alpinismo d’eccezione - Monterosa Ski è il primo comprensorio di sci alpinismo in Italia. Il tutto accompagnato da panorami e paesaggi strepitosi e da un’accoglienza made in Italy che conquista a colpi di stile e atmosfere genuine. Info: www.monterosaski.eu.
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Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
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Guido Guidesi (Imagoeconomica)
Le Zis si propongono come aree geografiche o distretti tematici in cui imprese, startup e centri di ricerca possano operare in sinergia per stimolare l’innovazione, generare nuova occupazione qualificata, attrarre capitali, formare competenze avanzate e trattenere talenti. Nelle intenzioni della Regione, le nuove zone dovranno funzionare come poli stabili, riconosciuti e specializzati, ciascuno legato alle vocazioni produttive del proprio territorio. I progetti potranno riguardare settori differenti: manifattura avanzata, digitalizzazione, life science, agritech, energia, materiali innovativi, cultura tecnologica e altre filiere considerate strategiche.
La procedura di attivazione delle Zis è così articolata. La Fase 1, tramite manifestazione di interesse, permette ai soggetti coinvolti di presentare un Masterplan, documento preliminare in cui vengono indicati settore di specializzazione, composizione del partenariato, governance, spazi disponibili o da realizzare, laboratori, servizi tecnologici e prospetto di sostenibilità. La proposta dovrà inoltre includere la lettera di endorsement della Provincia competente. Ogni Provincia potrà ospitare fino a due Zis, senza limiti invece per le candidature interprovinciali. La dotazione economica disponibile per questa fase è pari a 1 milione di euro: il contributo regionale finanzia fino al 50% delle spese di consulenza per la stesura dei documenti necessari alla Fase 2, fino a un massimo di 100.000 euro per progetto.
La Fase 2 è riservata ai progetti ammessi dopo la valutazione iniziale. Con l’accompagnamento della Regione, i proponenti elaboreranno il Piano strategico definitivo, che dovrà disegnare una visione a lungo termine con orizzonte al 2050. Il programma di sviluppo indicherà le azioni operative: attrazione di nuove imprese e startup innovative, apertura o potenziamento di laboratori, creazione di infrastrutture digitali, percorsi formativi ad alta specializzazione, incubatori e servizi condivisi. Sarà inoltre definito un modello economico sostenibile e un sistema di monitoraggio basato su indicatori misurabili per valutare impatti occupazionali, tecnologici e competitivi.
I soggetti autorizzati alla presentazione delle candidature sono raggruppamenti pubblico-privati con imprese o startup come capofila. Possono partecipare enti pubblici, Comuni, Province, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti formativi, fondazioni, associazioni e organizzazioni del terzo settore. Regione Lombardia avrà il ruolo di coordinatore e facilitatore. All’interno della direzione generale sviluppo economico sarà istituita una struttura dedicata al supporto dei territori: un presidio tecnico incaricato di orientare, assistere e valorizzare le progettualità, monitorando l’attuazione e la coerenza con gli obiettivi strategici.
Nel corso della presentazione istituzionale, l’assessore allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha dichiarato: «Cambiamo per innovare. Le Zis saranno il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo e che metteremo a sistema, ecosistemi settoriali che innovano in squadra tra aziende, ricerca, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo con l’obiettivo di consegnare opportunità ai giovani». Da Confindustria Lombardia è arrivata una valutazione positiva. Il presidente Giuseppe Pasini ha affermato: «Attraverso le Zis si intensifica il lavoro a favore delle imprese e dei territori. Apprezziamo la capacità di visione e la volontà di puntare sui giovani».
Ogni territorio svilupperà la propria specializzazione, puntando su filiere già forti o sulla creazione di nuovi segmenti tecnologici. Il percorso non prevede limiti settoriali ma richiede sostenibilità economica e capacità di generare ricadute occupazionali misurabili.
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