
L’artista: «Scrivo dichiarazioni d’amore, ma poi le tengo per me. Il successo è stato uno tsunami, ero una ragazzina. Iniziai perché un manager mi sentì canticchiare».A 19 anni, Daniela Miglietta si è trovata ad affrontare l’emozione legata a una popolarità improvvisa e travolgente. Essendo eclettica, nel suo percorso artistico si è confrontata anche con generi diversi dalla canzone, come cinema, fiction tv, doppiaggio. Tuttavia, accanto alla sua personalità pubblica, Mietta elabora costantemente il rapporto con sé stessa e gli altri anche scrivendo. La scrittura rappresenta, per lei, la possibilità di trovare una sintesi interiore tra l’aspetto pubblico e quello privato, così densi di stimoli, per specchiare la sua anima. Nella canzone, oltre ai lavori da solista, ha duettato con Amedeo Minghi, Francesco Nuti, Riccardo Cocciante, Mango, Biagio Antonacci, Simone Cristicchi, solo per citarne alcuni. Ha un figlio e vive a Milano. «Lacrime sul parquet, non so fingere / Le mie cellule compromesse […] / Ti servirà un giubbotto antiproiettile / Perché stanotte scoprirai / Che il mio cuore fa bang su di te…». Versi che canta del brano Bang, del 2024, scritto dai Serpenti. «Sicuramente i testi delle canzoni possono raccontare episodi di vita personale, ma anche vissuti dagli altri. Non sempre ciò che canto rappresenta totalmente la mia esistenza o quello che sto vivendo. È bella l’idea che qualcuno possa raccontare qualcosa attraverso le parole e qualcun altro ci si possa immedesimare. L’amore di cui parla questa canzone è travolgente». In una maniera o nell’altra l’amore romantico ci spinge a una costante ridefinizione di noi stessi. «Mi definisco una romantica visionaria. Per me l’amore è il fondamento di ogni mio stato d’animo e movimento, lavorativo e spirituale. L’amore è un motore di ricerca - (sorride, ndr) prendendo spunto dall’informatica - emozionale. Molte cose che ho scritto si trovano soprattutto nelle lettere. Io scrivo lettere, mai spedite, ad esempio al nonno, perché l’amore non è solo tra un uomo e una donna, ma tra amici e amiche. Non le ho ancora pubblicate e vorrei s’intitolassero proprio Lettere d’amore mai spedite. Sono dichiarazioni importanti del mio pensiero su queste persone, cui le dedico». Non c’è mai un periodo della sua vita in cui non si sia dedicata alla scrittura?«Mai. Io scrivo sempre. Non diari. Lettere. E, in alcuni casi, queste lettere possono diventare canzoni». Tra gli autori dei brani che ha interpretato, c’è Vincenzo Miglietta, suo padre… «Mio padre aveva scritto due testi bellissimi, Come goccia e Raptus. Lui con il mondo della canzone non c’entra, ma è sempre stato un grande appassionato di musica. Ha studiato tutt’altro, però avrebbe voluto fare il cantante lirico e, tantissimi anni fa, quando la Corrida era ancora alla radio, fece un provino. È un baritono. Per primo mi ha coinvolto nella musica. Il grande amore per la scrittura me l’ha trasmesso lui. In quel momento stavo facendo l’album e lessi suoi testi, tra cui Come goccia, trovandola molto bella, un brano importante, proprio perché l’ha scritto lui». Canzoni: «Io non so dire se qui sto per piangere o per ridere / o per farmi una foto per poi dire di me…». L’amore non dovrebbe mai appiattirsi, vero? «L’amore, di qualsiasi forma sia, non è mai scontato, ha un’energia talmente forte che… Bisogna rischiare, avere il coraggio di perdere la testa, a qualsiasi età. È la cosa più a dismisura che esista. Mi piace vedere persone anche molto grandi di età, anche ottantenni, che si amano, nonostante si siano massacrati, traditi, non m’interessa, però sono rimasti insieme… Non bisogna raccontarsi favole. Ci sono coppie rimaste fedeli per tutta la vita, ma la vedo difficile. Non indago se c’è stato un tradimento o una separazione per un periodo, ma sul fatto che esista un grande amore che li ha tenuti uniti nella vita, forse perché hanno condiviso cose belle, confidenze e rinunce. Ecco, questo mi affascina dell’amore».Il brano Piccolissimi segreti, racconta, con delicatezza, il possibile inizio di un amore tra due ragazze, un tema poco convenzionale.«Non l’avevo scritta io, ma ho trovato interessante esprimere, attraverso la mia voce, questa forma d’amore tra due donne, ci mancherebbe». Vittoria a Sanremo, nel 1989, con Canzoni. Terzo posto, nel 1990, in coppia con Minghi, con Vattene amore, un evergreen. Come cambiò la sua vita quotidiana con l’improvvisa notorietà? «All’inizio grande difficoltà, perché non ero abituata a tutto questo. Ero giovane. Avevo paura del successo. Appena uscita dalla scuola mi sono ritrovata con gente intorno, sotto casa, lettere… Non è come adesso, che passa tutto attraverso i social. Il mio successo fu grandioso, quindi difficile da gestire per una ragazzina. È stato uno tsunami. Mi sono ritrovata a essere la donna più cercata d’Italia. All’epoca vivevo con il mio fidanzato a Livorno, accanto a un mercato e, dopo aver vinto Sanremo, dovetti cambiar casa, c’era sempre pieno di ragazzini sotto».Riceveva anche lettere d’amore?«Sììì, tante. Mi volevano sposare, si volevano fidanzare. Mia madre ha la casa a Taranto e in cantina ho tantissime lettere conservate in un baule. Qualche volta mi è capitato di andare a rileggerle, una tenerezza, molte sono bellissime».Le è accaduto di rispondere a qualcuna di esse? «Sì, io tendo a rispondere, a volte, se non diventano eccessivamente invadenti. Alla base di ogni cosa dev’esserci il rispetto». Mietta, com’era da bambina? «Ero una bambina molto vivace, mi chiamavano “la zingara”, andavo scalza per le strade di Taranto, perché vivevo in una casa accanto al mare. Ho avuto un’infanzia tutto sommato molto divertente, ma anche non allietata per i miei attacchi di panico, per le mie insicurezze, paure. Ho vissuto molto della mia infanzia con questo fardello addosso, che mi ha sempre accompagnato, ciclicamente. Non erano attacchi d’ansia, ma di panico. Ero una ragazzina solare e simpatica, mai depressa, ma questo non mi aiutava». Come si accorse di avere questa voce di alta qualità?«Ho cominciato forse per emulazione di mio padre, appassionato di lirica. A 9-10 anni imitavo le cantanti liriche. Poi, intorno ai 13, mi piaceva anche ballare e recitare, una grande voglia di esprimermi nell’arte in genere. Intorno ai 15, andando a trovare un gruppo di amiche più grandi di me - si chiamavano “Le Ciak” - che stavano facendo le prove, per serate all’aperto, il loro manager mi vide mentre canticchiavo e mi chiese se volessi fare qualcosa per loro. Dissi di sì, per guadagnare qualche soldino e non dar fastidio ai miei. Era estate, facemmo serate in varie regioni del sud Italia. Poi mio zio Luigi, una persona che per qualche anno è stato il mio manager, mi fece conoscere Claudio Mattone. Mi suggerirono di inviare un tagliando per fare un provino per il Radiocorriere Tv. Vinsi, tra moltissime aspiranti, e andai a Milano per fare lo sceneggiato radiofonico Nasce una stella. Lì ho imparato fonetica, dizione… Un’esperienza molto bella e forte. Lì ho imparato a cantare e recitare». Il brano Lasciamoci respirare, di Biagio Antonacci, l’ha cantato con Francesco Nuti. Come ricorda il regista e attore? «Persona stupenda, uomo affascinante. L’ho conosciuto in alcune serate romane. Aveva una grande passione per la musica. Mi fu proposto di fare il brano con lui. Quando gli telefonai per proporglielo, non la volle neanche ascoltare. Mi disse subito di sì perché gli piaceva la mia voce e quindi fui entusiasta di questo».Fu romantico?«Siamo stati due persone che avevano piacere di fare questa cosa insieme. Non posso nascondere che in quel periodo qualche filarino l’ho avuto, perché ero ben vista come bella ragazza, dunque ci mancherebbe che qualcuno non mi abbia fatto la corte. Ma, nello specifico, con Francesco, semplicemente qualche bel complimento, tutto qui». Mietta è anche attrice. Ricordiamo La piovra, Donne di mafia, L’ispettore Giusti. «Sì, ora ho fatto una piccola parte in N.e.e.t., di Andrea Milione. Mi sento attrice e cantante, sono due cose che non riesco a disgiungere. Le amo entrambe. Mi piacciono tanto anche i musical, ma solo vederli, perché non è facile fare gli artisti dei musical». Ha doppiato Esmeralda nel film di animazione di Walt Disney Il gobbo di Notre-Dame. «Michele Centonze, che mi stava producendo Daniela è felice, lavorava con la Buena Vista, quindi Disney. Cercavano la cantante e attrice per Esmeralda. Feci il provino e mi presero. Vinsi anche il premio come miglior doppiatrice».Prima di Demi Moore…«Le sembrerà strano, ma mi proposero anche di doppiare Demi Moore in un film nella versione italiana. In quel periodo però, stavo per fare Sanremo. Purtroppo ho dovuto rinunciare…».Secondo lei l’amore dovrebbe nascere con la prospettiva del «per sempre»? «Io parto dal presupposto che, quando si sta insieme, ci sia la predisposizione al “per sempre”. Però la vita è fatta di buche, salti, ritirate… Io, quando non amo più, lascio di colpo. Ho letto una cosa di Umberto Galimberti che mi è piaciuta: “Socrate ci segnala che, se tu vuoi entrare nelle cose dell’amore, ti devi dislocare dalla ragione. Altrimenti non sei in grado di amare. La dimensione razionale dev’essere disabilitata”». E il suo rapporto con Taranto, com’è?«Taranto è la mia città, il mio mondo, la mia cultura. È una città piena di profumi, odori… Ma anche di drammi, perché l’Ilva è un ricatto continuo e non dico altro. Pochi giorni fa sono stata lì, dai miei. Lì c’è il mare, la mia infanzia. Non posso fare a meno della mia terra».
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Dimmi La Verità | Alessandro Rico: «Le reazioni della sinistra all'omicidio di Charlie Kirk»
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