2022-04-22
Michel, l’euro Signor Nessuno c’impone la lista della spesa di Kiev
In patria s’è distinto per le critiche a Joseph Ratzinger e l’austerità, in Europa per le cadute di stile con Ursula von der Leyen. Ora il presidente dell’Ue fa il ganassa. E promette all’Ucraina nostre armi, nostri soldi e l’entrata nell’Unione.Ci raccontano da sempre che l’Unione europea conta quanto il due di briscola. Tanto a decidere, chiariscono i malevoli, è la Germania. Bruxelles e Strasburgo restano solo il refugium peccatorum di cariatidi, trombati e scartine. Ebbene, d’un tratto, questa narrazione viene capovolta dall’implacabile incedere di un uomo le cui gesta riecheggiano nel mondo: Charles Michel. Fino a ieri colpevolmente ignorato, assurto alle cronache internazionali sol perché tacciato di sessismo, il presidente del Consiglio europeo è volato a Kiev, abbigliato da cacciatore di frodo, per incontrare il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky. Una volta raggiunto il fronte, promette quindi che la Russia soccomberà: «Non siete soli, e faremo tutto il possibile per assicurarci che vinciate la guerra». Dunque, assicura quello che nessun altro s’è mai spinto a promettere: soldi, armi, ingresso nell’Unione, nuove sanzioni. «Prima o dopo colpiremo petrolio e gas: vogliamo finire la dipendenza dalle fonti fossili e da quelle russe in particolare». Intanto, porta in dote 1,5 miliardi di euro. «È la prima volta che la Ue fornisce questo tipo di aiuti», certifica Michel. «Li useremo per avere le armi di cui abbiamo bisogno subito», annuncia Zelensky.Insomma, a due mesi dall’inizio dei combattimenti, l’Europa ha finalmente trovato il suo condottiero: lo stratega bellico che tutti evocavano. Era uno sconosciuto. E quei pochissimi che ne distinguevano le fattezze, pelata liscia e barba a ciuffi, pensavano che fosse un Signor Nessuno. Anche il suo ruolo sembrava vago: presidente del Consiglio europeo. Una specie di premier continentale più aduso ai cocktail che alle strategie, a sentire le solite malelingue. Ma quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. E lui, con la sua arrembante visita a Kiev, ascende ora all’olimpo. Sleepy Joe Biden? «Mad Vlad» Putin? «Il grande timoniere» Xi Jinping? Scansatevi: arriva Charles Yves Jean Ghislaine Michel.Sessantenne nell’aspetto ma quarantaseienne all’anagrafe, nasce a Namur, in Belgio. Figliolo d’arte: suo padre, Luis, fu commissario e parlamentare europeo nonché ministro in Belgio. La strada del pargolo è dunque segnata: a 25 anni diventa il più giovane ministro della storia. Inarrivabile: il segretario del Pd, Enrico Letta, detentore dello speculare primato in Italia, dovette aspettare i 32. Torniamo a Michel: nel 2006 viene eletto sindaco di Wavre. Poi è ministro per la cooperazione allo sviluppo: quattro volte di fila. In quegli anni, si distingue anche per l’attacco a papa Benedetto XVI, reo di sostenere che l’uso dei preservativi non avrebbe fermato l’Aids. Parole «stupefacenti, scandalose e persino irresponsabili». C’è poco da stupirsi, però. Seguendo ancora le orme del papà (stavolta minuscolo e accentato), il virgulto nel 2011 è eletto presidente del Movimento riformatore, formazione francofona di centro: in Europa il partito aderisce ad Alde, gruppo cui è iscritta anche +Europa, i nipotini dei Radicali. Comunque sia: nel 2014, a soli 38 anni, Michel diventa finalmente primo ministro. La sua elezione viene però salutata da una delle più maestose proteste mai viste in Belgio. Centomila persone, nel centro di Bruxelles, si oppongono all’austerità promessa dal nuovo premier. Che, qualche settimana dopo, viene pure pubblicamente contestato da un gruppo di attiviste. Gli lanciano addosso il piatto nazionale: patatine fritte e maionese. Lui non fa un plissé. Cambia cravatta e camicia, per poi riprendere sorridente a comiziare. Una tempra che a fine 2019, terminato il mandato, gli vale la poltrona di presidente del Consiglio europeo, al posto dell’ex premier polacco, Donald Tusk. Comincia la decisiva scalata al potere. Tanto da surclassare la ben più nota presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. La riprova arriva ad aprile 2021, durante una visita istituzionale dei due ad Ankara, per incontrare Recep Tayyip Erdogan. Mentre Charles ha l’onore di accomodarsi su una sedia accanto al presidente turco, la povera Ursula viene piazzata a distanza su un divanetto beige. Insomma, cose da uomini. «Mi sono sentita sola e ferita come donna e come europea» lamenta lei. Ma l’ex premier belga tiene il punto: «In quell’istante, avevo deciso di non reagire ulteriormente per non creare un incidente politico che avrebbe rovinato mesi di preparativi e sforzi diplomatici». Non lasciatevi ingannare. Dietro quell’aria da Signor Nessuno si cela un impietoso schiacciasassi. Lo dimostra nuovamente qualche mese fa, sempre a scapito della malcapitata von der Leyen. A Bruxelles il ministro degli esteri ugandese, Odongo Jeje, evita di stringere la mano della presidente e si precipita invece a strizzare quella di Michel. Nonostante l’imbarazzo collettivo, lui resta però al suo posto. È l’uomo che non deve chiedere mai. Inesorabile. Un misto tra Arthur Fonzarelli e Winston Churchill. Dopo decenni nelle retrovie della storia, l’Europa ha trovato il suo generalissimo.