2021-01-20
Mi critichi? Ti stango. Il sistema Palamara sopravvive all’ex pm
Gabriella Nuzzi, giudice candidata come indipendente da Area, ha contestato la corrente di sinistra. E ora i colleghi si vendicanoLa magistratura ha espulso dal proprio corpaccione Luca Palamara, ma non il sistema che quest'ultimo incarnava, come dimostra il caso che vi stiamo per raccontare.Nel 2007 a Catanzaro esplose l'inchiesta Why not e l'allora pm Luigi de Magistris iscrisse sul registro degli indagati, tra gli altri, il presidente del Consiglio Romano Prodi per accuse che vennero successivamente archiviate. Va detto che quasi subito i ministri della Giustizia d'allora, Clemente Mastella prima e Angelino Alfano poi, fecero di tutto per affossare l'indagine considerata eversiva. A non condividere questa lettura furono i magistrati di Salerno, chiamati a giudicare alcuni colleghi di Catanzaro, presunti boicottatori di Why not. Il risultato di questa guerra fu un bagno di sangue. La sezione disciplinare del Csm sospese dalle funzioni e dallo stipendio il procuratore di Salerno Luigi Apicella e trasferì d'ufficio i due pm Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani, oltre a due toghe catanzaresi. L'allora presidente dell'Associazione nazionale magistrati Palamara brindò alla decisione: «È stata data una risposta sollecita di fronte a una vicenda delicata, che è stata una pagina nera per la giustizia. Non entriamo nel merito della decisione, che rispettiamo, prendiamo atto di come il sistema dimostri di avere gli anticorpi». Gli stessi che nel 2020 si sono pappati lui.Anche l'allora braccio destro di Palamara, Giuseppe Cascini, andò in tv a difendere la sentenza, «avventurandosi», come scrisse un suo collega, «in giudizi di merito sulla asserita illegittimità del provvedimento di Salerno, poi invece confermato dal Tribunale del Riesame».Anche il Guardasigilli Alfano manifestò la propria soddisfazione.Nuzzi, privata delle funzioni e costretta a emigrare in Lazio con il figlio appena nato, scrisse una lettera a Palamara con cui si dimise dall'Anm. Nei successivi dodici anni la donna ha svolto le funzioni di giudice, prima presso il Tribunale di Latina e dal 2013 a oggi presso il Tribunale del Riesame di Napoli, «conseguendo - come puntualizza lei stessa - ben tre valutazioni di professionalità positive». Cosa è successo dopo lo racconta la stessa Nuzzi in una lettera pubblicata in una mailing list di magistrati: «In questi anni ho continuato a dedicarmi come prima alla formazione e alcuni colleghi di distretto, bontà loro, ritenendomi a ciò idonea, mi hanno indicato come magistrato affidatario dei Mot (magistrati ordinari in tirocinio, ndr), incarico che ho espletato continuativamente dal 2016 a oggi». Il 10 luglio 2019 il Csm, confermando come affidatari la Nuzzi e altri due magistrati con precedenti disciplinari, specificò che questi erano «riferibili a vicende risalenti nel tempo, non direttamente incidenti sull'incarico e comunque relative a fatti episodici estranei anche ai successivi percorsi professionali» e che «in presenza di carriere globalmente caratterizzate da valutazioni esclusivamente positive» non apparivano «ostare all'assunzione dell'incarico». I consiglieri evidenziarono anche «il pregresso svolgimento in epoca recente del ruolo di affidatario con esiti positivi».Il 2 dicembre 2020, però, il Consiglio superiore è clamorosamente tornato sui suoi passi per due delle tre toghe, stabilendo che «i tipi di illeciti disciplinari e le sanzioni inflitte, siano tali da determinare una valutazione di inopportunità in ordine all'affidamento degli incarichi». In particolare ha stigmatizzato il decreto di 1.418 pagine (considerato troppo lungo) firmato nel 2008 dalla Nuzzi nei confronti dei magistrati catanzaresi. Il Csm ha anche aggiunto che, «nonostante il tempo trascorso dalla vicenda», è «tuttora inopportuna la nomina della dottoressa Nuzzi quale magistrato affidatario». La toga ha commentato amara: «A parere di relatore e consiglieri, rilevante, “a prescindere", è il fatto che, dodici anni fa, la vicenda fu ritenuta grave dagli organi consiliari perché generò un'ampia eco mediatica e meritò una sanzione severa. Tanto basta per legittimare oggi il Consiglio a rimeditare il precedente deliberato del 10 luglio 2019 con cui, invece, aveva ritenuto il disciplinare non ostativo». In commissione e in plenum hanno votato per il ripensamento tutti i componenti di Area, il cartello delle toghe progressiste. La Nuzzi, a proposito delle ragioni di una simile inversione a «u», ha un'idea: «Preciso che, ovviamente, nelle more, cioè tra luglio 2019 e dicembre 2020, non è intervenuto alcunché di nuovo, se non il mio dichiarato dissenso a un certo modo di concepire la politica giudiziaria. […] Resta il fatto che, a distanza di anni, nella “casa di vetro" il sistema è sempre lì, identico a se stesso. E non ha nulla di democratico».Nel 2020 la Nuzzi fu candidata da indipendente per Area al Consiglio giudiziario di Napoli, ma dopo la pubblicazione delle chat di Palamara, lei e altre due colleghe ritirarono la propria disponibilità, ritenendo che la loro corrente fosse stata troppo timida nel prendere le distanze dal quadretto consociativo che emergeva da quei messaggi. In particolare le tre toghe denunciarono il comunicato «autoassolutorio» di Area, l'ipocrisia dei suoi dirigenti (accusati di «nascondere la polvere sotto il tappeto») e la «degenerazione etica» di un sistema di potere che, a loro giudizio, avrebbe «contaminato anche settori» delle toghe di sinistra. Dopo pochi mesi il Csm, «vendicativo», come ha sottolineato il giudice Andrea Reale, ha stabilito che la Nuzzi non ha più i requisiti per fare da chioccia ai Mot e a votare contro di lei è stato anche Cascini, che 12 anni fa era andato in tv a criticare il decreto firmato dalla collega.