2022-03-15
«Mentre tutti guardano l’Ucraina l’Isis sta dilagando in Afghanistan»
Nel riquadro, Stefano Pontecorvo
L’ex ambasciatore Stefano Pontecorvo: «Dopo il ritiro degli Usa, i talebani danno la caccia agli uomini delle forze di sicurezza locali, ai quali non resta che arruolarsi col Califfato o Al Qaeda. È un guaio: molti di loro sono ben addestrati».«L’Isis si sta rafforzando in modo preoccupante». Mentre l’attenzione del mondo è rivolta alla guerra in Ucraina, Stefano Pontecorvo continua a lanciare l’allarme. Le file del cosiddetto Isis Khorasan, la filiera che si richiama allo Stato islamico dell’Iraq e del Levante, si stanno rimpolpando in Afghanistan ma con presenze in Pakistan fino in India, legami in Siria. Pontecorvo, 65 anni, sa di cosa parla. Rappresentante civile senior della Nato è stato l’ultimo ad agosto 2021 a lasciare l’aeroporto di Kabul. Oltre a 4 anni a Islamabad (Pakistan), 8 anni a Mosca vice capomissione della nostra ambasciata. Mondi paralleli e lontanissimi, possono sembrare. Ma non è così. E con uno dei protagonisti in comune: la Nato che dopo 20 anni accettando le modalità di ritiro americane dall’Afghanistan ha lasciato il Paese allo stremo, anche se molto cambiato, nelle mani dei talebani e in Europa sta sfiorando il confronto militare aperto con la Russia. «Cambiare il Patto atlantico? No», risponde deciso: «Va cambiata la gestione della Nato». Cosa succede nella galassia del fondamentalismo islamico?«Si sta rafforzando non solo l’Isis ma anche al Qaeda, con l’ingresso degli ex appartenenti degli apparati di sicurezza afghani».Prevedibile, ma non in queste dimensioni. Giusto?«È questione di pura sopravvivenza. I talebani stanno dando loro la caccia, uno a uno. L’unico ambito in cui possono trovare rifugio è l’Isis».Sembra una follia da parte dei talebani.«Lo è, ma i talebani sono fatti così».Quanti sono?«Fino a due settimane fa si parlava di circa 500 affiliati».Che potenziale hanno?«Parecchio. È gente ben addestrata, in modo particolare quelli che provengono dai corpi speciali».Qualche giorno fa l’aviazione russa ha ripreso a bombardare Raqqa in Siria, una delle ex capitali del Daesh. L’Isis anche lì sta risollevando la testa?«Significa che i russi continuano a essere attenti allo scenario che controllano. Ma credo che vedremo un forte calo di questo interesse perché devono concentrarsi altrove». L’impegno militare di Putin in Siria ha rappresentato una convergenza con gli interessi dei Paesi occidentali. «In Siria Putin ha fatto i suoi interessi. Che hanno coinciso con i nostri». Quanto contò l’atteggiamento muscolare di Putin in Siria quando sembrava che il Daesh avesse il sopravvento?«Moltissimo. Mi dispiace dirlo, ma è stato utilissimo».Decisivo?«Di decisivo contro l’Isis non c’è nulla per i prossimi anni. Ma serve a impegnarli».E un disimpegno russo comporterà problemi per la nostra sicurezza provenienti dal terrorismo fondamentalista?«L’attenzione di tutti è molto focalizzata. Se i russi lasciano un vuoto sarà riempito da altri».Americani?«Americani e inglesi. Gli italiani? Non ci siamo». Come si è passati dall’immagine di Putin alleato dell’Occidente contro la «guerra santa» a massacratore del popolo ucraino? La comunità internazionale dovrebbe tenere conto del suo ruolo in Siria, in Cecenia?«Tenerne conto decisamente no. Quello che sta facendo Putin in Ucraina è inaccettabile. Cambierà il mondo e cambierà la percezione, anche se andrebbe fatta una riflessione su come ci siamo arrivati».È opinione diffusa che una delle concause sia l’allargamento a Est e a volte le provocazioni della Nato a Mosca. «Guardi, non è che si sia sottovalutato. Su Wikileaks è stato reso pubblico un cablogramma dell’ambasciata americana del 2012 che riportava le preoccupazioni, vere, di Mosca in particolare su un eventuale ingresso di Ucraina e Georgia come una “potenziale minaccia militare”. Ora dovremo gestire queste preoccupazioni, ma 10 anni dopo e con l’Ucraina invasa». Si può uscirne?«Trattare con uno con la pistola sul tavolo è difficile, trattare con uno in difficoltà è ancora più difficile. Putin questa guerra non può perderla».E da quello che vediamo, orrore compreso da assedi del medioevo, nemmeno vincerla.«Esattamente. Bisognerà trovare un accomodamento per cui tutti possano dire di aver vinto. Ci vuole la politica con la P maiuscola. E dare a Putin qualcosa».Cosa?«Non lo so. La Russia è la principale responsabile. Ma è anche la dimostrazione della nostra disattenzione. Ad oltre due settimane dall’invasione non sappiamo cosa vuole. Vuol dire che non ci abbiamo ancora parlato».Sempre che Putin sappia quello che vuole.«Guardi, ho passato 8 anni a Mosca, di cui 6 con lui al potere. E sa quello che vuole. Il disastro della gestione militare, il numero molto alto di soldati morti, sono tutte cose vere. Possono fargli cambiare le valutazioni. Ma Putin sa quello che vuole. Siamo noi che non lo sappiamo».Quanti morti ci vorranno ancora?«Non lo so». Politica con la P maiuscola: tradotto?«Angela Merkel. Ha la fiducia di Putin e l’autorevolezza necessaria, bisogna vedere che margini ha o le lasciano. Perché chiunque vada a trattare deve poter parlare anche a nome degli americani. Per loro, i russi, noi siamo una corte - spesso dei miracoli - al seguito degli Usa».Quindi alla fine è un «confronto» diretto tra Russia e Stati Uniti?«Sì, ma in casa nostra».Vecchia storia. Sulla Verità il generale Fabio Mini è andato giù pesante. Dice che la Nato ha violato lo stesso Patto mettendo a rischio con le sue provocazioni la sicurezza dei Paesi membri. «Una lettura un po’ estrema. Ma ci sta. Mini per altro è un personaggio di prim’ordine».Va rivisto il Patto Atlantico?«No».Quindi?«Va rivista la gestione del Patto. La Nato è dominata ormai da un sentimento antirusso che purtroppo Mosca ha giustificato. Vanno analizzate seriamente cause ed effetti. Ma l’atteggiamento verso la Russia va cambiato».