2019-11-29
Mentre Open incassava, il Pd metteva in cassa integrazione 160 persone
True
L'ex segretario ha annunciato durante una conferenza stampa di aver guadagnato molto nel 2018. Inoltre mentre aumentavano gli gli incassi della Fondazione, a diminuire erano i fondi al Nazareno, crollati dopo il referendum del 2016 e ulteriormente assottigliati tra il 2017 e il 2018, come spiega un'informativa della Guardia di finanza. Matteo Renzi lo ha annunciato quasi trionfalmente durante la conferenza stampa del 27 novembre scorso, mentre commentava le perquisizioni a tappeto della Guardia di finanza sui finanziatori della Fondazione Open. «Guadagno molto meglio da quando non sono più presidente del consiglio, tutti i miei denari sono pubblici. E non c'entrano nulla con la Fondazione. Ci sono i miei denari privati. Nell'anno 2018 ho avuto un importante ritorno economico, di 830.000 euro e nel 2019 sarà più di 1 milioni di euro, sono i miei proventi». Inoltre, mentre le entrate della fondazione aumentavano, quelle del Pd diminuivano. Basta osservare una tabella, contenuta in un'informativa della Guardia di finanza di Roma nell'inchiesta sui soldi dell'immobiliarista Luca Parnasi a un'altra fondazione, la Eyu. Il Pd all'inizio del 2017 aveva un saldo di 6 milioni e 422 mila euro, grazie alle entrate del 2 per mille e alle quote versate dai parlamentari. Questo saldo al 27 febbraio del 2018 si riduce arrivando a 1.315.000 euro. Si tratta di una perdita secca di quasi 5 milioni di euro che va ad aggiungersi alle altre spese effettuate per il referendum.Così, Aa Nazareno, sede del Partito democratico, alcuni tra i 160 dipendenti che sono in cassa integrazione sono rimasti basiti nell'ascoltare le parole dell'ex segretario.Uno di loro spiega. «Se il segretario di un Partito di Sinistra rivela candidamente che facendo il Segretario e il presidente del Consiglio nel 2018 il suo reddito è cresciuto fino a superare gli 800.000 euro annui e che, nello stesso periodo, nel suo Partito tutti i dipendenti finiscono in cassa integrazione scendendo anche sotto la soglia dei 12.000, significa che la sinistra non c'è stata. Perché lui diventava più ricco e tanti sotto la sua gestione diventavano più poveri». Il Pd vive una crisi economica senza fine dal drammatico dicembre del 2016, quando i 4 dicembre proprio Renzi perse il referendum costituzionale. Su quell'appuntamento elettorale l'attuale leader di Italia Viva non aveva puntato tutto il suo futuro politico, ma anche una somma ingente di fondi del Pd, circa 9 milioni di euro, dal momento che alla fine del 2016 il patrimonio netto negativo era di oltre 3 milioni. Il problema è che mentre il Pd affogava nelle spese e iniziava a mettere in cassa integrazione i lavoratori, dall'altro lato la Fondazione Open di Renzi, oggi sotto inchiesta, continuava a incassare: dal 2012 al 2018 in totale sono stati racimolati quasi 7 milioni di euro. Questa è stata la gestione dell'ex tesoriere Francesco Bonifazi e del segretario Renzi che lascerà a Nicola Zingaretti nel marzo del 2019. Per di più, i risultati elettorali non hanno aiutato, perché avendo meno parlamentari e senatori le entrate sono diminuite di quasi 19 milioni di euro, considerando anche la fine del finanziamento pubblico ai partiti. In sostanza le inchieste di questi ultimi giorni iniziano a spiegare la gestione dei dem degli ultimi anni. La verità è che dal Pd partivano le spese che venivano messe a bilancio, mentre alle fondazioni collegate Renzi finivano soldi che sembrano non essere mai arrivati al Nazareno. Quando l'ex segretario ha deciso di fondare Italia Viva si è portato con sé quella dote, al Pd sono rimasti i debiti e i dipendenti in cassa integrazione. In pratica da segretario dem Renzi è diventato presidente del Consiglio, attraendo finanziatori, ma di fondo mettendo i fondi fuori dal Pd che è rimasta in pratica la bad company dove lasciare solamente buchi.
(Ansa)
Il ministro Guido Crosetto in occasione dell'82°anniversario della difesa di Roma: «A me interessa che gli aiuti a Gaza possano arrivare, le medicine possano arrivare, la vita normale possa riprendere». Nonostante tutto, Crosetto ha ben chiaro come le due guerre più grandi - quella Ucraina e quella a Gaza - possano cessare rapidamente. «Io penso che la decisione di terminare i due conflitti sia nelle mani di due uomini: Putin e Netanyahu».