2025-01-26
Sì al ponte con Donald ma Meloni non faccia troppo «l’americana»
Donald Trump e Giorgia Meloni (Ansa)
Il premier in patria è un leader solo, senza rivali: ne approfitti per trattare col tycoon (tenendo a mente le cose che li dividono).Melonia Trump, Melon Musk, Milonga Milei, Georgia on my mind. Fa benissimo Giorgia Meloni a proporsi come interlocutrice privilegiata di Donald Trump e diventare di fatto il ponte tra l’Europa e gli Stati Uniti, tra il Mediterraneo e l’Atlantico. È un’occasione da cogliere al volo, e lo diremmo anche se fossimo contrari al governo Meloni, come hanno ben colto i (pochi) che a sinistra ragionano col cervello e non con i succhi gastrici e la bile. Per l’Italia è un vantaggio. Il quadro che ci è stato presentato in questa settimana del trumpismo nascente è allarmante quanto surreale. Sembra che fino a ieri vivevamo in un mondo pacificato, con un’Europa unita e gagliarda, senza censure e minacce alle libertà, con i magnati che stavano a cuccia, senza contatti col potere... Poi è arrivato Trump e tutto viene sconvolto. No, non è così. Al contrario, veniamo da un periodo tempestoso di guerre che hanno dilaniato il mondo e hanno messo a rischio la pace mondiale. Viviamo lo spettacolo di un’Europa incapace di esprimere una linea unitaria, al rimorchio degli Stati Uniti, imbambolata e impotente davanti a tutti i grandi eventi dei nostri giorni. Siamo sotto un regime di sorveglianza ideologica, chiamato woke che non vuol dire risveglio ma proprio sorvegliato; censura nei social, colossi del web al servizio dell’ideologia progressista e woke. Se ora gli stessi big attaccano l’asino dove vuole il nuovo padrone, mentre fino a ieri lo attaccavano dove voleva il padrone dem, non vuol dire che stia nascendo un pericoloso regime; vuol dire semplicemente che si sono accordati oggi come ieri con il vincitore. I primi nemici dell’Europa sono gli europei. Certo, inquietano alcuni aspetti caratteriali, alcune lobbies e supporti tecno-capitalistici, alcune drastiche decisioni; ma con Trump è possibile che la situazione generale migliori (Breve inciso: chi ironizza sulla lucidità di Trump per via dell’età offende Sergio Mattarella e dimentica che fino a ieri c’era Joe Biden, più vecchio di lui e visibilmente meno lucido).In questo quadro, trovo naturale che la Meloni, oltre a questioni di opportunità politica e strategica, si adegui pure lei al nuovo corso, dopo il feeling con Biden. Trump per giunta è affine sul piano politico e su molte idee.Qual è, viceversa, il punto critico da affrontare, dove possono sorgere inevitabili differenze e alcune divergenze? Il primo, inevitabile, è che gli interessi americani non coincidono con gli interessi europei, mediterranei e italiani. E questo valeva ieri con Biden e vale oggi con Trump. Il fatto che in Trump ci sia un’ulteriore sterzata verso gli interessi nazionali americani, per noi vuol dire due cose di contrastante effetto: in negativo vuol dire che accentuerà gli interessi degli Usa a nostro discapito; in positivo che si occuperà dell’America e avrà meno pretese di condizionare, dirigere, orientare i partner sulla base di quella missione umanitaria (anche a suon di guerra e di bombe) che caratterizza da sempre le amministrazioni dem negli Stati Uniti. E che in tanti guai ci ha trascinato. Si dovrà dunque trattare: Trump è il contrario di Biden, annuncia guerre e apre negoziati. Finora i dem annunciavano la pace e praticavano le guerre. Noi dovremo negoziare ruoli, patti, dazi. Sapendo che abbiamo una comune preoccupazione: frenare la Cina, l’espansione commerciale e tecnologica asiatica. Di conseguenza anche per noi è tempo di bilanciare la globalizzazione delle merci e della tecnica, perché non va più a vantaggio dell’Occidente, con alcune norme a protezione della nostra economia. Sul piano culturale - in senso lato, s’intende - le convergenze sul piano conservatore, nazional-patriottico e famigliare tra l’America di Trump e l’Italia di Meloni sono evidenti ma non sono da trascurare nemmeno le differenze. Il tessuto cristiano a cui Trump si riferisce è di tipo protestante, biblico-millenarista; e il modello sociale che ne deriva non ha le correzioni sociali e popolari della nostra tradizione politica, del nostro umanesimo, del cattolicesimo sociale, del nazionalismo sociale (non fate i cretini, è l’esatto opposto del nazionalsocialismo, detto nazismo). Il tecno-capitalismo non si sposa agevolmente con la nostra tradizione sociale e comunitaria, a partire dalla dottrina sociale della Chiesa. C’è poi da loro un impianto liberista e fordista, mercantile e «privatista». (Tanto più lontano è l’anarco-liberismo di Milei). Nella stessa tradizione repubblicana statunitense, il massimo d’apertura è il conservatorismo «compassionevole», che non somiglia alla nostra «destra sociale» o al nostro popolarismo d’ispirazione cristiana.Bisogna tenere a mente queste differenze e saperle soppesare nelle sedi e nei momenti opportuni, insieme alle inevitabili differenze geopolitiche di chi abita nel cuore dell’antica Europa e dell’antico Mediterraneo, e chi vive nel Nuovo Mondo, al di là dell’Oceano Atlantico. La Meloni non dev’essere l’americana de noantri; si ricordi di rappresentare l’Europa e il Mediterraneo, e i loro interessi. Poste queste basi, torniamo a un’osservazione di ordine generale. Siamo entrati nell’epoca delle leadership solitarie, a occidente tramite il voto libero, democratico e popolare, altrove invece con un’inclinazione autocratica e una ferrea struttura militare. La solitudine del leader è oggi il tratto preponderante del mondo e va compreso senza euforie e senza tragedie, come un dato di fatto con cui misurarsi. Nel caso italiano, la Meloni vive una situazione eccezionale: è sola. Ha due oppositori, più frattaglie, di poco spessore e di poca presa; ha due alleati che non sono in grado di insidiare la sua leadership.Neanche Silvio Berlusconi ebbe questo privilegio, e questa totale solitudine, ma molti contrasti; e Matteo Renzi fu un miraggio, una parabola veloce, quasi un disco volante. E la Meloni è sola, purtroppo, anche nel suo partito, con una classe dirigente mediamente scarsa, non vorremmo ripeterlo per l’ennesima volta; nessun vice, nessun alter ego, nessun gruppo di prim’ordine. Si trova, dunque, in un deserto, salvo alcuni palazzi istituzionali (a partire dal Quirinale) e qualche Dignitario Atlantico (genere Mario Draghi). Non ha rivali, in questo momento, non ha competitori né interni né esterni, anche se brulicano le manovre dietro le quinte. Detto in termini agonistici e sportivi: Una a zero. Meloni-Resto del mondo. Partita esaltante, che finora ha ben condotto, ma piena di insidie. Deve giocarla senza debolezze e senza presunzione, tra audacia e prudenza, riuscendo a capire quando è il momento dell’una e quando dell’altra. Una partita da giocare, è il caso di dire, con destrezza.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.