2023-01-31
Meloni salva Fuortes. Ma il ribaltone è solo rimandato
Il Cda Rai approva il budget per il rotto della cuffia e chiede chiarimenti sul leader ucraino. A fine marzo iniziano i giri di valzer.Cronache da un assedio. Nonostante Giorgia Meloni non abbia alcuna intenzione di rivoluzionare la Rai (per ora le sue priorità sono altre), a dispetto del nome l’ad Carlo Fuortes mostra segni di assoluta debolezza. In questi giorni ha rischiato per due volte la poltrona. Il segnale più significativo è arrivato nel Consiglio d’amministrazione di ieri con all’ordine del giorno l’approvazione del budget, passato per il rotto della cuffia con tre voti favorevoli, compreso il suo, decisivo per non finire direttamente nel Tevere. A facile smentita della narrazione di una Rai di centrodestra (la consueta favola per educande), a salvare il manager sono stati la presidente Marinella Soldi (in quota Pd) e la consigliera Francesca Bria, dem molto vicina all’ex ministro Andrea Orlando. Il salvagente di tre voti ha impedito il blitz degli scontenti, il rappresentante dei dipendenti Riccardo Laganà (astenuto), il grillino Alessandro Di Majo (voto contrario), Igor De Biasio (Lega) e Simona Agnes (Forza Italia), entrambi strategicamente assenti. Una prova d’orchestra e insieme un messaggio in bottiglia: l’ad è appeso a un filo ma sembra non sia ancora giunta la sua ora. Se Fuortes ha la possibilità di arrivare fino a giugno, quando si presenterà l’altro canyon strettissimo del bilancio, è perché la premier non ha ancora ascoltato le richieste di Lega e parte di Forza Italia, che vorrebbero cambiare immediatamente il vertice. Forte di una strana alleanza con Gianni Letta, Meloni prende tempo, tiene calmi gli alleati e i pasdaran più focosi del suo partito. A chi le chiede di intervenire risponde «c’è tempo, c’è tempo» e il suo attendismo diventa un viatico per Fuortes che sa di non poter continuare a soddisfare le richieste piddine e renziane come se la Rai dovesse continuare ad essere un’emanazione del Nazareno e dintorni.Due rischi di ko in pochi giorni. Se il primo è stato il cda, il secondo rimane il fantasma di Volodymyr Zelensky che accompagnerà d’ad fino all’ultima serata del festival di Sanremo, quando verso mezzanotte il presidente ucraino si materializzerà per il suo discorso all’Italia nazionalpopolare. Un momento topico, attorno al quale l’intero dibattito pubblico si è concentrato nei giorni scorsi. Intervento doveroso o poco opportuno? Comparsata bellicista o solo propagandista? I consiglieri d’amministrazione hanno mostrato contrarietà nei confronti del management per non essere stati consultati preventivamente rispetto a una scelta così strategica, comunque avallata da palazzo Chigi. Il futuro di Fuortes potrebbe dipendere da ciò che Zelensky dirà. E per evitare lo showdown al buio il cda ha convocato il direttore di Raiuno, Stefano Coletta, responsabile ultimo di tutto ciò che passa sulla rete ammiraglia, con lo scopo di conoscere i contenuti della comparsata. Nei corridoi di viale Mazzini sono comunque tutti convinti che il leader della resistenza ucraina non andrà oltre la propaganda già sentita in spettacoli analoghi come i Grammy, i Golden Globe, i festival del cinema di Cannes e di Venezia. Una volta superato lo scoglio del festival, è possibile che l’attenzione del governo torni a concentrarsi sull’informazione, quindi sul Tg1 e sui numeri negativi delle Morning News volute dalla direttrice Monica Maggioni, quotidianamente superate non solo dall’informazione concorrente di Canale 5 ma anche dalla TgR che acquista continuamente percentuali di audience e consensi. Il ribaltone è praticamente pronto e potrebbe concretizzarsi a fine marzo quando partirà la striscia quotidiana per Bruno Vespa nello spazio serale che fu di Enzo Biagi. Maggioni verrebbe dirottata su un programma di approfondimento bisettimanale in seconda serata. Per l’ammiraglia dei tg sono in pole Nicola Rao, oggi direttore del Tg2, e Gianmarco Chiocci, ex inchiestista principe de Il Giornale, poi direttore del Tempo e dell’agenzia Adn Kronos. Dipende tutto dall’assedio a Fuortes. E dalla voglia della premier di portarlo a termine.