2018-05-12
La Meloni tratta l’ingresso in squadra
La leader di Fratelli d'Italia ha avuto un faccia a faccia di un'ora con Luigi Di Maio: «C'è un veto su di noi, non saremo al governo se il premier sarà grillino». In mattinata aveva incontrato Matteo Salvini. Per lei si parla di Sanità o di un sottosegretariato di peso.Cherchez la femme. Giorgia Meloni è improvvisamente diventata l'oggetto del desiderio politico dei due fusti in cravatta che preparano il primo governo della Terza Repubblica. Discreta, qualche volta defilata e forte dei suoi 50 parlamentari (nella scorsa legislatura erano nove), la leader di Fratelli d'Italia in questi 70 giorni ha alzato la voce due volte: la prima per rimproverare il Silvio Berlusconi circense della prima consultazione al Quirinale, la seconda per rimettere al suo posto Luigi Di Maio al culmine dei capricci con la famosa frase: «Ragazzo, prima di fare il Batman devi vincere».Ora sembra poter passare all'incasso, lusingata dalla centralità politica ritrovata e anche dalla proposta di Maurizio Belpietro di nominarla premier. «Noi adottiamo la strategia dell'aspetta e vedi, soprattutto vedi chi è il presidente del Consiglio», spiega lei con gentilezza. Negli ultimi giorni era sulla difensiva per via di una certa marginalità, ma ieri è arrivato il suo giorno. Al mattino Matteo Salvini le ha ribadito il suo interesse ad averla al fianco nella storica avventura; al pomeriggio Luigi Di Maio le ha parlato per un'ora a Montecitorio nel tentativo di rassicurarla sulle consonanze del programma. Quella che a tutta prima poteva sembrare lo sblocco di un ingresso nella compagine governativa, però, ha assunto contorni diversi in serata, quando la stessa Meloni ha voluto specificare, in agenzia, l'andamento dell'incontro: «Ho ricevuto Luigi Di Maio il quale ha chiesto il sostegno di Fratelli d'Italia a una premiership sua o di un altro esponente del M5s in cambio di un via libera a un nostro ingresso nel governo», ha chiarito la Meloni, aggiungendo: «Ho ribadito al leader pentastellato che Fdi, che non ha avanzato alcuna richiesta di ingresso nel nuovo esecutivo, non potrebbe mai far parte di un governo a guida grillina e che anzi abbiamo vincolato ogni nostra decisione proprio a una premiership rispettosa degli italiani che ci hanno votato». Qui, secondo la Meloni, l'irrigidimento di Di Maio, il quale avrebbe risposto che «in questo caso lui avrebbe posto un veto sulla nostra presenza perché saremmo una forza "troppo di destra". Non so come si ponga Matteo Salvini rispetto a una posizione di questo tipo. Evidentemente in quello che tutti già chiamano governo giallo verde non ci sarà il tricolore». Il corteggiamento nei suoi confronti, però, è serrato, i 50 pretoriani della signora fanno gola a tutti, soprattutto farebbero la differenza fra una legislatura perennemente sull'orlo di una crisi di nervi (con una maggioranza al Senato di soli 7 voti mentre lei ne porterebbe in dote altri 18) e una legislatura obiettivamente blindata. Ma lady Meloni non si compra con un complimento o un mazzo di fiori. Lo ha detto due giorni fa su Facebook: tre no e tre sì irrinunciabili. «No a patrimoniale, ius soli, adozione per le coppie gay. Sì a flat tax al 15%, infrastrutture per il Sud, blocco dell'immigrazione. E poi il premio di maggioranza da inserire nella legge elettorale per far si che, in caso di disastri, si possa tornare subito al voto». La trattativa in ogni caso è aperta, in attesa di sapere su quale figura di premier convergeranno, probabilmente lunedì, grillini e Carroccio. Le ipotesi di collaborazione restano due: partecipazione diretta al governo (ad ora difficile), con qualche mal di pancia da far smaltire agli ultrà della destra storica e altrettante fitte gastriche ai grillini di sinistra. Oppure appoggio esterno, quello che Berlusconi non sopporta. Quest'ultima situazione mostrerebbe però un'anomalia strutturale: delle tre componenti del centrodestra, una sarebbe dentro e due fuori. A spingere per far entrare Meloni su un tappeto di petali di rose è Salvini, che sa quanto sia combattiva la signora. E secondo il vecchio insegnamento berlingueriano non vuole avere «nemici a destra». «Non possiamo permetterci terremoti quotidiani su immigrati e sicurezza. Un governo ha equilibri da rispettare e lei sarebbe capace di conficcarci spine nel fianco un giorno sì e l'altro pure. Quelli non sono 20 peones scappati di casa», spiegano in via Bellerio. Il supporto sarebbe prezioso soprattutto per l'esperienza parlamentare del partito. Ignazio La Russa è stato ministro della Difesa e per 20 anni uno dei motori politici di Alleanza nazionale e poi del Pdl. Guido Crosetto è un navigatore di lungo corso dentro ministeri e commissioni, anche se ha vigorosamente smentito qualunque incarico di governo per sé. La stessa Meloni, che potrebbe essere premiata con il dicastero della Sanità, è stata vicepresidente della Camera a 29 anni e ministro dell'ultimo governo Berlusconi a 31. Con loro la chimica della maggioranza sarebbe sostanzialmente diversa, e anche il Cavaliere dovrebbe tenerne conto al momento del voto.La sintonia con la Lega è forte, quella con i 5 stelle è possibile sui temi più popolari; in fondo la diffidenza nei confronti di establishment, burocrazia, poteri forti, sistema finanziario, Europa è la stessa. Il premier ideale per Fratelli d'Italia sarebbe Giancarlo Giorgetti, ma il Richelieu di Salvini sembra aver fatto un passo indietro, sentendosi più indicato per il dicastero dello Sviluppo economico. Uscendo da Montecitorio con la presidente sottobraccio, La Russa ha voluto sottolineare il senso dell'evoluzione e quello di una perdurante incertezza. «Non sosterremo un qualsiasi governo». Ma il corteggiamento sembra efficace ed è possibile che lunedì molte caselle siano al loro posto. Qualche giorno fa, incontrando Crosetto, Giorgetti ha detto ai cronisti esterrefatti: «Vado al governo solo se c'è lui». Sembrava una battuta.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)