2023-09-19
Meloni e Salvini divisi? Grazie ai socialisti non è (più) vero
Giorgia Meloni (Getty images)
La faida sul memorandum e la freddezza tra Popolari ed Ecr rende quasi inevitabile a Giorgia Meloni e Matteo Salvini alzare il tiro insieme contro l’Ue. Almeno fino al voto: poi si vedràCerto che Giorgia Meloni e Matteo Salvini sono, nella lunga campagna elettorale delle Europee, rivali: altrimenti avrebbero fuso i partiti. Non solo: sono come noto appartenenti a due famiglie politiche diverse a Strasburgo (Ecr la prima, Id il secondo, entrambi attualmente all’opposizione). Tuttavia, il combinato disposto del «raffreddamento» (eufemismo) dell’ipotesi di alleanza Ppe-Ecr nella prossima legislatura e della torsione istituzionale e politica contro il memorandum d’intesa con la Tunisia ha prodotto quello che certa teoria partitica avrebbe definito un avvicinamento «oggettivo» tra Fratelli d’Italia e Lega. Il refrain un po’ pigro che vedrebbe opposti una Meloni «centrista», zavorrata dalla postura misurata di Palazzo Chigi, dialogante con l’Unione europea, e un Salvini più scamiciato e «irresponsabile», libero di prendere a pallate Bruxelles, sta mostrando la corda a fronte di alcuni dati di fatto. Anzitutto, entrambi hanno recentemente messo in atto un’operazione piuttosto lineare: hanno visto i loro alleati. Il premier ha fatto visita a Virktor Orbán che, mollato il Ppe con reciproco sollievo, medita di inserire il suo partito nel cartello di Ecr. Il vicepremier ha portato a Pontida Marine Le Pen, già membro forte di Id all’Europarlamento.Non è un caso se i due leader di Fdi e Lega non si siano mai punzecchiati «in chiaro»: né sulla tasse alle banche né sugli attacchi a Paolo Gentiloni, dove la Meloni ha calibrato i toni ma confermato un assalto frontale al Commissario agli Affari economici dell’Ue, nonché possibile futuro segretario del Pd proprio dopo le Europee. Non è tanto questione di compatibilità caratteriale o di tattica studiata, quanto appunto una convergenza politica quasi obbligata. E resa tale, oltre che da un Manfred Weber (tedesco leader del Ppe) che ha praticamente escluso lo schema di alleanze con Ecr, soprattutto dall’incredibile atteggiamento succeduto al memorandum sulla Tunisia, quando un atto legittimato dalla presenza di Ursula von der Leyen è stato di fatto attivamente combattuto da un’altra istituzione (il Consiglio Ue) e dal «ministro degli Esteri» della stessa Commissione, nonché suo vicepresidente, il socialista spagnolo Josep Borrell.Non è da escludere, nelle furibonde manovre di avvicinamento al 2024, che proprio l’assalto al memorandum tunisino (un precedente preoccupante, con un documento con annessa promessa di pagamento trasformato fin qui in carta straccia) sia una mossa funzionale ad azzoppare un altro schema politico che stava prendendo piede. Questo schema prevedeva - ma non è detto sia tramontato - un’Ursula bis con maggioranza allargata a Ecr, e conseguente marginalizzazione del Pse (che, va ricordato, include il Pd, la cui segreteria non a caso auspica il boicottaggio dell’accordo con Saïed). In presenza di questa ipotesi politica, è ragionevole ipotizzare che il nostro premier abbia convenienza a tenere un profilo basso e non conflittuale con la Commissione. Ma di fronte a un pezzo dell’attuale maggioranza europea che, per mano socialista, smonta la tela costruita dalla Meloni con la Von der Leyen, che senso avrebbe continuare a essere concilianti e immaginare di far parte di un «club» politico disposto a usare i migranti come arma e a sputtanare la stessa Commissione che sostiene pur di azzoppare un rivale? Nessuno.E infatti, al netto dei rapporti coltivati con la presidente della Commissione (che resta in campo per il bis), il premier italiano ha mollato il freno: osservando il posizionamento su migranti, Mes e commissari socialisti non ha fatto apprezzare grandi differenze, se non di timbro, rispetto a Matteo Salvini. Diverso il discorso di Antonio Tajani, consolidato membro del Ppe, come tutta Forza Italia nel solco tracciato da Silvio Berlusconi.Resta un problema enorme di fondo: se è praticamente certo che il nuovo Parlamento di Strasburgo non permetterà al blocco Ppe-Pse di governare, e probabilmente non basterà neppure l’apporto dei «macroniani», è altrettanto certo che Ecr e Id, anche se coalizzati, non andranno mai da nessuna parte senza alleanze con un blocco aggregato attorno al Ppe. Il dato nuovo è che, in questo marasma che ci porterà alle elezioni tra qualche mese, e dove come sempre i giochi si faranno al tavolo che deciderà le posizioni di vertice, al momento siamo letteralmente al tutti contro tutti. E se il sistema elettorale proporzionale di suo porta all’«ognun per sé», il quadro politico generale dove nulla appare scontato invita Meloni e Salvini, tutto sommato al di là dello stato dei rapporti personali, a essere entrambi interessati a costruire un posizionamento tutt’altro che allineato con l’Ue. Un Pse pronto a sabotare intese internazionali e un Ppe deciso a difendere la Grande coalizione spingono Fdi e Lega a enfatizzare le spaccature tra le due famiglie su Patto di stabilità, migranti e green deal. Poi, se ci sarà da trattare, si farà dopo il voto.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.