2023-04-16
La Meloni in Africa boccia il partito unico e stringe sui migranti
Il premier: misure più rigide sugli sbarchi. Sulla fuga del russo Artom Uss: «Non abbiamo ricevuto notizie dalle intelligence straniere».«Il bilancio della missione è ottimo, molto proficuo, molto concreto e penso che ci sarà un ulteriore step a luglio quando, insieme alla Fao, ospiteremo lo stocktaking moment, il meeting sulla sicurezza alimentare». Giorgia Meloni è a dir poco soddisfatta dei risultati della sua missione in Etiopia e da Addis Abeba lancia messaggi chiarissimi anche in relazione alla politica interna: la protezione speciale per gli immigrati verrà eliminata, niente partito unico del centrodestra. La Meloni in Etiopia ha incontrato il premier etiope Abiy Ahmed Ali, il presidente della Somalia Hassan Sheikh Mohamud, il presidente dell’Unione Africana, Moussa Faki Mahamat, e il presidente somalo, Hassan Sheikh Mohamud. «Ad Addis Abeba», twitta la Meloni in mattinata, «ho avuto il piacere di incontrare anche il presidente somalo, Hassan Sheikh Mohamud. La Somalia troverà sempre nell’Italia un partner privilegiato e solido nel sostenere gli sforzi volti a rafforzare le istituzioni somale e la stabilità dell’intero Corno d’Africa». «Io mi do come obiettivo”, spiega la Meloni, «l’eliminazione della protezione speciale, perché si tratta di un’ulteriore protezione rispetto a quello che accade nel resto d’Europa. C’era una proposta della maggioranza nel suo complesso, non è un tema su cui ci sono divergenze. È materia complessa ed è normale che ci siano diversi emendamenti». La protezione speciale, lo ricordiamo, è un permesso di soggiorno della durata di 2 anni rinnovabile, che viene rilasciato al richiedente asilo che non può ottenere o non ha ancora ottenuto la protezione internazionale. Il documento viene rilasciato da una commissione territoriale alla quale tutti i richiedenti asilo possono rivolgersi, e anche dalle Questure, e in caso di rifiuto si può presentare un ricorso. «Il messaggio», aggiunge la Meloni, tornando agli incontri di Addis Abeba, «è questo: se le nazioni africane ci aiutano a combattere la rete di trafficanti con la sua scia di morte, con gli interessi miliardari fatti sulla pelle della povera gente, noi diamo dei segnali non solo in termini di flussi regolari ma anche di formazione. Ne ho parlato con il presidente della Somalia, paese in cui emerge il tema della formazione nell’ambito delle costruzioni. Anche dare una mano su questo, come facciamo qui in Etiopia, credo che sia l’approccio giusto. La risposta all’immigrazione illegale si dà anche con un sostegno alla formazione, al lavoro, alla prosperità e al benessere. Noi crediamo di poter contribuire molto allo sviluppo, alla sicurezza, alla stabilità delle nazioni africane, qui c’è una grande voglia di Italia, una grande attenzione per la nostra capacità di cooperare in modo non predatorio. E noi vogliamo lavorare sulle infrastrutture, sull’agricoltura, sul turismo in queste nazioni, che ci chiedono anche di farci promotori, presso gli organismi internazionali, l’Ue, il G20, il G7, delle loro istanze, delle loro necessità. Credo che l’Italia», sottolinea la Meloni, «possa ottimamente svolgere questo ruolo». Per quel che riguarda l’idea di un partito unico di centrodestra, che ciclicamente fa capolino nel dibattito politico italiano, la Meloni è perplessa: «Io sono sempre stata convinta», argomenta il capo del governo, «che la pluralità anche all’interno del centrodestra sia un arricchimento più che un problema. Il punto è la volontà di camminare insieme, quella volontà io la vedo fermo restando che ci sono anche sfumature diverse, questo è più facile oggi farlo con i partiti, quello che succederà domani nessuno è in grado di dirlo». La premier non si sottrae alle domande sul caso di Artom Uss, l'imprenditore russo 40enne fuggito lo scorso 22 marzo da Basiglio, in provincia di Milano, dove si trovava agli arresti domiciliari in attesa di essere estradato negli Stati Uniti. Uss era stato arrestato lo scorso 17 ottobre a Malpensa mentre partiva per la Turchia, ed è accusato dall’America di contrabbando di petrolio dal Venezuela verso Cina e Russia, frode bancaria, riciclaggio e soprattutto esportazione illegale di tecnologie militari dagli Usa alla Russia. All’inizio di dicembre gli erano stati concessi i domiciliari, in una casa fittata dalla moglie, ma il giorno dopo la concessione dell’estradizione in America, il 21 marzo scorso, si è dato alla macchia per riapparire poi a Mosca. «Il ministro Nordio», sottolinea Giorgia Meloni, ha fatto bene ad avviare una azione disciplinare perché bisogna fare chiarezza. Noi non eravamo stati informati a livello di intelligence dalle altre intelligence sulla natura della figura. Sapevamo che c’era una richiesta del Dipartimento di giustizia americano legata a una questione di frode fiscale, un’altra materia. Naturalmente un approfondimento su questa vicenda va fatto». Il ministro Carlo Nordio, spiega la relazione inviata dalla Corte d’Appello di Milano al ministero della Giustizia, riferisce l’Ansa, non inviò alla Corte la nota del Dipartimento Usa della Giustizia che chiedeva di far tornare in carcere Artem Uss, a cui erano stati concessi i domiciliari. Ai giudici il Guardasigilli si limitò a girare il 9 dicembre la risposta che lui stesso aveva dato a quella nota 3 giorni prima, con cui spiegava che la competenza a decidere sul carcere è dell’autorità giudiziaria e che la misura degli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico è equiparabile alla custodia in carcere.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)