2021-03-09
Meghan ha trasformato il principe in rospo
Harpo Productions/J. Pugliese/ Getty Images
La Markle, dopo aver trascinato Harry fuori dalla famiglia reale, spiattella accuse gravissime in un'intervista a Oprah Winfrey. Dal razzismo alle spinte al suicidio, ne escono tutti come mostri. Ma la stampa sta con la regina e chiede la spoliazione dei due. I calzini di Harry bucano lo schermo, il principe deve avere lo stesso fornitore di Lino Banfi. Meno impatto ha la moglie Meghan Markle, stupenda nella perfezione estetica ma troppo stile Jennifer Lopez prima maniera per stupire i fanatici del gossip. Poiché il fascino reale si coglie dai dettagli, il resto viene dopo nell'intervista del secolo fino a domani mattina, due ore di conversazione con Oprah Winfrey (una Lilli Gruber che ce l'ha fatta), ambientata nella loro magione di Montecito in California in un dehor che sembra preso da un catalogo di Unopiù. L'augusto colloquio è un viaggio attraverso le sofferenze reali, la favola tradita, l'ipocrisia lacrimevole di fiammiferaie milionarie; le stesse crinoline e vendette che 24 anni fa caratterizzarono i pianti, i tradimenti e le fughe di Lady Diana prima del terribile epilogo a Parigi sotto il ponte dell'Alma. Meghan ci ha fatto ringiovanire tutti tranne la regina Elisabetta, che a 94 anni ha scoperto di essere razzista. Alla sovrana mancava un'accusa, quella che sta terremotando Londra mentre la corona tace, ma la duchessa di Sussex rimedia da par suo: «I reali non volevano che mio figlio Archibald diventasse principe perché c'erano preoccupazioni e conversazioni su quanto scura sarebbe stata la sua pelle quando fosse nato». Poi puntualizza con docile ferocia che la Ditta (Firm, inteso come compagnia) avrebbe avuto da ridire sul fatto che il figlio rischiava di avere «la pelle troppo scura». E ricorda stati d'animo da suicidio in quel periodo: «Non volevo più vivere». È l'arma nucleare, la vendetta consumata fredda nel programma della Cbs visto da 17 milioni di telespettatori (molto lontani comunque dai 70 dell'intervista di Barbara Walters a Monica Lewinsky nel 1999), per il quale il network ha pagato 6 milioni di dollari alla società di Oprah. Gli ex reali hanno tenuto a far sapere di non avere incassato un penny, solo la soddisfazione di veder planare su Buckingham Palace un Boeing di materiale organico. Lady Markle, ora incinta per la seconda volta, lo aveva preannunciato: «Non so come possano aspettarsi che restiamo in silenzio visto il ruolo attivo da parte della Ditta nel perpetuare falsità su di noi. Se c'è il rischio di perdere qualcosa, beh si è già perso molto». Quando lo dice - così avrebbe commentato PG Wodehouse - «ha uno sguardo che potrebbe aprire un'ostrica a 60 passi». La regista dell'operazione è lei, il marito si limita ad ammorbidire i toni quando sembrano più duri: «Il commento razzista non è da imputare né alla regina, né a Filippo». Oprah Winfrey domanda loro: «Avete lasciato il Paese a causa del razzismo?». Risposta di Harry: «In larga parte sì». Ma aggiunge che il Regno Unito non è intollerante, è la stampa tossica ad esserlo. «Se le fonti d'informazione sono corrotte o razziste, questo condiziona il resto della società». Ti pareva che la colpa non fosse dei giornalisti. La dichiarazione dadaista non aiuta perché lascia che tutta la corte sia pervasa di negatività. Harry sembra sempre quello vestito da feldmaresciallo del Reich a una festa o fotografato nudo in una vasca da bagno di Las Vegas, inconsapevole come la moglie (ma per lui è perfino peggio) del ruolo di membro di una casa reale millenaria, con tutti i privilegi e gli obblighi protocollari annessi e connessi. Nell'era dell'egualitarismo a prescindere l'errore sarebbe perdonabile nel tinello del tornitore Brambilla o nell'alcova del ragionier Esposito, non davanti ai corgi della regina Elisabetta. Lì dentro l'uno vale uno non è tenuto in considerazione neppure per i valletti; lì dentro comanda lei. Poi toccherà a William, poi ancora al piccolo George, quello che sui social definisce tutti «poracci». E se Betty decide che la nipote acquisita, pure ex modella, deve stare in seconda fila nella foto di gruppo, la nipote si deve accomodare dietro. Si chiama regno proprio per questo. La società liquida si ferma sulle scalette del Tamigi; non è un capriccio, è la grammatica istituzionale. Se non piace, ecco la sindrome di Diana.Meghan ha lanciato la bomba in platea e dalle parti di Piccadilly Circus si è scatenata la tempesta perfetta. «Il razzismo non può avere spazio in Gran Bretagna», ha commentato Vicky Ford, membro del governo tory di Boris Johnson, ma è la laburista Kate Green a cavalcare la polemica chiedendo che «si apra un'indagine sulle accuse angoscianti e scioccanti. Mi aspetto che siano trattate dal palazzo con la massima serietà e pienamente investigate». Charles Anson, portavoce di Buckingham Palace al tempo dello choc di Diana, è lapidario: «Nella casa reale non c'è neppure un filo di razzismo». Mentre le minoranze etniche sono in ebollizione e negli Usa alcune stelle di colore (Serena Williams in testa) e i leader del Black live matter sono pronti a cavalcare l'onda di piena, il Times si è schierato con la regina. Titolo: «I Sussex devono pagare il prezzo per avere bruciato i ponti». Il giornale arriva a chiedere che i due fuoriusciti vengano spoliati dei loro titoli reali, posizione dominante sulla rete anche per la velenosa vaghezza dell'accusa. Siamo ai materassi e vista l'ipersensibilità sul tema è possibile che Elisabetta sia costretta a prendere la parola per placare gli animi.Ora dovrà occuparsene. Lei che offriva il plaid a Meghan quando aveva freddo «perché con me la regina è sempre stata meravigliosa». Bella riconoscenza, verrebbe da dire. Le nipoti rampanti e le sceneggiate di corte sono il miglior terreno per quell'immortalità battuta di Karl Lagerfeld, lo stilista che fu amico di lady Diana e che diceva: «La famiglia reale inglese è del tutto inutile ma fa bene al turismo».