2021-09-29
Sfregio Inps ai familiari del caduto. «Niente soldi, era un volontario»
Matteo Vanzan in missione in Iraq (Ansa)
Lo Stato non concede la liquidazione ai parenti di Matteo Vanzan, soldato morto a 22 anni a Nassiriya. Per il suo inquadramento gli viene infatti negato il trattamento di fine servizio. Anche se fu un eroe.«Era soltanto un volontario». È questa la fredda, incomprensibile motivazione con cui lo Stato ha finora negato - e pare intenzionato a negare - il trattamento di fine servizio ai familiari di un militare vittima del terrorismo. Il caduto in questione è Matteo Vanzan, primo caporal maggiore dell'Esercito morto a 22 anni il 17 maggio del 2004, nel corso di un combattimento a Nassiriya. Com'è ovvio, il giovane, originario del Veneziano, non si trovava in Iraq per una vacanza. Era operativo nell'ambito dell'operazione Antica Babilonia, ed è stato colpito a morte mentre difendeva la base italiana «Libeccio» dall'assalto di un gruppo terroristico sciita legato a Muqtada al-Sadr.Una granata di mortaio gli aveva reciso gravemente un'arteria femorale e Vanzan poche ore dopo, presso l'ospedale militare italiano di Tallil, è spirato. Da eroe. Tanto è vero che il 7 aprile 2006 è stato insignito della Croce d'onore alla memoria, decretata dal presidente della Repubblica Ciampi e consegnata alla famiglia dal successore, Giorgio Napolitano. «Con il suo sacrificio», recitavano le solenni motivazioni dell'onorificenza, «ha contribuito in misura rilevante ad accrescere il prestigio dell'Italia e delle sue Forze Armate in ambito internazionale, tenendo alto l'ideale di pace e solidarietà fra i popoli». Non solo. Alla memoria di Vanzan, insignito pure della medaglia d'oro al valore dell'esercito, sono state inoltre intitolate: la base operativa del contingente italiano in Libano, una piazza di Campognara, il suo paese, un giardino pubblico di Padova e una sala del Consiglio regionale del Veneto. Non c'è insomma il minimo dubbio sulla statura eroica del giovane militare morto 17 anni or sono. Eppure, a distanza di tutto questo tempo, i suoi genitori, il padre Enzo Vanzan e la moglie Lucia, sono ancora in causa con lo Stato, precisamente con l'Inps. Il motivo? Per ottenere il trattamento di fine servizio del figlio, collegato ai due anni di stipendio e che, secondo la legge 3 agosto 2004, n. 206, spettano ai familiari delle vittime di terrorismo. Il che ha dell'incredibile, non solo perché - tanto più a fronte della morte di un servitore della patria - ci sarebbe stato da aspettarsi che l'erogazione del tfs - acronimo di trattamento di fine servizio, l'equivalente del tfr per i dipendenti pubblici statali - fosse automatica, ma perché lo Stato seguita tenacemente ad opporre il suo diniego alle richieste della famiglia.Quando infatti i genitori del caduto hanno avanzato la loro istanza all'Inps, si sono sentiti rispondere picche. Questo perché, argomenta l'Istituto di previdenza, «il militare, volontario in ferma breve all'epoca del decesso» non può «essere considerato titolare di un rapporto di impiego» e perciò non ha «titolo all'erogazione del tfs». Il fatto che si stia parlando di un eroe pluridecorato, a quanto pare, conta zero. Tutto ciò ha costretto la famiglia Vanzan, già distrutta dal dolore della perdita del figlio, ad adire le vie legali e, nonostante una pronuncia favorevole della Corte dei conti del Veneto - che aveva riconosciuto validi i requisiti - l'odissea giudiziaria dei poveri genitori non è ancora finita. Infatti, dato che l'Inps non si decide a provvedere, i parenti del caduto si sono rivolti al Tribunale amministrativo regionale per chiedere la condanna dell'ente. I giudici hanno però rilevato che «il ricorso potrebbe risultare inammissibile per difetto di giurisdizione», in quanto la competenza sarebbe del Tribunale ordinario.Morale, dopo oltre 17 anni trascorsi dalla sua morte, i genitori di Matteo Vanzan sono ancora costretti a vedersela tra avvocati e carte bollate per il trattamento di fine servizio del figlio. Questo perché lo stesso Stato che, da una parte, ha già ampiamente decorato come eroe il primo caporal maggiore dei Lagunari, dall'altra ricorre a deplorevoli cavilli pur di negare il dovuto ai familiari del medesimo, costringendo, in questo caso, un anziano pensionato a sostenere le spese dell'onorario al legale che sta seguendo il procedimento.Se non fosse una tristemente vera, quest'assurda vicenda avrebbe potuto benissimo ispirare la penna di Franz Kafka. Non resta allora che augurarsi una svolta in questa storia dove, a farla da padrone, tanto per cambiare, è il male che più ammorba il nostro Paese: la burocrazia. Ciò non toglie che, anche se tale svolta arrivasse domattina, il vergognoso iter giudiziario che la famiglia di Vanzan si è dovuta sobbarcare non potrebbe essere cancellato. Si tratta di una macchia che niente, neppure un lieto - benché assai tardivo - fine, potrebbe cancellare.«Sventurata la terra che non produce eroi», recita una celebre battuta dellaVita di Galileo di Bertolt Brecht. Figurarsi allora come dev'essere quella terra che pur producendoli, gli eroi, li onora a metà.