2020-05-30
Mattarella non può più nascondersi: tocca a lui sciogliere il Csm
«Quanto è avvenuto ha prodotto conseguenze gravemente negative per il prestigio e per l'autorevolezza non soltanto del Csm, ma anche per il prestigio e l'autorevolezza dell'intero ordine giudiziario, la cui credibilità e la cui capacità di riscuotere fiducia sono indispensabili al sistema costituzionale e alla vita della Repubblica». Chi lo ha detto? Sergio Mattarella, ma non la settimana scorsa, dopo che si è scoperto che un pm invitava a colpire Salvini «anche quando ha ragione», e nemmeno l'altro ieri, dopo aver letto sulla Verità che il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, un ex parlamentare del Pd, sollecitava prese di posizione delle toghe contro quello che all'epoca era il ministro dell'Interno. No, il capo dello Stato non ha pronunciato queste parole adesso, ma un anno fa, quando il caso Palamara travolse alcuni esponenti dell'organo di autogoverno dei giudici. A quei tempi il presidente della Repubblica espresse giudizi pesanti e parlò di «quadro sconcertante e inaccettabile». Agli occhi dell'uomo del Colle, quanto emerse dalle intercettazioni del telefonino dell'ex presidente dell'Anm era sconcertante e per questo sollecitò le dimissioni in blocco delle persone coinvolte, deciso a ristabilire il prestigio della categoria togata. «Il coacervo di manovre nascoste, di tentativi di screditare altri magistrati, di millantata influenza, di pretesa di orientare inchieste e condizionare gli eventi, di convinzione di poter manovrare il Csm, di indebita partecipazione di esponenti di un diverso potere dello Stato», disse Mattarella, «si manifesta in totale contrapposizione con i doveri basilari dell'ordine giudiziario e con quel che i cittadini si attendono dalla magistratura». Difficile non essere d'accordo con le argomentazioni sviluppate dal capo dello Stato nell'aula di Palazzo dei Marescialli a metà giugno dello scorso anno. E dunque impossibile non condividere anche l'invito a voltare pagina, per restituire al Csm e ai giudici credibilità. Peccato però che 12 mesi dopo si scopra come non si sia voltata pagina perché, dalle intercettazioni che in perfetta solitudine La Verità sta pubblicando, si capisce che l'intero sistema delle correnti della magistratura ha corroso l'autorevolezza «non soltanto del Csm» ma, per dirla con le parole del presidente della Repubblica, «anche il prestigio e l'autorevolezza dell'intero ordine giudiziario». Come si fa infatti a chiudere gli occhi di fronte a magistrati che concordano sul fatto che, anche se infondata, l'inchiesta per sequestro di persona contro il segretario della Lega debba andare avanti in quanto lo si deve attaccare? Come si può fingere di non aver letto le dichiarazioni in cui Giovanni Legnini, cioè l'allora vice di Mattarella, sollecita i capi delle correnti della magistratura affinché emettano un comunicato e si discuta delle dichiarazioni di Salvini in una seduta plenaria del Csm? E come ignorare le perplessità degli stessi esponenti delle correnti togate quando, a seguito della richiesta di Giovanni Legnini, ovvero dell'uomo che in quel momento vicepresiede il Csm, si chiedono se quegli inviti a emettere comunicati sul «caso Salvini» non siano l'avvio della campagna elettorale dello stesso Legnini che intende candidarsi a governatore dell'Abruzzo per il Pd? Il coacervo di interessi politici, manovre clientelari, pressioni personali e richieste volgari non è stato archiviato con l'uscita di scena di alcuni esponenti del Csm, come si voluto credere un anno fa, perché il «miserabile mercimonio di pratiche correntizie», «l'indegno tradimento» del patrimonio di «coraggio e fiducia» dei magistrati caduti per mano del terrorismo (le parole sono di David Ermini, altro parlamentare del Pd eletto al posto di Legnini con l'accordo delle correnti e del Pd) continua. Perché la spartizione è propria delle associazioni che compongono l'Anm. Eh, sì. Le correnti di destra, di centro e di sinistra non favoriscono la nomina dei migliori ai vertici degli uffici giudiziari, ma dei loro militanti. E da organizzazioni sindacali e di pressione quali sono, si muovono con metodi politici, attaccando - se del caso - anche un ministro dell'Interno o un leader politico ritenuto nemico.È inutile ruotare attorno alla questione di fondo. Il Csm, così com'è, non potrà mai funzionare e non potrà mai garantire di essere un organo indipendente e autonomo, ma solo uno strumento nelle mani dei gruppi. Del resto, lo stesso ministro della Giustizia e le forze politiche, dopo la pubblicazione delle intercettazioni sulla Verità, hanno parlato di riformarlo, riconoscendo implicitamente la delegittimazione dell'attuale parlamentino dei giudici. La logica vorrebbe che quindi lo si facesse prima possibile, proprio per restituire «autorevolezza e prestigio» non solo all'organismo costituzionale, ma anche all'ordine giudiziario. Al capo dello Stato basterebbe una parola per ottenere le immediate dimissioni del parlamentino dei giudici e il suo intervento non sarebbe una forzatura perché, come ha spiegato qualche giorno fa Michele Vietti, che del Csm fu vicepresidente, il consiglio può essere sciolto non solo quando non funziona, ma anche quando funziona male: «E onestamente si fa fatica nel dire che il Csm in queste condizioni funzioni bene». Sì, se vuole rispettare le parole che pronunciò un anno fa, oggi Mattarella non può dire, come ha fatto ieri con un comunicato, di non avere il potere di mandare tutti a casa. No, non può nemmeno far finta che nulla sia accaduto, ignorando l'attacco al capo dell'opposizione. La decisione è nelle sue mani e non è «discrezionale».
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson