2021-09-12
Mattarella ricorda l’11 settembre ma dimentica una parola: «islam»
Nella sua dichiarazione per l'11 settembre il presidente non va oltre il «fanatismo vile e cieco» e la «barbara aggressione». Ma chi ne fu responsabile? E i «brutali attacchi in tanti Paesi» che matrice avevano? Parlare di fondamentalismo non è vietatoUn grande classico di Barack Obama, nei suoi lunghi otto anni di presidenza, era quello di non pronunciare mai - insieme - le tre parole «radical islamic terrorism». Così il terrorismo jihadista veniva sempre condannato dall'ex presidente Usa con pomposa e non di rado efficace retorica: ma, per così dire, lasciandolo orfano, omettendo di indicarne esplicitamente la paternità e le origini, (in nome di un misto tra ipocrisia e autocensura. Purtroppo la stessa scelta è stata compiuta ieri dal presidente Sergio Mattarella nella sua dichiarazione ufficiale in occasione dei vent'anni dell'11 settembre: e la nota del Quirinale, in questo caso, era di particolare rilievo, e non a caso risulta tradotta anche in lingua inglese sul sito della presidenza della Repubblica. Eppure, anche dotandosi di una potente lente di ingrandimento o di un microscopio ad alta precisione, il lettore non troverà mai l'aggettivo «islamista» o «islamico» accanto ai sostantivi «terrorismo» e «terrore». Sergio Mattarella esordisce porgendo le sue condoglianze: «In occasione del ventesimo anniversario dell'attacco terroristico dell'11 settembre 2001, desidero anzitutto esprimere la vicinanza del popolo italiano alle famiglie delle vittime di quel feroce attentato e a tutto il popolo degli Stati Uniti, nel segno della profonda e storica amicizia che lega i nostri due Paesi. Rivolgo un pensiero particolare ai connazionali e alle persone di origine italiana che persero la vita in quella dolorosa circostanza, vite spezzate da un fanatismo vile e cieco che colpì uomini e donne innocenti». E già qui un'occasione per inserire un passaggio di condanna dell'islamismo fondamentalista c'era, volendo: chi fu responsabile di quel «fanatismo vile e cieco»? Prosegue il capo dello Stato: «Quella tragedia ci ha uniti nel segno del dolore. La memoria della barbara aggressione di vent'anni or sono ci spinge con sempre maggiore vigore a proteggere quella cornice comune di valori che risponde ai princìpi di libertà e pacifica convivenza tra popoli». Anche in questo paragrafo, nessuna menzione. Ed è un peccato, perché accanto a «barbara aggressione» un'altra parolina poteva forse trovare posto. Nel terzo paragrafo, assai opportunamente, Mattarella evoca l'attualità di Kabul: «La drammatica vicenda afgana che ne è seguita, sino al recente gravissimo attentato presso l'aeroporto di Kabul, ultimo di una sequela di brutali attacchi terroristici susseguitisi negli anni in tanti Paesi, conferma quanto sia impervia la strada della affermazione dei diritti dell'uomo. Libertà, democrazia, pace e sicurezza sono valori indivisibili che non possono mai essere considerati acquisiti, bensì devono essere preservati e alimentati dalla comunità internazionale». E anche qui c'è da rimanere a dir poco stupiti dalle omissioni, o - diciamolo rispettosamente - dalle cose rimaste sottintese: la «vicenda afgana che ne è seguita» non è stata forse «drammatica» proprio perché generata dal terrore islamista? E il «gravissimo attentato presso l'aeroporto di Kabul» chi l'ha concepito e realizzato? E i 53 italiani morti in missione in Afghanistan come mai hanno perso la vita? E i «brutali attacchi terroristici in tanti Paesi» che matrice avevano?Comunque, il presidente Mattarella garantisce che «l'impegno dell'Italia in questo ambito non verrà mai meno, a partire dal contributo alla definizione di una cornice di sicurezza che sappia sconfiggere il terrorismo e i suoi inganni». Anche qui, però, si parla genericamente di «terrorismo», senza aggettivi né specificazioni. Non resta che sperare nelle conclusioni, ma anche lì la parola «islamista» o «islamico» non trova purtroppo posto. Dice il capo dello Stato: «L'Italia è solidale con gli Stati Uniti e gli altri alleati per fronteggiare ogni minaccia terroristica, spegnere i focolai di guerra che le fortificano e per rafforzare un ordine mondiale incentrato sul diritto, sulla giustizia sociale ed economica, attraverso la cooperazione, il dialogo multilaterale, nella profonda convinzione che tale impegno consentirà di affrontare le nuove decisive sfide che si profilano sullo scenario globale per lasciare un futuro migliore alle nuove generazioni».Ed è altre due volte un gran peccato. Sia per quell'«ogni» messo accanto alla «minaccia terroristica»: ma l'11 settembre non fu causato da una qualsiasi delle tante potenziali «minacce», bensì da ben precisi mandanti ed esecutori islamisti. Sia per il riferimento ai «focolai di guerra» che «fortificano» le minacce, dando quasi l'impressione (speriamo ovviamente non sia così) di invertire cause ed effetti, in una logica perfino di autocolpevolizzazione dell'Occidente.Resta un senso di scoramento e sconcerto: se nemmeno in occasione del ventennale dell'11 settembre si riesce a chiamare con il suo nome chi fu responsabile di quell'inferno, a cosa sono serviti questi vent'anni?