2023-07-29
        Così Mattarella prova a bloccare la commissione d’inchiesta Covid
    
 
        Sergio Mattarella (Imagoeconomica)
    
Da tempo dal Colle piovevano invano richieste di modifica della legge che istituisce l’organismo parlamentare. Ora l’intervento all’ultimo minuto obbliga a modificare il testo. Con il conseguente ritardo nell’avvio dei lavori.La tirata d’orecchi del Colle alla commissione d’inchiesta Covid, che voleva verificare la costituzionalità delle norme approvate in pandemia, è arrivata dopo giorni di pressioni sulla maggioranza. Il Quirinale, infatti, si era molto esposto in favore di obblighi e divieti. Ora, il testo istitutivo dell’organismo andrà modificato. E i lavori partiranno con mesi di ritardo. La frase, per gli standard quirinalizi, non è stata nemmeno troppo felpata. «Iniziative di inchieste con cui si intende sovrapporre l’attività del Parlamento ai giudizi della magistratura si collocano al di fuori del recinto della Costituzione e non possono essere praticate. Non esiste un contropotere giudiziario del Parlamento, usato parallelamente o, peggio, in conflitto con l’azione della magistratura». Che Sergio Mattarella si riferisse alla costituenda commissione di inchiesta sulla pandemia da Covid-19 è risultato da subito evidente a tutti. Come noto, la norma che istituisce la commissione è stata approvata in prima lettura alla Camera lo scorso 6 luglio e si appresta ad approdare al Senato, più o meno nei tempi previsti (e annunciati) dalla maggioranza, che voleva concludere la pratica entro l’estate. L’intervento quirinalizio, tuttavia, cambia l’intero scenario. Il presidente, giovedì, ci ha tenuto a ribadire che «non sono le Camere a poter verificare, valutare, giudicare se norme di legge che il Parlamento stesso ha approvato, siano o meno conformi a Costituzione perché questo compito è riservato dall’articolo 134 in maniera esclusiva alla Corte costituzionale. Non può esistere una giustizia costituzionale politica». A che cosa si riferiva, nello specifico? Con tutta probabilità, ad alcuni commi contenuti nell’articolo 3 della legge che istituisce la commissione. L’organismo di inchiesta, infatti, è chiamato a «verificare e valutare le misure di contenimento adottate dal governo nelle fasi iniziali e successive della pandemia, individuando eventuali obblighi e restrizioni carenti di giustificazione in base ai criteri della ragionevolezza, della proporzionalità e dell’efficacia, contraddittori o contrastanti con i princìpi costituzionali e valutando se tali misure fossero fornite di adeguato fondamento scientifico, anche eventualmente attraverso la valutazione comparativa con la condotta seguita da altri Stati europei e con i risultati da essi conseguiti; verificare e valutare il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali costituzionalmente garantite nell’adozione e applicazione delle misure di contenimento adottate dal Governo nelle fasi iniziali e successive della pandemia». Infine, la commissione dovrebbe «verificare e valutare la legittimità della dichiarazione dello stato di emergenza e delle relative proroghe nonché dell’utilizzo dello strumento della decretazione d’urgenza». Ebbene, le frasi di Mattarella sembrano perfettamente misurate su questi passaggi. Constatato ciò, la domanda che viene da porsi è piuttosto scontata: per quale motivo il Quirinale non ha comunicato il suo disappunto in fase di lettura inziale della norma, cioè prima che questa fosse approvata alla Camera? Qui può venirci in aiuto una piccola ricostruzione dei movimenti sotterranei più recenti. Sono settimane che dal Colle arrivano pressioni sulla commissione Covid, una iniziativa che con tutta evidenza non è gradita. Comprensibile benché spiacevole: il Quirinale si è molto esposto durante la pandemia, non solo firmando la decretazione di urgenza, ma anche tramite dichiarazioni piuttosto pesanti (ad esempio il discutibile invito a non utilizzare la libertà come scusa per non vaccinarsi). In realtà lo stesso Mattarella, parlando ai parenti delle vittime di Bergamo nel primo anniversario della calata del virus, aveva sollecitato attente indagini e approfondimenti sull’accaduto. Poi deve aver cambiato idea... Comunque sia, negli ultimi tempi, tramite gli ambienti della maggioranza più vicini al Colle, sono arrivate richieste di modifiche sostanziali al testo istitutivo della commissione. Il centrodestra, tuttavia, ha tenuto il punto, anche perché - se fossero state recepite tutte le osservazioni - l’intera indagine sarebbe stata depotenziata notevolmente. Su un punto, tuttavia, i promotori dell’inchiesta sarebbero stati disponibili ad accogliere i rilievi, e segnatamente sui passaggi riguardanti la legittimità costituzionale dell’emergenza. Del resto il centrodestra non ha mai pensato di sostituirsi alla Corte costituzionale o ai giudici: ciò che aveva in mente era piuttosto una verifica politica dell’operato dei precedenti governi. Vero: ad avanzare la pregiudiziale di costituzionalità sulla commissione ci aveva già pensato l’opposizione mesi fa, ma la maggioranza aveva fatto muro. Alla fine di maggio, con 103 voti a favore e 172 contrari la Camera ha respinto la pregiudiziale di costituzionalità presentata dal Movimento 5 stelle e con 107 favorevoli e 173 contrari quella di merito proposta dal Pd sull’istituzione della commissione parlamentare. Nulla di strano: accade spesso che le opposizioni presentino pregiudiziali, e altrettanto spesso la maggioranza le respinge. Dove sta il problema allora? Nei tempi. I rilievi del Colle sono giunti dopo l’azione dell’opposizione, e pure dopo che la legge istitutiva è passata alla Camera. Se fossero arrivati in un momento precedente, i passaggi nel mirino sarebbero stati probabilmente modificati prima del voto, e oggi la legge potrebbe procedere spedita al Senato. Ma le cose sono andate diversamente, e le conseguenze non sono irrilevanti. Parlando in pubblico giovedì, Mattarella ha mandato un messaggio abbastanza chiaro. Ha esplicitato che la norma, così com’è, potrebbe essere respinta dal Colle. Ergo, per farla passare, i punti contestati dovranno essere cambiati al Senato. La conferma l’ha data ieri Galeazzo Bignami, viceministro di Fdi: «Quelle di Mattarella», ha detto, «sono parole preziose che ci consentono di evitare qualsiasi situazione di non conformità. Riteniamo giusto procedere a precisare il punto al Senato e licenziare così il testo per un limitato riesame della Camera». Una volta modificato anche solo leggermente il contenuto, in effetti, il testo dovrà tornare a Montecitorio per la terza lettura. Tradotto: i tempi di approvazione si allungheranno notevolmente e la composizione definitiva della commissione sarà rimandata all’autunno. Non è tutto. L’uscita quirinalizia fornisce, nei fatti, una copertura politica alla battaglia di Pd e 5 stelle contro l’indagine. L’opposizione non ha perso un istante: «Ci riserviamo qualsiasi reazione», ha detto Giuseppe Conte, interpellato a caldo dall’Huffington Post giovedì sera. Poi ha aggiunto: «Le dichiarazioni di Mattarella certificano che il Parlamento non può sovrapporsi alla magistratura e pensare di scrivere inchieste giudiziarie. Noi lo abbiamo detto con chiarezza in aula e in commissione». Roberto Speranza è subito corso ad applaudire. In un batter d’occhio, la frittata è fatta. I lavori della commissione verranno rallentati, Conte e Speranza hanno trovato una sponda autorevole, e il percorso per la ricerca della verità (per lo meno quella istituzionale) sul Covid si fa ancora più accidentato. Un trappolone politico che, da sola, la sinistra non sarebbe mai stata capace di realizzare.
        Alberto Stefani (Imagoeconomica)
    
        
    (Arma dei Carabinieri)
    
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina. 
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi.  Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo. 
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