2025-10-09
«La sua banda mi ha rovinato. Vergogna la Salis impunita»
Ilaria Salis e László Dudog (in foto piccola) Ansa
Parla il militante di destra aggredito a Budapest insieme alla sua fidanzata dalla «banda del martello»: «Ci hanno assaltato in otto, colpendoci alle spalle. A distanza di anni mi fanno ancora male tutte le ossa».Le defezioni maggiori nelle rappresentanze degli altri Paesi. Forza Italia si difende. Tra le file della Lega manca il voto di Patriciello, ex azzurro, che quel giorno era malato.Lo speciale contiene due articoli.László Dudog è una delle vittime ungheresi della «banda del martello», l’organizzazione antifa che gira per l’Europa dando la caccia ai fascisti o presunti tali. Il gruppo, nato a Dresda, quella che prima della caduta del muro era la Germania Est, ha iniziato a compiere i primi raid nel 2018. A guidarla Lina Engel, arrestata il 5 novembre del 2020 e condannata a cinque anni e tre mesi di carcere per numerose aggressioni contro attivisti di destra. Nonostante l’arresto della sua leader, la «banda del martello», che prende il nome dall’arma che predilige usare, ha continuato ad agire, spesso indisturbata.Tra le sue vittime, anche Dudog. È suo il volto massacrato che viene mostrato quando si parla della «banda» e del caso Ilaria Salis, accusata dalle autorità ungheresi di aver partecipato ai raid, sempre del 10 febbraio, contro Zoltan Toth, Robert Fischer e Sabine Brinckmann. László, che non fa mistero del suo credo politico (suona anche in un gruppo di skinhead), viene attaccato il 10 febbraio del 2023 mentre si trova a Budapest, dopo che ha partecipato al Giorno dell’onore per commemorare i soldati ungheresi e tedeschi caduti durante la Seconda guerra mondiale. Quando viene aggredito, László sta tornando a casa insieme alla sua ragazza, colpita alle gambe probabilmente con un punteruolo. In un attimo la «banda» gli è addosso. Sono 30 secondi infernali. Botte, soprattutto alla testa. Gli spaccano la mascella e ha ematomi ovunque. Viene ricoperto di spray urticante. In pochi istanti perde conoscenza e il dolore per quelle ferite lo accompagna ancora oggi, come racconta alla Verità: «Ci hanno attaccato alle spalle in otto e, mentre la mia ragazza era a terra, le hanno gettato addosso anche una sorta di liquido infiammabile».László viene colpito alla testa con un manganello retrattile, la «vipera», come viene chiamato in Ungheria. Lo stesso modello che verrà trovato l’11 febbraio, il giorno dopo l’aggressione a Dudog, sul taxi su cui si trovava la Salis. «Vipera», come il titolo del libro scritto dall’europarlamentare di Avs. Dopo i primi colpi, l’attivista di ultradestra crolla. La gente attorno a lui è sgomenta di fronte al raid. Parleranno solo davanti alle autorità per raccontare l’accaduto e per spiegare a László cosa è successo. «Le ferite» - prosegue il suo racconto alla Verità - «mi hanno accompagnato per mesi. Mi hanno disintegrato lo zigomo e ancora oggi, a distanza di un anno e mezzo, non riesco a sentire il lato sinistro del volto».Il caso Salis è ovviamente caldo in Ungheria e, ancor di più, per Dudog, rimasto esterrefatto di fronte alla decisione dell’Eurocamera nei confronti della parlamentare italiana di sinistra: «Purtroppo è piuttosto triste che le persone possano nascondersi dietro l’immunità parlamentare. Commettono atti molto gravi e si affrettano a ottenere l’immunità», commenta László che, però, è deciso a dare battaglia per avere quella giustizia che, dice, gli è stata negata: «farò qualcosa e mi precipiterò al Parlamento europeo. Non sono d’accordo con questa decisione».Quando gli chiediamo cosa pensa della Salis, che ha parlato di vittoria dell’antifascismo, Dudog risponde in modo secco: «Non ho parole». Teme che questo caso non arriverà mai realmente a una fine e, sostiene, non verrà mai fatta giustizia. «A dire il vero, purtroppo non credo che gli antifa che hanno aggredito me, la mia ragazza e le altre persone in Ungheria riceveranno una punizione severa. Ritengo che il mio caso, e anche quello degli altri, dovrebbe essere considerato come tentato omicidio». Così però ora non è. Anche se László - e non poteva essere diversamente - ha un pensiero chiaro sugli antifa: «Vogliono imporci la loro ideologia di sinistra. Agli antifascisti non sarà permesso di scatenarsi per le strade di Budapest. Non hanno nulla a che fare con il nostro Paese. Non possono picchiare qualcuno per via del suo abbigliamento solamente perché è di destra. C’è un bel detto: non si scherza con gli ungheresi, altrimenti ve ne pentirete».(Ha collaborato Paolo Di Carlo)<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/massacrato-dagli-amici-della-salis-2674166830.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="si-cercano-ancora-i-franchi-tiratori" data-post-id="2674166830" data-published-at="1759956035" data-use-pagination="False"> Si cercano ancora i franchi tiratori Sono passate poche ore dal voto del Parlamento europeo che ha salvato Ilaria Salis, confermandole l’immunità parlamentare nonostante i gravissimi fatti di cui è accusata siano stati commessi prima dell’inizio del suo mandato. Ma a Strasburgo la vicenda è già acqua passata: l’eurocamera oggi voterà due mozioni di sfiducia, le ennesime, contro Ursula von der Leyen, e sta derubricando il voto di martedì a suffragio anti Orbàn, come ha dichiarato a Repubblica l’eurodeputato popolare tedesco Andreas Schwab («il leader ungherese non poteva vincere»). Era in effetti opinione diffusa, e trasversale nei gruppi politici, che le condizioni dello stato di diritto in Ungheria non avrebbero garantito un processo corretto. A nulla sono valse, però, le precisazioni dell’europarlamentare di Forza Italia Massimiliano Salini, che alla Verità ha spiegato che l’argomentazione anti Orbàn tecnicamente non avrebbe dovuto sussistere: «Il tema dello stato di diritto non può essere oggetto di contestazione: il regolamento dell’Europarlamento vieta esplicitamente di esprimere valutazioni sullo stato di diritto del Paese giudicante, quindi il tema non è essere garantisti o no - noi siamo a favore dell’istituto dell’immunità parlamentare - ma rispettare le regole. Per verificare la condizione dello stato di diritto di un Paese c’è una procedura molto articolata e non bastano pochi membri della commissione giuridica per decidere chi rispetta o no quelle regole. Quindi alla luce di quel regolamento - ha concluso Salini - in Ungheria come in Italia, come in Olanda, lo stato di diritto è garantito». I calcoli fatti dopo il salvataggio (a scrutinio segreto) di Salis confermano che le defezioni sarebbero arrivate dagli stranieri più che dagli italiani: 15 dai banchi dei popolari tedeschi che non volevano votare insieme con AfD, 10 dai rumeni, altre dalla Polonia, che nel Ppe ha ben 23 eurodeputati, e dall’Ungheria, dove i 7 eurodeputati popolari sono avversari del premier ungherese Viktor Orbàn e gli avrebbero di conseguenza votato contro. Se dunque Forza Italia, insieme con Lega e Fratelli d’Italia, ha votato contro l’immunità di Salis, il dibattito su chi, nel centrodestra italiano, abbia fatto mancare i voti resta confinato al gossip politico romano: dai banchi del partito di Antonio Tajani, velate accuse sono state rivolte alla Lega, dato che Salis ce l’ha fatta per il rotto della cuffia, un solo voto di scarto, e dal partito di Matteo Salvini è mancato proprio un voto, quello di Aldo Patriciello, ex Forza Italia che in realtà non è uno stakanovista dell’aula di Strasburgo e stavolta, dicono i colleghi, era malato. Dall’altra parte, c’è chi insiste su Forza Italia, ricordando ad esempio che a breve sarà in calendario a Strasburgo il voto sull’immunità di due europarlamentari italiani di Forza Italia che siedono nei banchi del Ppe, Salvatore De Meo e Fulvio Martusciello, capodelegazione di Forza Italia al Parlamento europeo e fedelissimo di Tajani: i due, insieme con altri tre colleghi stranieri, sono stati denunciati per lo scandalo di corruzione Huawei dalla giustizia belga, che ha chiesto la revoca della loro immunità parlamentare; nei corridoi romani si vocifera che ci sarebbe stato uno «scambio di cortesie». All’interno della stessa delegazione di Forza Italia, però, Letizia Moratti è stata molto chiara: «Si è trasmesso il messaggio che chi entra nelle istituzioni può godere di una protezione automatica. L’immunità non può e non deve diventare uno scudo retroattivo». Anche per Flavio Tosi la conferma dell’immunità è «inconcepibile»: «Uno scandalo politico e un obbrobrio anche giuridico, Salis doveva essere processata».
Francesca Albanese (Ansa)
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa del 9 ottobre con Carlo Cambi
Carlo Fidanza (Totaleu)
Lo ha detto il capodelegazione di Fratelli d'Italia Carlo Fidanza in un'intervista a margine della sessione plenaria del Parlamento europeo di Strasburgo.