2025-06-25
Masochista sull’Ucraina, irrilevante in Medio Oriente. L’Ue colleziona un altro flop
Dopo il bellicismo autolesionista a Est, Bruxelles non tocca palla sull’Iran. La Meloni ha ragione: non è colpa dei nazionalismi, bensì del mostro burocratico che è l’Unione.«Chi devo chiamare se voglio parlare con l’Europa?». Henry Kissinger non era sicuro di averlo chiesto davvero, ma la frase degli anni Settanta, che da sempre gli viene attribuita, descrive ancora alla perfezione l’evanescenza dell’Europa sullo scacchiere. Masochista, quasi suicida sull’Ucraina, l’Unione è stata spettatrice inerme delle vicende mediorientali. Gli Stati membri contano poco insieme e non sono fortissimi nemmeno presi singolarmente: basti dire che l’unica cancelleria del Vecchio continente che Donald Trump aveva informato, prima dell’attacco a Fordow, è stata quella britannica. Fuori dall’Ue. In ogni caso, come ha sottolineato ieri Giorgia Meloni in Senato, attribuire le colpe dell’irrilevanza europea ai nazionalismi è semplicistico.Lo ha fatto tante volte Sergio Mattarella. Ed è la tesi alla base dell’intervento in Aula di Mario Monti, il quale ha biasimato il mutismo di Roma e di molte altre capitali dinanzi al conflitto tra Iran e Israele, «per paura e per la speranza che, non urtando i responsabili di vertice degli Usa, si potesse ottenere qualche vantaggio». Fu così che i sostenitori dell’integrazione politica europea, tanto atlantisti da inseguire la dottrina autolesionista dell’escalation «controllata» di Joe Biden contro la Russia, riscoprirono l’autonomia strategica da Washington. Chiedendo di costituire, sia pure «non in senso antagonista nei confronti degli Usa, un’alleanza di democrazie liberali». L’ex presidente del Consiglio, in fondo, si era già espresso chiaramente: gli Stati Uniti di Trump sono un’autocrazia. In pratica Monti, per antipatia verso il tycoon, si è rimangiato il dogma dell’allargamento dell’Unione, invocando un club ristretto che superi il requisito delle decisioni all’unanimità e tagli fuori i ribelli sovranisti di Ungheria e Slovacchia. Un affare per Francia e Germania; per noi, un po’ meno.«Penso che l’Europa si sia indebolita abbastanza da sola»: la Meloni, con le sue parole, ha colto nel segno. «Penso che si sia indebolita grazie a quelli che pensavano che l’Europa dovesse essere un super Stato burocratico che controllava qualsiasi cosa e limitava la possibilità degli Stati nazionali di esprimersi. E questo non ha avvicinato, ha allontanato i cittadini dal sistema europeo». L’espediente del circoletto chiuso aggraverebbe il problema, dando solo l’illusione di una accresciuta risolutezza. Semplicemente, i membri del sodalizio sarebbero la foglia di fico dei tornaconti di Parigi e Berlino. A conferma che una autentica volontà politica non la possono esprimere 27 Paesi, figli di una storia diversa e portatori di interessi a volte persino contrapposti. È troppo facile prendersela con gli «egoismi» nazionali, anziché riconoscere che l’Unione è di per sé schiacciata in una tenaglia. Da un lato, essendo nata su presupposti tecnocratici, economici, ragionieristici, era nella sua natura essere impolitica. E pertanto condannata all’afasia sulle questioni eminentemente politiche, quali sono la guerra e le relazioni internazionali. Dall’altro lato, quando tenta di rimediare al suo peccato originale, l’Ue non può che trasformarsi nel grimaldello in mano alle potenze più influenti.«L’Europa accoglie con favore l’annuncio di un cessate il fuoco» in Medio Oriente, giubilava ieri la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Chissà se ha riflettuto sul fatto che la comunicazione «del presidente Trump», appunto, era del presidente Trump e basta. Volata sopra la testa degli europei. Per effetto della vicinanza dei tedeschi a Gerusalemme, Bruxelles non era stata capace nemmeno di perseguire fino in fondo la condanna della reazione sproporzionata di Israele a Gaza: lo sanzionerei, aveva dichiarato una settimana fa l’euroministro degli Esteri, Kaja Kallas, però «rappresento 27 Stati membri […] e serve l’unanimità». Torniamo al discorso di prima: a impoliticità e divergenze si dovrebbe sopperire imponendo la volontà del più forte?Se sull’Iran Ursula e compagnia non hanno toccato palla, è su Kiev che hanno raschiato il fondo del barile. Spacciando l’ebbrezza bellicista per un risveglio culturale, l’Ue ha alimentato con soldi e cannoni una guerra logorante e inconcludente. Nel 2014, quando Victoria Nuland, funzionaria dell’amministrazione Obama, in concomitanza con il golpe di piazza Maidan a Kiev, invitava l’Ue a «fottersi», così come nel 2022, quando eravamo chiamati a scegliere «la pace o il condizionatore», non c’erano Mario Monti ed Elly Schlein a domandarsi se la subalternità agli Usa ci convenisse. Sganciandoci dagli approvvigionamenti energetici russi a buon mercato, abbiamo esposto le nostre economie a uno choc micidiale. Oggi non siamo nelle condizioni di elaborare un’iniziativa diplomatica. E per occultare il fallimento, i «volenterosi» minano i faticosi tentativi di Trump di stanare Vladimir Putin e costringerlo a trattare. Ciò che ci resta è una dissennata corsa agli armamenti, che minaccia di assestare il colpo di grazia al welfare già picconato dall’austerità, in nome di una presunta imminente aggressione russa.Magari il numero dell’Europa si troverà pure. Ma al telefono risponde Tafazzi.
Sandro Mazzola (Getty Images)
Una foto di scena del fantasy «Snowpiercer» con Chris Evans e Tilda Swinton firmato dal coreano Bong Joon. Nel riquadro una tavola del fumetto