2021-06-05
Giustizia, la riforma che non riforma
Marta Cartabia (Getty Images)
Il ministro Cartabia presenta la (deludente) proposta di riorganizzazione del settore Consiglio superiore, sempre ostaggio delle correnti e no alla separazione delle carriere.La cruciale riforma dell'ordinamento giudiziario, che ieri il ministro della Giustizia Marta Cartabia ha presentato ai rappresentanti della maggioranza, non è per nulla cruciale. Anche se il Guardasigilli ha confermato che «questa parte delle riforme è improcrastinabile e la più urgente», è evidente che il suo progetto tende soprattutto - com'era prevedibile - a evitare le negatività: quelle manettare del Movimento 5 stelle e dell'ala giustizialista del Partito democratico, e quelle garantiste di Forza Italia e di Azione. Così, mentre sulle deludenti novità ora parte il dibattito, la Lega ha qualche motivo in più per correre sulla strada dei sei referendum sulla giustizia, impostati tecnicamente dai radicali e presentati in Cassazione lo scorso giovedì. La proposta Cartabia, partorita in un mese dalla commissione guidata dal costituzionalista Massimo Luciani, non prevede nessuna delle drastiche riforme di cui s'era parlato negli ultimi tempi allo scopo - fondamentale - di sottrarre il Consiglio superiore della magistratura al gioco spartitorio delle correnti delle toghe. Si era discusso, per esempio, di un nuovo sistema elettorale basato sul sorteggio: una «tagliola» anticorrenti che piaceva al centrodestra. L'ipotesi di riforma della commissione Luciani, invece, prevede il «voto singolo trasferibile». È un sistema a dir poco contorto: il magistrato elettore non voterebbe più i candidati elencati nella lista di una corrente, ma sarebbe libero di scegliere tra i nomi di più liste; e potrebbe anche esprimere più preferenze, in ordine di gradimento, ma i suoi voti avrebbero un peso decrescente che poi verrebbe sommato in un complesso calcolo finale. È evidente che questo sistema (già proposto nel 1996 dalla commissione di riforma del Csm presieduta dal penalista Enzo Balboni, ma non gradito dall'allora Guardasigilli Giovanni Maria Flick) non garantisce affatto di contrastare il correntismo. Edmondo Bruti Liberati, che oltre a essere stato procuratore di Milano per Magistratura democratica è stato anche presidente dell'Associazione nazionale magistrati, e quindi di correnti s'intende parecchio, avverte che il «voto singolo trasferibile» potrebbe produrre anche «un risultato opposto a quello voluto: anziché eliminare le correnti, potrebbe crearne altre».Il ministro Cartabia ipotizza poi che il Csm venga rinnovato da elezioni parziali ogni due anni, in modo da cambiare ogni volta la metà del suo plenum. A più di 24 mesi dallo scandalo delle chat dell'ex magistrato Luca Palamara, che hanno fatto emergere l'indecorosa spartizione correntizia delle nomine, la Cartabia vorrebbe soprattutto imporre criteri più stringenti per le promozioni ai vertici degli uffici giudiziari, con l'obiettivo di limitare la discrezionalità del Csm. Il ministro vorrebbe anche vietare le nomine «a pacchetto», un sistema che da sempre agevola gli scambi di favore tra le correnti. Vorrebbe poi che la valutazione periodica dei magistrati tenesse conto anche della verifica dei loro successi e insuccessi giudiziari.Quanto al blocco delle «porte girevoli» tra magistratura e vita politica, che fino a ieri pareva un risultato a portata di mano, la Cartabia è molto più generosa: nessun divieto. Il magistrato che vorrà entrare in politica potrà infatti riprendere tranquillamente a esercitare le funzioni giudiziarie: gli basterà cambiare regione. Infine, non è stata accolta la richiesta del centrodestra nemmeno per quanto riguarda la separazione delle carriere: tutt'al più verrebbe ridotto a due il numero massimo di passaggi dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti, che oggi è fissato a un massimo di quattro.