2024-04-08
Caro Marino, ma non dovevamo vederci più?
Ignazio Marino (Imagoeconomica)
Caro Ignazio Marino, le scrivo questa cartolina perché siamo tutti preoccupati per il suo polpaccio. Quando tornò negli Stati Uniti per fare il medico, dopo la sua disastrosa esperienza da sindaco di Roma, disse a una sua amica suora: «Se mi viene di nuovo in mente di candidarmi, sparami al polpaccio».Ecco: stiamo aspettando il colpo. L’altro giorno, infatti, lei ha annunciato la sua candidatura al Parlamento europeo nelle liste rossoverdi di Bonelli&Fratoianni. Il suo polpaccio non sarà contento, il Parlamento europeo ancor meno. Ripensando alle sue ultime esperienze nei palazzi delle istituzioni, sarebbe come se Attila si candidasse a curare il giardino di Versailles.Come non ricordare? Lasciò la politica e l’Italia nell’ottobre 2015, dopo tre anni passati ingloriosamente fra polemiche sulla Panda rossa e multe non pagate (ingiusto! Ingiusto!), polemiche sulle cene personali saldate con la carta di credito del Comune (ingiusto! Ingiusto!) mentre Roma si riempiva di immondizia tanto da finire in prima pagina sul New York Times, i Casamonica celebravano funerali da padrino con lanci di petali di rosa in spregio a ogni regola, i vigili disertavano in massa per il Capodanno e l’inchiesta Mafia Capitale travolgeva la città. Lei, nel frattempo, per distrarsi, trovava ogni occasione per volare lontano: ora in vacanza ai Caraibi, ora a Filadelfia all’incontro del Papa con le famiglie cattoliche. «Sono stato invitato dal Vaticano», disse. «Mai invitato il sindaco Marino», smentì il Papa. Insomma si era imbucato. E la sua figuraccia fece il giro del mondo.Medico di fama, chirurgo vascolare, luminare dei trapianti, esperienze in tutto il mondo, da Cambridge a Pittsburgh a Filadelfia, nel 2006 (chissà perché) ha mollato la ribalta internazionale per ridursi al piccolo palcoscenico della politica nostrana. Dal bisturi alle correnti della sinistra, insomma, senza accorgersi che le seconde sono assai più taglienti. Prima senatore, poi candidato alla segreteria Pd (malamente sconfitto), poi sindaco di Roma nel 2013: la sua esperienza al Campidoglio però, come detto, fu rapida e tragica. A farlo cadere non furono tanto le accuse (ingiuste! Ingiuste!), quanto i suoi compagni di partito. In pochi mesi ha perso per strada metà assessori. Poi, siccome non se ne voleva andare, 26 consiglieri comunali si dimisero dal notaio facendola decadere. E anche questa figuraccia fece il giro del mondo.Però, ecco, quello che c’è di bello in lei è che anche se ne combina più di Bertoldo, non si vergogna mai. Indossa le gaffe a testa alta. Durante il suo mandato di sindaco, fra le altre cose, ha definito il prefetto «una badante», ha mandato la destra «nelle fogne», ha confuso i centravanti della Roma e della Lazio e ha risposto a una signora che si lamentava per le strade sporche: «Colleghi i suoi due neuroni». Forse in Europa farà meglio. Ci preoccupa solo che, secondo quanto ha dichiarato, voglia occuparsi di immigrazione, dal momento che quando lei era indaco di Roma, regnavano quelli per cui «gli immigrati rendono più della droga». Lo so, lei non c’entrava nulla con costoro. «Mai parlato con Salvatore Buzzi», garantì. Poi apparvero delle foto che la ritraevano mentre chiacchierava con lui. «Se rimane Marino sindaco ci mangiamo Roma», disse Buzzi in una intercettazione. Era il 17 novembre 2014. E i suoi polpacci erano ancora sani.
Jose Mourinho (Getty Images)