
La moglie di Gianni Agnelli aveva 92 anni. Nel suo patrimonio personale Villar Perosa e altri quattro immobili da sogno, centinaia di quadri, beni all'estero e, pare, un tesoro in lingotti d'oro. Prevedibile una guerra di successione a colpi di legali.La royal family, o il poco che ne resta, perde la sua regina. Marella dei principi Caracciolo di Castagneto e di Melito, vedova di Gianni Agnelli, è morta per una crisi respiratoria la notte scorsa a Torino, a villa Frescot, la residenza dove ha vissuto accanto al marito fino alla morte di lui, nel gennaio 2003. A maggio avrebbe compiuto 92 anni. I funerali si svolgeranno domani, a Torino. Non si sa se donna Marella verrà sepolta a Villar Perosa, nella cappella privata degli Agnelli, oppure a Garavicchio, in Toscana. Ma questa ipotesi è da escludere: la salma verrebbe cremata, dopo quel che accadde a suo fratello Carlo, editore di Espresso e Repubblica, incenerito dalla figlia Giacaranda senza informare figli e parenti.Alle tre di notte, quando è spirata, Marella aveva accanto un paio di infermiere: nessun parente, neanche suo nipote Jaky, che abita nella stessa casa. Stavano dormendo: chi poco lontano da lei, chi in albergo. Quando si erano diffuse le voci sull'aggravarsi della sue condizioni, erano arrivati dalla Svizzera la figlia Margherita e i cinque nipoti de Pahlen (Pietro partito dalla Russia, Maria - informata in ritardo - è in viaggio da Tbilisi, in Georgia), Lapo e Ginevra. E poi Nicola, il fratello di Marella e attuale principe Caracciolo, con la moglie, principessa Rossella Sleiter, Marellina Chia (figlia di Nicola), insieme a Carlo jr. e Margherita, figli ed eredi di Carlo Caracciolo. Clamoroso l'ingresso di Margherita, dopo 15 anni che il figlio non le aveva più consentito di varcare la soglia di quella casa, che era ed è sua. La donna è rimasta 20 minuti con sua madre. Marella in estate era stata colpita da una broncopolmonite a Samaden, località svizzera scelta dopo aver lasciato St. Moritz per l'eccessiva altitudine. In quella circostanza, suo nipote John aveva creato un muro invalicabile intorno al capezzale della nonna, per impedirle contatti esterni. Compresi quelli con Margherita, che aveva lasciato il suo castello di Rougemont per correre dalla madre. Tutto aveva fatto pensare che fossero già in corso le «grandi manovre» dei due schieramenti (John da una parte, sua madre dall'altra) per preparare il terreno per l'eredità. C'è da prevedere che questa morte aprirà una nuova grande «guerra di successione» per l'enorme patrimonio della scomparsa, in gran parte all'estero.700.000 euro al meseCi sono già alcune conseguenze immediate: prima fra tutte il passaggio automatico nella disponibilità completa di Margherita di molti beni: quelli su cui Marella aveva l'usufrutto, come indicato nel testamento di Gianni. Margherita avrà piena proprietà di ciò di cui ora aveva la nuda proprietà. Prima di tutto Villar Perosa, il simbolo della ex dinastia. Poi Villa Frescot, in collina a Torino - la residenza di Gianni Agnelli e in cui abita John Elkann con la sua famiglia (senza avere mai chiesto il permesso a sua madre). Quindi Villa Sole, poco lontano da Frescot, dove il padre aveva concesso di vivere al figlio Edoardo, pur senza intestargliela. Nello stesso perimetro c'è la lussuosa Villa Bona, una seconda residenza a poco a poco divenuta un elegantissimo pied-à-terre dell'Avvocato, progettato dall'architetto Amedeo Albertini e realizzato con immense pareti di vetro. Il quinto immobile è a Roma, all'ultimo piano di Palazzo Carandini in via XXIV maggio, di fronte al Quirinale.Margherita da ieri notte è divenuta proprietaria anche della preziosa collezione di 115 quadri, il cui elenco dettagliato fa parte dell'Accordo transattivo stipulato tra madre e figlia a Ginevra nel febbraio 2004 e che comprende tre Picasso, sei Paul Klee, un Goya, quattro Klimt, cinque Schiele. A Margherita erano già stati consegnati altri 114 quadri (più 41 in deposito a Villa Frescot). Bisognerà vedere a chi andranno altri 37 quadri di cui era piena proprietaria Marella. Il valore totale della collezione nel 2004 venne stimato, al ribasso, quasi 213 milioni da David Somerset, undicesimo Duca di Beaufort, allora titolare della Marlborough Gallery di Londra.Un altro vantaggio immediato di Margherita è quello di non dover più pagare alla madre un assegno mensile di circa 700.000 euro, chiesto 15 anni fa da Marella quale parziale compensazione del «minore introito» che riteneva di aver subìto. In questi anni la figlia ha versato alla madre 126 milioni. Quanto a John, Margherita potrebbe sfrattarlo da Villa Frescot (lui si è preparato, facendosi costruire una villa poco lontano con tre piani sotterranei, vicino a quella di Cristiano Ronaldo). Margherita è ancora irritata perché John, dopo le nozze con Lavinia Borromeo nel settembre 2004, prese possesso della villa del nonno senza chiedere il permesso a sua madre, nuda proprietaria. Sia che Marella abbia lasciato o meno un testamento, la sua unica erede in linea diretta è la figlia. Ma gran parte dei beni si trova sicuramente all'estero, e quindi è difficile stabilirne l'ubicazione e risalire ai beneficiari. Marella è morta in Italia, è cittadina italiana (iscritta all'Aire come residente all'estero), e quindi vale la giurisdizione italiana in materia successoria. Soprattutto per quanto riguarda l'accordo tombale firmato nel 2004 tra madre e figlia, in cui quest'ultima si riteneva «soddisfatta» e rinunciava ai diritti ereditari. L'accordo però fu firmato a Ginevra, e quindi per la legge italiana è nullo poiché in contrasto col nostro diritto successorio. Nel frattempo, Marella potrebbe aver mutato la situazione con donazioni, specie ai primi tre nipoti. Potrà Margherita far valere la sua «legittima»? Se non vi fosse questo patto, Marella sarebbe libera di dare a terzi solamente il 25% del proprio patrimonio, dato che la «legittima» svizzera per i discendenti, in assenza di coniuge, è del 75%. Ciò che avrà rilievo sarà la «residenza abituale» di Marella, oppure l'ultimo domicilio.il nodo della leggeMuovere la «cara nonnina» nel luogo e nel tempo più opportuno potrebbe essere stata la strategia da adottare, qualora un suo nipote avesse voluto neutralizzare e spuntare qualsiasi arma nelle mani di Margherita. La questione è molto complessa e affonda nel tema di diverse norme applicabili, della giurisdizione sul caso e del cosiddetto «rinvio» di una legge a un'altra. Vanno incrociati il Regolamento Ue, il vecchio trattato consolare del 1868, e la legge svizzera. Ecco i vari scenari.Marella è morta in Italia ed è residente in Svizzera. In questo caso si applica la legge italiana, legge che altro non è che il Regolamento Ue: ma siccome esso rinvia alla legge svizzera come luogo di residenza abituale, nei fatti la legge applicabile alla successione di Marella sarà quella svizzera. In tal caso, Margherita «perde» e il patto successorio resta valido.Se invece Margherita dimostra che Marella non aveva come residenza abituale la Svizzera ma l'Italia, la legge applicabile alla successione è quella italiana. In tal caso, Margherita «vince»: sarebbe nullo il patto successorio tra lei e sua madre.C'è un altro aspetto da non dimenticare: quello fiscale. Prima di tutto si applica la legge sulla base della residenza fiscale del defunto al momento della morte. Essendo Marella venuta a mancare come residente in Italia, si applica su tutti i beni l'imposta di successione italiana (4% con franchigia di un milione di euro). In più, ma solo in teoria, c'è l'imposta di successione svizzera sui beni presenti in territorio elvetico. Oltre ad eventuali altre imposte estere su beni situati in altri Paesi.il giallo aureoSecondo alcune fonti, il patrimonio di cui disponeva Marella era immenso: 5,8 miliardi di euro (secondo i «Panama Papers») più 9,2 miliardi di euro in oro. Si tratterebbe dell'«oro del Senatore», quello che Gianni Agnelli avrebbe ricevuto nel 1945 alla morte di suo nonno, e che riguardava i profitti derivanti dalle forniture Fiat per la prima e la seconda guerra mondiale. Questo presunto deposito in lingotti ammonterebbe 138 tonnellate con un volume di 71.254 litri. Tale oro, dopo essere spostato da Basilea, sarebbe nel Free Port dell'aeroporto di Cointrin a Ginevra. Il punto è: come faranno gli eredi a entrarne in possesso? Sarà necessario presentarsi con il documento di legittimazione. Se fosse vero che c'è l'oro, FreePort avrà certo identificato un «legittimario» dell'oro che probabilmente nel frattempo sarà a mancare. In tal caso, sono i suoi «aventi causa» ad avere la possibilità di entrare. A meno che l'oro non sia stato conferito in qualche trust o donato a qualcuno con passaggi vari in modo, che il controllo effettivo sia oggi nelle mani di colui o coloro che l'Avvocato voleva. È chiaro che se Margherita diventasse unica erede di Marella e quell'oro fosse intestato a lei, ragionevolmente Margherita potrebbe entrarne in possesso. Bisogna dire, però, che tutta la vicenda dei trust, nonché l'apparente leggerezza con cui Gianni Agnelli ha conferito enormi poteri ad alcuni «furbacchioni», lascerebbero pensare all'eventualità di possibili appropriazioni o altre clausole che forse hanno del tutto privato la famiglia del controllo su questi asset.
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
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Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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Stadio di San Siro (Imagoeconomica)
Ieri il Meazza è diventato, per 197 milioni, ufficialmente di proprietà di Milan e Inter. Una compravendita sulla quale i pm ipotizzano una turbativa d’asta: nel mirino c’è il bando, contestato da un potenziale acquirente per le tempistiche troppo strette.
Azione-reazione, come il martelletto sul ginocchio. Il riflesso rotuleo della Procura di Milano indica un’ottima salute del sistema nervoso, sembra quello di Jannik Sinner. Erano trascorsi pochi minuti dalla firma del rogito con il quale lo stadio di San Siro è passato dal Comune ai club Inter e Milan che dal quarto piano del tribunale è ufficialmente partita un’inchiesta per turbativa d’asta. Se le Montblanc di Paolo Scaroni e Beppe Marotta fossero state scariche, il siluro giudiziario sarebbe arrivato anche prima delle firme, quindi prima dell’ipotetica fattispecie di reato. Il rito ambrosiano funziona così.
Lo ha detto il vicepresidente esecutivo della Commissione europea per la Coesione e le Riforme Raffaele Fitto, a margine della conferenza stampa sul Transport Package, riguardo al piano di rinnovamento dei collegamenti ad alta velocità nell'Unione Europea.











