2021-09-13
Marco Cosentino: «Terapie sbagliate contro il Covid»
Il farmacologo: «È una malattia infiammatoria ad alto rischio di trombosi, la tachipirina non contrasta né l'una né l'altra. E attendere è l'unica cosa da non fare. Tamponi salivari antigenici efficaci come quelli nasofaringei».«La storiella è questa. Dio non diventerebbe mai professore universitario: una sola pubblicazione, la Bibbia, e dunque un indice H al massimo di 1, oltre tutto non su rivista, senza valutazione “tra pari" e per di più nemmeno in inglese». Marco Cosentino, professore di farmacologia all'università dell'Insubria di Varese, fra le tante cose ironizza sul numerino magico; croce e delizia di tutti i ricercatori. Il cosiddetto indice H.Lei ha un indice H di 43 che tradotto significa…«Alla lettera, che fino a oggi 43 dei miei articoli sono stati citati almeno 43 volte da colleghi nei loro studi. E dato che le citazioni possono solo aumentare, anche l'indice H aumenterà, come quello di tutti. In pratica, non significa nulla. Parametri quantitativi che fanno più male che bene all'integrità della ricerca scientifica. Spostano l'attenzione dalla qualità alla quantità».Che cosa fa di preciso un medico specialista in farmacologia e tossicologia clinica?«Valuta le risposte ai farmaci dell'organismo in chiave soprattutto previsionale. È presente nelle migliori esperienze estere anche nei reparti ospedalieri oltreché nei centri di ricerca a fianco del clinici».Ho capito, lei è un uomo di Big Pharma.«Se fosse, cambierei l'auto più spesso senza fare il mutuo per la casa. In realtà, l'industria farmaceutica “dialoga" molto più volentieri con i medici che prescrivono i farmaci. Noi li studiamo».In cosa si differenzia il Covid rispetto alle precedenti polmoniti? Contagiosità e letalità soprattutto?«Malattia più seria del solito. Difficile pronunciarsi sulla contagiosità. Dipende da fattori quali stagionalità e distanziamento. Le statistiche restituiscono picchi di letalità del 6% scesi poi all'1,5-3%. Ma anche qui il dato è incerto. Mentre è sicuro che la letalità dipende dall'età: irrilevante nei ragazzi in salute, mediamente più alta negli anziani soprattutto obesi e malati cronici».Poi è arrivata la variante Delta.«Più contagiosa e meno sensibile all'immunità vaccinale, come è verosimile attendersi nelle campagne a tappeto. Meno chiaro il decorso clinico. Una delle tante stranezze della gestione dell'epidemia: la clinica pare non esistere. Ti ammali, attendi. Se va bene guarisci, altrimenti ti aggravi. E in questo malaugurato caso la morte appare scontata ma non lo è».Il primo Covid è stato affrontato quasi universalmente con i cosiddetti interventi non farmaceutici: le chiusure. Da uomo di farmaci che giudizio dà?«Con dati epidemiologici incerti i confronti internazionali vanno fatti con cautela. Di mestiere valuto qualità e attendibilità dei dati. Qualcuno rimane affascinato dall'abbondanza dei numeri. Ma la qualità del risultato non può mai essere migliore di quella del dato di partenza. Premesso ciò, molti Paesi che hanno chiuso poco hanno poi ottenuto risultati migliori di chi ha chiuso tanto. Considero però sensato proteggere i vulnerabili lasciando libero chi può lavorare».Cosa è normale faccia un virus nella sua evoluzione?«Evolversi e adattarsi all'ospite tanto più velocemente quanto meno la sua diffusione è ostacolata».Farmaci vecchi e nuovi per combattere il coronavirus. Cominciamo dal paracetamolo. Colonna portante delle linee guida ministeriali.«Il Covid è prima di tutto una malattia infiammatoria ad alto rischio di complicanze trombotiche. Il paracetamolo tra i farmaci per la febbre è l'unico a non essere né antinfiammatorio né antitrombotico. E attendere è l'unica cosa da non fare di fronte a un sospetto Covid».Chi cura la malattia è solito dire che questa cambia pelle in corsa. Inizia come polmonite per poi diventare una malattia autoimmune che colpisce altri organi.«Concordo. E dico di più. Così subdola che finché non guarisce del tutto può riservare colpi di coda. L'approccio terapeutico ottimale richiede un uso combinato e personalizzato di medicinali, vitamine e integratori».Fra i farmaci vecchi, c'è l'idrossiclorochina. L'esperienza clinica di questi mesi che dice?«Benefici ben documentati. Largamente impiegata con ottimi risultati nei primi e più critici mesi di pandemia. Poi in maggio vari veti motivati dal famigerato studio pubblicato su The Lancet poi ritirato al contrario dei veti. L'idrossiclorochina sotto controllo medico è del tutto sicura. Quei trial citati per documentarne l'inefficacia, se non addirittura l'asserita pericolosità, la impiegano a dosi più che doppie rispetto a quelle raccomandate. Mi domando chi possa aver autorizzato ciò».Arriviamo all'ivermectina. Studi comparati affermano che i Paesi che ne fanno un largo uso hanno ottenuto risultati.«Confermo. I colleghi che la impiegano riferiscono risultati eccellenti».Passiamo ai farmaci nuovi. I cosiddetti anticorpi monoclonali. Cosa sono?«Versioni allestite in laboratorio delle immunoglobuline prodotte dal sistema immunitario di chi ha debellato il virus per via naturale. Il plasma convalescente contiene miscele di anticorpi che attaccano il virus in ogni sua parte. I monoclonali sono immunoglobuline tutte uguali tra loro che per questo motivo aggrediscono una singola e ben specifica parte del virus».Quando e come si somministrano?«Per quanto indicati nelle fasi iniziali vanno somministrati per via endovena. Il ricovero in day hospital non ne semplifica l'impiego. Un'azienda sta ora sviluppando un mix di monoclonali da iniettare intramuscolo. Ideali per chi non può vaccinarsi».A proposito di vaccini, ci dice quanto funzionano nel prevenire il deterioramento della malattia?«Gli studi autorizzativi hanno dimostrato che il rischio di Covid sintomatico di qualsiasi gravità si riduce. La riduzione del 50% era la soglia minima accettata dalle autorità. Su questa base, sono state emesse autorizzazioni provvisorie tuttora valide. Ma i vaccini sono stati somministrati anche ai gruppi di controllo che in quei medesimi studi avevano ricevuto il placebo, con la motivazione che non si poteva negare un trattamento efficace. Quindi gli studi non ci forniranno più alcuna informazione e dobbiamo basarci sull'osservazione dei risultati delle campagne vaccinali. La protezione, che già sapevamo non assoluta, mostra una durata media di sei mesi. Non per nulla si parla di terze e quarte dosi. Peraltro, autorizzate senza più nemmeno l'evidenza di una riduzione del Covid sintomatico, bensì solo sulla base del rialzo dei titoli anticorpali. Valori che però non valgono nei guariti per documentare la protezione immunitaria».E sono efficaci nell'impedire al virus di circolare?«La legge tramite il cosiddetto green pass stabilisce a priori la non contagiosità dei vaccinati e la contagiosità - salvo tampone - dei non vaccinati. Non abbiamo dati conclusivi che invece servirebbero tantissimo. Il monitoraggio inglese ha recentemente riportato una circolazione del virus dell'1,2% senza vaccino e dello 0,4% con il vaccino. Davvero lo 0,8% giustifica una differenziazione delle due situazioni per “la salute e la sicurezza pubbliche"? Un numero crescente di studi poi documenta contagi di vaccinati, tra loro e da loro. Infine, le cronache quasi ogni giorno descrivono focolai in contesti apparentemente “protetti" dal pass. Più che altro nelle cronache locali, a dire il vero, più che nelle nazionali».Non è un controsenso puntare a bloccare la circolazione del virus?«Una scommessa azzardata. Auguriamoci giusta. Io non concordo. Non mi rimane che sperare che abbia fortissimamente ragione chi si è assunto tale responsabilità».La Verità conduce una sua battaglia anche per l'utilizzo estensivo dei tamponi salivari antigenici. Rapidi e non invasivi. Sono efficaci o comunque sovrapponibili ai più invasivi tamponi nasofaringei?«Sarebbe finalmente un impiego appropriato. I salivari antigenici sono efficaci tanto quanto i nasofaringei molecolari. Nelle persone senza sintomi, un qualsiasi tampone negativo è attendibile. Caso mai si rischiano i falsi positivi; che sono probabili anche in assenza di sintomi. Se ne tenga conto anche nel valutare gli screening del passato».Il mantra è: chi si vaccina protegge anche gli altri. Sa che questa cosa proprio non riesco a capirla?«Il vaccinato protegge sé stesso dal decorso rovinoso del Covid. Ma che i vaccinati contagiati a loro volta contagino è un dato altrettanto acquisito. Le dirò di più: l'efficacia dei vaccini è stata misurata in condizioni di distanziamento, igienizzazione e uso di mascherine, spesso con bassa circolazione del virus. Nessuno oggi può dire quanto proteggano senza queste misure, e anzi i vaccini più efficaci sono proprio quelli sperimentati dove il virus circolava meno. Le campagne vaccinali basate talora più sulla pubblicità che sull'informazione hanno generato l'errata convinzione che il vaccino sia “la" soluzione. Questa è probabilmente una delle principali cause dei focolai tra vaccinati e in ambienti ritenuti erroneamente protetti dai vari certificati».Vaccinazione a tappeto dei giovani. È giusto?«Ho sempre pubblicamente argomentato - con dati e riferimenti -come i benefici attesi siano ridotti al punto che una loro stima diventa difficile».Immunità naturale e vaccinale. Chi vince?«I guariti possono avere livelli di anticorpi bassi, di solito tanto più bassi quanto più facilmente sono guariti. Ma questo non vuol dire che non siano protetti: non conta tanto quanti anticorpi hai ma quanto rapidamente li sai produrre quando serve. Le guerre non le vincono gli eserciti più numerosi, ma quelli che alla bisogna ricevono rifornimenti adeguati. Inoltre, la lunga durata della protezione naturale rende inutile, allo scadere dei sei mesi dalla guarigione, la somministrazione vaccinale. Si finisce al massimo per annettere ai vaccini una protezione preesistente dovuta al virus già debellato dall'organismo».
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Paolo Mazzoleni e Stefano Lo Russo (Ansa)