2023-04-28
La mano di Blinken dietro la lettera mendace per tutelare Hunter Biden
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Continuano a emergere rivelazioni compromettenti sulla famiglia di Joe Biden. Secondo una testimonianza giurata, il comitato elettorale dell’allora candidato dem avrebbe scientemente contribuito a creare e a propalare una fake news per aiutare l’attuale inquilino della Casa Bianca a essere eletto nel 2020. Il 14 ottobre 2020, nel pieno della battaglia per le presidenziali di allora, il New York Post pubblicò uno scoop, in cui si dimostrava che un alto dirigente dell’azienda ucraina Burisma aveva ringraziato Hunter Biden per averlo introdotto nel 2015 a suo padre Joe, che all’epoca era vicepresidente degli Usa: l’articolo smentiva quindi la posizione dello stesso Biden che aveva sempre detto di non essere mai stato coinvolto negli affari del figlio. Il 19 ottobre, Politico pubblicò una lettera di oltre 50 ex alti funzionari dell’intelligence americana, secondo cui quello scoop sarebbe stato frutto di disinformazione russa. Tra l’altro, come emerso dai cosiddetti Twitter Files, fu proprio tale accusa di disinformazione russa che Twitter utilizzò per giustificare la censura di quell’articolo sulla propria piattaforma social. Ebbene, non solo l’anno scorso è stato dimostrato che i materiali su cui si basava lo scoop erano autentici e che la Russia non c’entrava nulla. Ma adesso si anche è scoperto che a «imbeccare» quella lettera mendace fu proprio un alto funzionario del comitato di Biden: l’attuale segretario di Stato, Tony Blinken.A renderlo noto è stato, in una testimonianza giurata alla commissione Giustizia della Camera, Michael Morell: ex vicedirettore e direttore ad interim della Cia ai tempi dell’amministrazione Obama. Ebbene, secondo quanto reso noto da un comunicato ufficiale della commissione Giustizia, Morell «ha rivelato che il segretario di Stato americano Antony Blinken, allora consigliere senior della campagna di Biden, è stato colui che ha innescato la dichiarazione pubblica firmata nell'ottobre 2020, la quale sosteneva falsamente che le notizie del New York Post su Hunter Biden fossero il prodotto della disinformazione russa». Morell ha raccontato di essere stato contattato da Blinken «intorno al 17 ottobre 2020», per discutere dello scoop del New York Post. Il giorno dopo, Blinken inviò all’ex direttore della Cia un articolo di Usa Today, in cui si diceva che l’Fbi stava cercando di capire se l’articolo fosse frutto di una campagna di disinformazione. Questi contatti avrebbero quindi spinto Morell a darsi da fare, per imbastire la lettera. Lettera che fu poi citata da Biden durante il dibattito televisivo del 22 ottobre 2020 contro Donald Trump. Guarda caso, dopo quel dibattito, Morell ha detto di aver ricevuto una telefonata di ringraziamento da parte di Steve Ricchetti, che era presidente del comitato elettorale dello stesso Biden. «Morell», si legge ancora nel comunicato, «ha anche spiegato che la campagna di Biden ha contribuito a definire strategie per il rilascio pubblico della dichiarazione». «Morell», prosegue la nota, «ha inoltre spiegato che uno dei suoi due obiettivi nel rilasciare la dichiarazione era aiutare l'allora vicepresidente Biden nel dibattito e aiutarlo a vincere le elezioni». In tal senso, il presidente della commissione Giustizia della Camera, Jim Jordan, ha formalmente chiesto a Blinken di consegnare tutti i documenti relativi alla stesura e alla pubblicazione di quella lettera mendace. Da notare che, stando a quanto riferito a fine novembre 2020 dal Daily Beast, sembra che Morell fosse considerato da Biden tra i nomi papabili come nuovo direttore della Cia: una circostanza poi non verificatasi probabilmente a causa dell’opposizione da parte dell’ala progressista del Partito democratico. Resta comunque il fatto che, secondo la sua testimonianza, il comitato elettorale di Biden avrebbe svolto un ruolo decisivo nella stesura e pubblicazione di quella lettera fasulla. E meno male che era Trump quello che diffondeva fake news!
Jose Mourinho (Getty Images)