
L’attacco alla proprietà privata auspicato nel documento di Ventotene trova oggi la sua realizzazione negli «espropri» che subiamo dall’oligarchia globalista. Conviene affidarsi alla Madonna, a cui peraltro si rifacevano i padri (traditi) dell’Ue.È stato uno scandalo terribile che il presidente del Consiglio di questa nazione, signora Giorgia Meloni, si sia permessa di leggere alcune righe del cosiddetto manifesto di Ventotene perché tutti potessero rendersi conto del suo reale contenuto. Il motivo per cui un testo scritto da alcuni intellettuali al confino all’epoca del Ventennio, vale a dire parecchi decenni fa, sia così importante da essere citato da un presidente del Consiglio non è né l’analisi storica né la filologia. Il fatto è che quel testo, accuratamente ristampato con sopra il simbolo europeo, un cerchio di 12 stelle su campo azzurro, sta di nuovo circolando nella cosiddetta sinistra, fatta di figli di primo letto, figli di secondo letto, figli naturali, figli adottati, e i nipoti del cosiddetto Partito comunista italiano. Il Partito comunista italiano è stato violentemente contrario all’unione dell’Europa, dato che le linee su cui i padri fondatori volevano fondare l’Europa erano completamente diverse, anzi opposte a quelle attuali. Nel frattempo purtroppo l’Unione europea è cambiata, e anche il comunismo è cambiato: per quanto incredibile possa sembrare, noi anticomunisti stiamo rimpiangendo il vecchio Partito comunista, perché i suoi attuali discendenti hanno creato, fondendosi col capitalismo più estremo, un mostro ancora peggiore del marxismo leninismo. Il nucleo centrale di tutto questo, come spiega l’orrendo manifesto di Ventotene, è l’abolizione della proprietà privata a favore dello Stato. Senza la proprietà privata il cittadino è nudo davanti al Leviatano. La proprietà privata è il nostro territorio. Nessuno di noi può sopravvivere senza possedere nulla. Essere spogliati delle proprie cose e il primo terribile arbitrio che subiscono deportati e internati nei campi di concentramento. Anche il barbone ha una serie di oggetti per lui fondamentale. L’invito cristiano a donare tutto ai poveri non ha niente a che fare con il socialismo. È un gesto che una persona fa dopo che Dio ha riempito tutto il suo essere, così che la mancanza di quasi tutti gli oggetti non gli pesi; anche in questo caso però ci sono alcuni oggetti di sua proprietà, il saio, i sandali, il rosario, la croce. Nei 10 comandamenti il furto è uno dei peccati che non dobbiamo commettere, quindi la proprietà non è un furto. Solo attraverso l’esistenza della proprietà privata la società può arrivare al benessere. Tra le tante e inenarrabili fesserie che si dicono e scrivono su Gesù Cristo è che sia stato l’antesignano del socialismo. Tutti vogliono Cristo nel loro albero genealogico. Anche Maometto dichiara che Gesù Cristo è il profeta che lo ha preceduto, senza rendersi conto che con questa sola frase invalida tutto l’islam. Se Gesù Cristo è il profeta che anticipa Maometto, evidentemente tutto quello che Gesù Cristo ha fatto e detto è corretto, perché altrimenti non potrebbe essere un profeta. Quindi è corretto quando ha dichiarato di essere figlio di Dio. Graziare l’adultera è stato un gesto corretto. Il fatto che Maometto non affermi che Cristo è figlio di Dio e condanni l’adultera, dopo aver dichiarato lo stesso Gesù Cristo il profeta che lo precede, dimostra come suo messaggio sia confusionario e arruffato. Il socialismo è in tutto e per tutto il contrario del messaggio cristiano. Lo spiega con chiarezza il bel libro di Luigi Copertino Cristianesimo, proprietà e Great reset. Ciò che a prima vista appare come un progetto inteso alla ridistribuzione della proprietà è, in realtà, un tentativo di sostituirla con l’uso precario dei beni «benevolmente» concesso, non certo in forma gratuita, dai padroni transnazionali del mondo che, in cambio, promettono all’umanità un avvenire di giustizia ecologica, che penso che voglia dire che ogni essere umano avrà lo stesso valore di un criceto o anche direttamente di un topo di fogna visto che pure loro sono creature della natura. Un esproprio universale di ogni proprietà, da parte di un potere capitalistico finanziario mondiale. Si tratta quindi del sole dell’avvenire ma in versione capitalistica. Lo spiega con chiarezza il filosofo Giorgio Agamben: «il capitalismo che si sta consolidando su scala planetaria non è il capitalismo nella forma che aveva assunto in Occidente: è, piuttosto, il capitalismo nella sua variante comunista… Quello che è certo, tuttavia, è che il nuovo regime unirà in sé l’aspetto più disumano del capitalismo con quello più atroce la comunismo statalista coniugando l’estrema alienazione dei rapporti tra uomini con un controllo sociale senza precedenti». Cosa possiamo fare? Noi possiamo raccomandarci alla Madonna, perché le porte degli inferi non prevarranno, quindi come sono passati tutti gli altri, passeranno pure questi. Per inciso le 12 stelle su campo azzurro sono il simbolo della Madonna. L’Europa unita ai suoi albori non stava nascendo anticristiana, lo è diventato dopo. L’Unione europea è un organismo sovranazionale violentemente anticristiano che affaccia sul Mediterraneo, come ai suoi bei tempi l’impero romano, motivo per cui alcuni studiosi di testi sacri identificano addirittura con l’Unione europea la Bestia venuta dal mare descritta nell’apocalisse. È una teoria come un’altra, ma noi troviamo consolante pensare che l’Unione europea, violentemente anticristiana, che ha tra i suoi scopi, già in vecchi trattati nel 1974, l’islamizzazione dell’Europa mediante modificazione delle linee culturali e immigrazione massiva, sia suo malgrado sotto la protezione della Madonna.
Lirio Abbata (Ansa)
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(Stellantis)
Nel 2026 il marchio tornerà a competere nella massima categoria rally, dopo oltre 30 anni di assenza, con la Ypsilon Rally2 HF. La storia dei trionfi del passato dalla Fulvia Coupé alla Stratos alla Delta.
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Lo ha annunciato uno dei protagonisti degli anni d'oro della casa di Chivasso, Miki Biasion, assieme al ceo Luca Napolitano e al direttore sportivo Eugenio Franzetti: la Lancia, assente dal 1992 dalla massima categoria rallystica, tornerà protagonista nel campionato Wrc con la Ypsilon Rally2 HF. La gara d'esordio sarà il mitico rally di Monte Carlo, in programma dal 22 al 26 gennaio 2026.
Lancia è stata per oltre quarant’anni sinonimo di vittoria nei mondiali di Rally. Un dominio quasi senza rivali, partito all’inizio degli anni Cinquanta e terminato con il ritiro dalle competizioni all’inizio degli anni Novanta.
Nel primo dopoguerra, la casa di Chivasso era presente praticamente in tutte le competizioni nelle diverse specialità: Formula 1, Targa Florio, Mille Miglia e Carrera. All’inizio degli anni ’50 la Lancia cominciò l’avventura nel circo dei Rally con l’Aurelia B20, che nel 1954 vinse il rally dell’Acropoli con il pilota francese Louis Chiron, successo replicato quattro anni più tardi a Monte Carlo, dove al volante dell’Aurelia trionfò l’ex pilota di formula 1 Gigi Villoresi.
I successi portarono alla costituzione della squadra corse dedicata ai rally, fondata da Cesare Fiorio nel 1960 e caratterizzata dalla sigla HF (High Fidelity, dove «Fidelity» stava alla fedeltà al marchio), il cui logo era un elefantino stilizzato. Alla fine degli anni ’60 iniziarono i grandi successi con la Fulvia Coupè HF guidata da Sandro Munari, che nel 1967 ottenne la prima vittoria al Tour de Corse. Nato ufficialmente nel 1970, il Mondiale rally vide da subito la Lancia come una delle marche protagoniste. Il trionfo arrivò sempre con la Fulvia 1.6 Coupé HF grazie al trio Munari-Lampinen-Ballestrieri nel Mondiale 1972.
L’anno successivo fu presentata la Lancia Stratos, pensata specificamente per i rallye, la prima non derivata da vetture di serie con la Lancia entrata nel gruppo Fiat, sotto il cui cofano posteriore ruggiva un motore 6 cilindri derivato da quello della Ferrari Dino. Dopo un esordio difficile, la nuova Lancia esplose, tanto da essere definita la «bestia da battere» dagli avversari. Vinse tre mondiali di fila nel 1974, 1975 e 1976 con Munari ancora protagonista assieme ai navigatori Mannucci e Maiga.
A cavallo tra i due decenni ’70 e ’80 la dirigenza sportiva Fiat decise per un momentaneo disimpegno di Lancia nei Rally, la cui vettura di punta del gruppo era all’epoca la 131 Abarth Rally.
Nel 1982 fu la volta di una vettura nuova con il marchio dell’elefantino, la 037, con la quale Lancia tornò a trionfare dopo il ritiro della casa madre Fiat dalle corse. Con Walter Röhrl e Markku Alèn la 037 vinse il Mondiale marche del 1983 contro le più potenti Audi Quattro a trazione integrale.
Ma la Lancia che in assoluto vinse di più fu la Delta, che esordì nel 1985 nella versione speciale S4 sovralimentata (S) a trazione integrale (4) pilotata dalle coppie Toivonen-Wilson e Alen-Kivimaki. Proprio durante quella stagione, la S4 fu protagonista di un drammatico incidente dove morì Henri Toivonen assieme al navigatore Sergio Cresto durante il Tour de Corse. Per una questione di giustizia sportiva il titolo piloti fu tolto alla Lancia alla fine della stagione a favore di Peugeot, che era stata accusata di aver modificato irregolarmente le sue 205 Gti.
L’anno successivo esordì la Delta HF 4WD, che non ebbe rivali con le nuove regole del gruppo A: fu un dominio assoluto anche per gli anni successivi, dove la Delta, poi diventata HF Integrale, conquistò 6 mondiali di fila dal 1987 al 1992 con Juha Kankkunen e Miki Biasion. Lancia si ritirò ufficialmente dal mondo dei rally nel 1991 L’ultimo mondiale fu vinto l’anno successivo dal Jolly Club, una scuderia privata appoggiata dalla casa di Chivasso.
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