2021-06-03
Mancini ci prova col suo Schillaci: Raspadori
Il ct convoca a sorpresa per l'Europeo il giovanissimo bomber del Sassuolo, che ha sfruttato i pochi minuti in campo al posto dell'acciaccato Ciccio Caputo per conquistare la maglia neroverde a suon di gol. In nazionale può essere l'uomo della provvidenza. Quando raccontarono a Roberto De Zerbi, suo mentore e allenatore nel Sassuolo, che Giacomo Raspadori da bambino amava tirare calci al pallone assieme al fratello Enrico nel cortile di casa e che ogni tanto, bontà sua, anziché centrare la porta infrangeva il vetro della finestra di qualche vicino, il mister rispose divertito: «Per diventare un calciatore devi aver rotto qualcosa da piccolo». Ecco. Balza persino all'occhio dei più distratti che Raspadori sia un tipo in grado di rompere molte cose. Per esempio le consuetudini conformiste: ha 21 anni - è nato a Bentivoglio, provincia bolognese, il 18 febbraio del 2000 -, milita in una squadra di Serie A, è stato convocato nella Nazionale di Roberto Mancini in vista degli Europei con sorpresa di tutti, eppure non sfoggia creste da mohicano, tatuaggi da boss della Yakuza, barbe hipster come un Charles Darwin fuori tempo massimo. Chi se ne importa, l'abito non fa il monaco, diranno i più. Vero. Ma quasi ci si era scordati che si potesse diventare goleador di successo senza ostentare orpelli smargiassi a uso e consumo dell'esibizionismo social, pur mantenendo la levità di un'anagrafe implume. In questo, il gioiellino neroverde è un anticonformista. E però Raspadori ha rischiato di infrangere altre cose ben più sostanziose di un luogo comune: i sogni dei tifosi milanisti, per dirne una. Durante la volata per la Champions League, in quel Milan-Sassuolo del 21 aprile scorso terminato 2-1 per gli emiliani, Giacomo è entrato al minuto 64 col Diavolo in vantaggio su gol di Calhanoglu. Ha ricevuto palla, si è girato, ha visto libero il compagno Toljan, improvvisando un fraseggio fulmineo. Stoccata di sinistro e rete del pareggio. Poi ha dialogato col compagno di reparto Berardi, ne ha raccolto un assist d'oro, ha mimato una finta, mandando a vuoto il titano Fikayo Tomori - l'uomo capace di rinvigorire la difesa del Milan scomodando paragoni con illustri predecessori di reparto - tirando col destro. Donnarumma trafitto, vittoria del Sassuolo al Meazza. La doppietta ha consentito a questo ragazzo dal sembiante minuto - è alto 172 cm e pesa 64 kg, un passerotto se paragonato ad attaccanti che ricordano gladiatori germanici - di balzare agli onori delle cronache come talento dal futuro accattivante. L'avveduto Ct Roberto Mancini, forse anche consigliato dall'amico di sempre Fausto Pari, oggi agente del giocatore, dopo alcune ricognizioni sul campo e partite di prova, non ci ha pensato due volte, lo ha convocato come ventiseiesimo uomo in vista della campagna azzurra agli Europei. Raspadori partirà dalla panchina. Ma sui social c'è già chi ricorda Italia '90 e le notti magiche scandite dalla sorpresa disegnata negli occhi manicomiali di un certo Totò Schillaci. In verità, il giovane Giacomo deve tenere a mente il nome di ben altri attaccanti, per plasmare la sua carrierà. Quello di un altro Totò, Di Natale, a cui si dice somigli per fisicità e doti. E poi Sergio «El Kun» Agüero, suo idolo di sempre. Soprattutto il dirompente Ciccio Caputo, suo compagno di squadra al Sassuolo del quale, in un sincronizzato meccanismo di sliding doors, ha preso il posto sia nella rosa degli emiliani, sia in quella della Nazionale. Punta potente e dinamica, il trentatreenne Caputo ha segnato ben 21 gol nella stagione 2019-2020, e se i campionati europei non fossero stati rimandati a causa del Covid-19, sarebbe stato lui il prescelto da Mancini per serrare i ranghi offensivi. I problemi muscolari ne hanno però funestato la stagione appena conclusa e Raspadori è stato abile nell'imparare dall'amico come affinare movimenti e arguzia tattica, salendo sul treno che Caputo non è riuscito a intercettare. Grazie ai consigli del maestro De Zerbi. È stato lui a farlo esordire in Serie A il 26 maggio 2019 contro l'Atalanta. Sempre lui lo ha schierato nel luglio 2020 contro la Lazio, durante una partita di recupero, ironia della sorte, proprio dopo la sosta per la pandemia, quando si sarebbero dovuti disputare gli Europei. In quell'occasione è giunto il primo gol della carriera nella massima divisione. «Nel mio telefonino conservo una sua foto con la fascia di capitano che gli ho fatto indossare durante un match contro la Roma», spiega De Zerbi. «Quella responsabilità gli ha fatto bene. Volevo fargli capire che è un giocatore importante e non un semplice ragazzino». La gavetta da semplice ragazzino, del resto, non è mancata. Soprannominato «Stellina», Raspadori indossa i tacchetti per la prima volta nella scuola calcio Progresso di Castel Maggiore, a due passi da casa. La mamma è segretaria nella società, il padre è dirigente della squadra. I nonni non si perdono una sua partita. Durante la finale del Torneo Tassi, nel 2009, sblocca il risultato e agguanta la coppa. L'allenatore dei pulcini, Aldo Tolomelli, ricorda: «Un giorno servivano nove gol per vincere un torneo e lui disse: “Ci penso io". Così fece. Sei gol e sei assist». L'anno dopo è arrivata la chiamata del Sassuolo, che ha scritturato pure il fratello Enrico, e la scalata alla prima squadra, condita da sortite nella Nazionale under 21, dove ha collezionato 8 presenze e 3 reti. Gli esperti ne riconoscono peculiarità da calciatore moderno: sa adattarsi come seconda punta in schemi molteplici, sfrutta la sua rapidità per liberare spazi in area, attacca la profondità. Mancini potrebbe impiegarlo a gara in corso per divincolarsi da situazioni impantanate. La duttilità, si sa, è la prima dote di ogni atleta destinato a rompere le consuetudini.