
Dopo il ritiro delle truppe francesi, Bamako lascia il G5 Sahel. E si avvicina all’orbita russa, sempre più influente nella regione. I principali flussi migratori passano da lì.La Russia continua a rafforzare la propria influenza sul Mali. La giunta militare attualmente al potere a Bamako ha annunciato il ritiro del proprio personale militare e civile, entro il prossimo 30 giugno, dal G5 Sahel: il quadro di coordinamento tra Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad, volto a contrastare la minaccia jihadista nella regione. La motivazione ufficiale di questa mossa è da ricercarsi nel fatto che a febbraio al Mali è stata negata la presidenza di turno dello stesso G5 Sahel: un elemento, questo, da inserirsi nel più generale quadro delle turbolenze che intercorrono ormai da tempo tra Bamako e Parigi, dopo il colpo di Stato militare che ha portato alla presidenza il colonnello Assimi Goita nel maggio 2021. Il mese scorso, il Mali si è ritirato dagli accordi di cooperazione in materia di difesa, siglati con la Francia nel 2014: quella stessa Francia che, a febbraio, aveva annunciato il ritiro delle proprie truppe dal Paese nell’arco di quattro o sei mesi. Ora, l’uscita di Bamako dal G5 Sahel costituisce un nuovo colpo all’influenza francese sulla regione, visto il ruolo politico significativo detenuto dall’Eliseo in seno a questa alleanza. Nel frattempo, il Mali continua ad avvicinarsi all’orbita di Mosca. Secondo Rfi, combattenti russi stanno man mano prendendo possesso delle basi militari lasciate dai francesi: l’ultima, in ordine di tempo, è stata quella di Ménaka. Stesso destino era d’altronde toccato precedentemente alle strutture militari di Gossi e Timbuctù. Ricordiamo tra l’altro che il Paese ospita da svariati mesi mercenari russi del Wagner Group, i quali sono stati recentemente accusati di corresponsabilità nell’uccisione di numerosi civili in loco. L’influenza di Mosca sul Sahel non si ferma comunque soltanto al Mali. Il golpe militare verificatosi in Burkina Faso a gennaio fu, per esempio, accompagnato da manifestazioni in cui venivano sventolate bandiere russe: il Daily Beast riferì anche che il presidente Christian Kaboré era stato probabilmente deposto per essersi rifiutato di assumere mercenari del Wagner Group, come invece richiesto dalle alte sfere militari del Paese. Recentemente si sono registrate delle proteste antifrancesi anche nel Ciad. In particolare, mercoledì scorso il governo locale ha accusato la leadership del gruppo ribelle Union des forces de la résistance di aver cercato l’aiuto proprio del Wagner Group. Insomma, l’influenza russa sul Sahel sta aumentando significativamente. E questa non è una buona notizia per l’Occidente. L’area è infatti un crocevia fondamentale per i flussi migratori diretti verso il Mediterraneo: flussi che il Cremlino potrebbe utilizzare per mettere sotto pressione l’Unione europea. Non dobbiamo d’altronde dimenticare che Mosca, in combutta con Minsk, ha già attuato questo tipo di strategia lo scorso novembre, orchestrando una crisi migratoria volta ad aumentare la tensione sulle frontiere polacche. Sotto questo aspetto, non va trascurato che nel Sahel attualmente si registrano due fattori che, combinati, potrebbero portare a un incremento dei flussi migratori. In primo luogo, troviamo gli effetti della crisi alimentare innescata dall’invasione russa dell’Ucraina: una crisi che avrà impatti devastanti soprattutto sul continente africano. In secondo luogo, bisogna sottolineare che parte significativa del Sahel è caratterizzata da una forte instabilità, dovuta al jihadismo. Violenti attacchi si sono verificati tra maggio e giugno nel Burkina Faso, mentre lo Stato islamico sta cercando di ottenere il controllo dell’area di frontiera tra Mali e Niger. Tutti questi elementi potrebbero quindi essere sfruttati da Mosca per mettere l’Ue sotto pressione. Quella stessa Mosca che, ricordiamolo, mantiene la sua longa manus anche sulla Libia orientale. È per questo che l’Italia dovrebbe affrettarsi a chiedere a Washington un rafforzamento del fianco meridionale della Nato. Crisi ucraina e Mediterraneo allargato sono due dossier inestricabilmente connessi. Non comprenderlo significherebbe mettersi pericolosamente alla mercè di Vladimir Putin.
Nel 2025 la Bce ha tagliato di 1 punto gli interessi, ma i prestiti casa sono diventati più cari. Su un fisso (9 su 10 lo preferiscono al variabile) da 150.000 euro a 25 anni il salasso è di 600 euro all’anno. Motivo? I mercati non credono possano esserci altre sforbiciate.
La Bce taglia i tassi o comunque non li aumenta e i mutui per comprare casa sono sempre più cari. È questo il paradossale fenomeno con il quale devono fare i conti le famiglie italiane che hanno deciso di indebitarsi pur di coronare il sogno di una vita: l’abitazione di proprietà. Tanto per intenderci: nel 2025, la Banca Centrale Europea ha limato per quattro volte il costo del denaro portandolo dal 3 al 2%. Si poteva sperare in qualcosa in più soprattutto con un Europa che cresce a ritmi lentissimi e con un’inflazione tutto sommato stabile, ma tant’è.
Le fake news russe diventano la scusa per varare il Democracy shield, l’ente per la «resilienza democratica» con cui l’Europa si arrogherà il diritto di controllare l’informazione. Che già influenza coi soldi a tv e giornali.
La Commissione europea si prepara a sferrare un attacco frontale contro quella che definisce «disinformazione» e «ingerenza straniera», ma i suoi piani sollevano gravi interrogativi sulla libertà di espressione dell’Unione. L’iniziativa, presentata come il nuovo «Scudo europeo per la democrazia» (Democracy shield), viene lanciata oggi a Bruxelles. Al centro di questo piano c’è la proposta di istituire una nuova struttura, il Centro europeo per la resilienza democratica, presentata come un polo per coordinare gli sforzi tra l’Ue e i Paesi membri contro attacchi ibridi di disinformazione provenienti, in particolare, da attori stranieri come la Russia.
Antonio Chiappani (Ansa)
Proteste in commissione Covid per l’audizione di Antonio Chiappani, il procuratore che indagò Conte e Speranza per epidemia colposa. Lui cita il codice penale: non impedire un evento evitabile equivale a cagionarlo.
Ancora una volta gli auditi proposti dalla maggioranza sono puntualmente contestati dall’opposizione. Succede in commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza sanitaria Covid. Ieri, a essere ascoltato era Antonio Chiappani, già procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo. «Sono qui per rappresentare tutte le criticità della prima fase della pandemia», ha spiegato più volte il magistrato, elencando le conseguenze del mancato aggiornamento e della non attuazione del piano del 2006. Apriti cielo. Il deputato Alfonso Colucci del M5s ha strepitato che «non è il caso di rifare il processo a Conte e Speranza», e che Chiappani avrebbe definito «sbagliato il provvedimento del tribunale dei ministri» mentre «le tesi dell’accusa si sono rivelate un buco nell’acqua».
2025-11-12
Viale Papiniano, il cantiere finisce sotto sequestro: per la Procura è nuova costruzione abusiva
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Dopo le inchieste dell’estate scorsa, arriva il provvedimento della magistratura: bloccato il palazzo di otto piani che avevamo raccontato su La Verità. Secondo i pm, dietro la Scia di ristrutturazione si nascondeva un intervento fuori scala, privo di piano attuativo e permesso di costruire.
In agosto era soltanto uno dei tanti cantieri finiti sui tavoli della procura di Milano tra le decine di filoni dell'inchiesta urbanistica. Oggi, quelle carte sono diventate un fascicolo giudiziario. E' stato disposto il sequestro preventivo dell’area di viale Papiniano 48, dove la società Papiniano 48 Srl stava realizzando un edificio residenziale di otto piani e due interrati al posto di un vecchio laboratorio commerciale di tre piani.
Secondo il decreto firmato il 10 novembre dal pubblico ministero Giovanna Cavalleri, con la co-firma del sostituto Luisa Baima Bollone e coordinanti dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, si tratta a tutti gli effetti «di una nuova costruzione in assenza di valido titolo edilizio». Il provvedimento, emesso d’urgenza, ordina il blocco immediato dei lavori «per evitare l’aggravamento delle conseguenze del reato e l’ulteriore avanzamento dell’edificio abusivo».
Gli indagati sono Mauro Colombo, direttore dei lavori e progettista, e Salvatore Murè, amministratore unico della Papiniano 48 Srl e della Murè Costruzioni. Entrambi sono accusati di lottizzazione abusiva e costruzione senza permesso di edificare, in violazione del Testo unico dell’edilizia.
La storia del cantiere — già raccontata questa estate dalla Verità — era iniziata con una Scia edilizia (Segnalazione certificata di inizio attività) presentata nel 2021 come “ristrutturazione con demolizione e ricostruzione”. In realtà, scrive la Procura, l’intervento “consiste nella demolizione integrale di un fabbricato e nella costruzione di un nuovo edificio di otto piani fuori terra e due interrati, con caratteristiche morfologiche e volumetriche completamente diverse”.
In altre parole: non un recupero, ma una nuova costruzione. E non una qualsiasi. L’immobile, una volta completato, avrebbe superato i 25 metri di altezza e i 3 metri cubi per metro quadrato di densità, soglie che — spiega il decreto — obbligano per legge a un piano attuativo o una lottizzazione convenzionata. Nessuno dei due strumenti era stato approvato.
Il Comune di Milano aveva già sospeso i lavori nel maggio 2024, rilevando «caratteristiche dimensionali e morfologiche eccedenti i limiti consentiti» e avviando un procedimento di annullamento d’ufficio della Scia. La società, tuttavia, ha ripreso il cantiere nell’autunno di quest’anno, dopo aver tentato — invano — di trasformare la pratica in un permesso di costruire convenzionato tramite un accordo con Palazzo Marino.
Il 16 ottobre scorso la Papiniano 48 Srl ha comunicato la ripresa dei lavori “a prescindere dall’esito del procedimento”, e pochi giorni dopo gli agenti della Polizia Locale hanno documentato la gettata del primo piano in cemento armato. Da qui l’intervento urgente della Procura.
Nel decreto si parla esplicitamente di una vicenda “sovrapponibile” ad altri cantieri già finiti sotto sequestro — come quelli di via Crescenzago e via Cancano — e di una “prassi illegittima” consolidata negli anni, in cui opere edilizie ad alto impatto urbanistico venivano impropriamente qualificate come ristrutturazioni per evitare piani attuativi e permessi di costruire.
La Procura ricorda anche la circolare comunale del 2023, sospesa la scorsa primavera, che aveva aperto la strada a interpretazioni “elastiche” dell’articolo 41-quinquies della legge urbanistica, quello che impone limiti di altezza e densità. «Tale disposizione — scrivono i magistrati — esprime un principio fondamentale della pianificazione, non derogabile da circolari o leggi regionali».
Il terreno di viale Papiniano 48, inoltre, è sottoposto a vincolo paesaggistico e rientra nel “Nucleo di Antica Formazione” del Comune, oltre che nel vincolo regionale “Naviglio Grande – Nucleo rurale di interesse paesaggistico”. Per la Procura, la trasformazione dell’area «comporta una lesione irreversibile dei beni tutelati dalla normativa urbanistica e ambientale».
L’edificio preesistente era basso, a uso commerciale, compatibile con il tessuto storico. Il nuovo, con otto piani e due interrati, cambierebbe completamente la morfologia dell’isolato.
Il sequestro di viale Papiniano arriva in un momento cruciale per l’amministrazione milanese, ancora alle prese con le inchieste sull’urbanistica che hanno toccato anche dirigenti comunali, professionisti e imprenditori. La stessa delibera di Giunta del maggio 2025 — citata nel decreto — era nata per fare chiarezza dopo mesi di indagini e polemiche.
Ora, con questo nuovo provvedimento, la magistratura sembra consolidare una linea: la stagione delle “Scia creative” è finita.
E quel palazzo che in agosto sembrava solo “troppo alto per essere vero” diventa oggi un simbolo giudiziario del nuovo corso milanese, dove i confini tra ristrutturazione e nuova costruzione non sono più soltanto una questione tecnica, ma un banco di prova per la legalità urbanistica della città.
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