2022-04-26
Il magheggio dell’Europa per il processo immaginario che vuole fare a Putin
Proposte modifiche a Eurojust, l’Agenzia Ue per la cooperazione giudiziaria penale, che ora deve trovare prove dei crimini di guerra. Anche se fuori dalle sue competenze.Nella tragedia che sta vivendo l’Ucraina, si inserisce la farsa, che vede protagonista, come accade praticamente ogni giorno, l’Unione europea. Stavolta, la sceneggiata che va in onda in eurovisione ha come argomento il processo a Vladimir Putin per crimini di guerra. Un processo immaginario, ovviamente, una montatura propagandistica, l’ennesima, che serve solo a distribuire qualche altro incarico profumatamente pagato, considerato che anche se venisse dimostrato che il presidente della Russia si è reso responsabile di crimini di guerra, per processarlo bisognerebbe ammanettarlo e trascinarlo in tribunale, operazione non esattamente semplice, a meno che l’Europa non invada la Russia e conquisti Mosca, facendo sventolare la bandiera blu con le stelline sul Cremlino. La genialata di ieri consiste nella proposta di «modificare il regolamento Eurojust», si legge in un comunicato ufficiale della Commissione europea, «per dare all’Agenzia la possibilità legale di raccogliere, conservare e condividere le prove sui crimini di guerra». Eurojust, ricordiamolo, è l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale, che sostiene il coordinamento e la collaborazione giudiziaria tra le amministrazioni nazionali nelle attività di contrasto al terrorismo e alle forme gravi di criminalità organizzata che interessano più di un paese dell’Ue. Ha sede all’Aja, dove si trova anche la sede della Corte penale internazionale. Se la modifica proposta verrà approvata, potrà occuparsi anche di crimini di guerra, oltre che di terrorismo e criminalità organizzata. «A causa del conflitto in corso», si legge in un comunicato ufficiale della Commissione europea, «è difficile immagazzinare e conservare le prove in modo sicuro in Ucraina. Per garantire la responsabilità dei crimini commessi in Ucraina», prosegue la nota, «è fondamentale assicurare la conservazione sicura delle prove al di fuori dell’Ucraina, nonché sostenere le indagini e i procedimenti giudiziari da parte di varie autorità giudiziarie europee e internazionali. Da marzo, Eurojust sostiene una squadra investigativa congiunta dell’Ue che indaga sui possibili crimini di guerra commessi in Ucraina». Vale la pena ricordare che l’Ucraina non fa parte dell’Unione europea, e che non ha neanche ratificato, così come la Russia, la Cina e gli Stati Uniti, lo Statuto di Roma del 1998, documento sul quale si fonda l’attività della Corte penale internazionale dell’Aja. Eurojust, come recita il suo regolamento, al comma 2 dell’articolo 3, «esercita le sue competenze per i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione nei casi che vedono coinvolti gli Stati membri». Un modo per aggirare l’ostacolo giurisdizionale, si trova all’articolo 52 del regolamento: «Eurojust», si legge, «può instaurare e mantenere relazioni di cooperazione con le autorità di paesi terzi e le organizzazioni internazionali». Il procuratore della Corte penale internazionale dell’Aja, Karim Khan, a quanto ha riferito Europa Today il 5 marzo scorso, annunciando l’intenzione di «procedere con l’apertura di un’indagine», ha ammesso la complessità del caso. «L’Ucraina non è uno Stato parte dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, quindi non può deferire essa stessa la situazione al mio ufficio», ha spiegato Khan. Tuttavia, ha aggiunto, «c’è un percorso alternativo» indicato nello Statuto «che potrebbe accelerare ulteriormente le cose. Se uno Stato parte della Corte penale internazionale deferisse la situazione al mio ufficio», ha sottolineato Khan, «ci consentirebbe di procedere attivamente e immediatamente con le indagini indipendenti e obiettive». L’Italia, insieme ad altri paesi, ha subito colto l’assist e sottoscritto la procedura di attivazione della Corte penale internazionale, per identificare la sussistenza di eventuali crimini di guerra in Ucraina. Il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, lo scorso 4 marzo a Bruxelles per la riunione del Consiglio giustizia e affari interni della Ue, ha sottolineato come «anche i ministri della Giustizia hanno espresso una reazione pronta, coordinata, coesa, nei confronti della grave aggressione che si sta verificando in Ucraina. L’hanno già fatto nei giorni scorsi sollecitando il procuratore della Corte penale internazionale ad avviare un’indagine per eventuali accertamenti di crimini di guerra e crimini contro l’umanità, e hanno espresso determinazione a non lasciare nessuna zona di impunità», ha aggiunto la Cartabia, «soprattutto nell’ambito di Eurojust». Il 10 marzo, il ministro della Giustizia ha sottolineato che «Eurojust è un luogo di dialogo investigativo strutturato che ha trasformato il carattere transnazionale dei reati da ostacolo per le autorità nazionali a nuova opportunità di cooperazione. In ogni ambito di attività», ha proclamato la Cartabia, «compreso quello giudiziario, è quanto mai essenziale, soprattutto in questa fase storica che impone all’Europa di agire con una voce sola, di fronte ad un conflitto che imperversa proprio al confine dell’Unione europea». Per completare la sceneggiata, ieri Eurojust ha fatto sapere che la Procura della Corte penale Internazionale si unirà alla task force investigativa sui «presunti crimini di guerra commessi in Ucraina». L’accordo è stato firmato dal Procura generale della Corte dell’Aja e dalle procure dei tre Stati che con Eurojust compongono il team investigativo, ovvero Lituania, Polonia e Ucraina. L’unica cosa concreta in questo mare di fuffa sono i 7,5 milioni di euro per sostenere le indagini: soldi investiti per istruire un processo che non si celebrerà mai.
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