
La rinnovata unione d'intenti di Parigi con l'alleato americano ha un duplice scopo. Mentre la Casa Bianca manda una nave da guerra verso le acque di Bashar al Assad, la Francia tenta di garantirsi un ruolo a fine guerra e di scavalcare la Germania nell'area mediterranea.Charles Maurice de Talleyrand, la volpe della diplomazia francese nominata principe di Benevento da Napoleone, non entrava mai direttamente in una disputa diplomatica o in una trattativa politica. Egli preferiva invitare gli ospiti al proprio castello e giungere alle questioni importanti solo dopo aver imbastito discussioni filosofiche su qualche edizione particolare dei libri in suo possesso oppure aver mostrato i pezzi rari della pinacoteca di famiglia. Per il diplomatico che tenne testa perfino a Metternich la diplomazia richiedeva grazia e seduzione. Durante la visita ufficiale di due giorni a Parigi, il presidente francese Emmanuel Macron ha ammaliato il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman mostrandogli personalmente le bellezze di Parigi e invitandolo a cena direttamente al museo del Louvre. Tra i capolavori dell'umanità Macron ha chiuso contratti per la propria industria militare e discusso di geopolitica globale.Da quando è salito al potere, l'attuale presidente francese ha iniziato a perseguire con un approccio assai più realista dei suoi predecessori l'interesse nazionale francese nel bacino mediterraneo reimpostando la postura di Parigi nei rapporti bilaterali. Pur non abbandonando la retorica della grandeur a tutti i costi, Macron in molti campi ha resettato rendendosi conto dei limiti economici, logistici e politici della Francia. Per tale ragione ha ripreso a tessere rapporti bilaterali cercando d'ammaliare. Ha invitato Donald Trump e sua moglie alla parata del 14 luglio, ha ricevuto Vladimir Putin a Versailles per celebrare i 300 anni dalla visita di Pietro il Grande, ha regalato un cavallo della Guardia repubblicana al presidente Cinese XI Jinping e alla Regina Elisabetta II ha promesso di prestare al Regno Unito gli arazzi di Bayeux.Potendo contare più sul soft che sull'hard power, l'inquilino dell'Eliseo sta tessendo una rete diplomatica di buone relazioni con cui riposizionare la Francia nell'Ue, una volta che questa venga abbandonata dal Regno Unito, e ristabilire la propria zona di influenza nel Mediterraneo ovvero nel Nord Africa, cioè dalle sponde delle Siria fino all'estuario del fiume Congo. In Europa e nel Medio Oriente a pagare le conseguenze di un eventuale avanzamento francese, molto più dell'Italia, sarebbe la Germania che da anni si impegna ad estendere la propria presenza sulla direttrice Berlino-Teheran. È in questa ottica che va compreso il fasto con cui Macron ha ricevuto il principe saudita e la telefonata di coordinamento avuta con Trump in seguito alla quale i due si sono detti disposti a coordinare una risposta decisa all'uso di armi chimiche in Siria. Gli Stati Uniti hanno mandato una nave da guerra, il cacciatorpediniere Donald Cook, verso le acque siriane, sorvolata a a bassa quota dai jet russi. Parigi sta invece tentando di garantirsi un ruolo di rilievo nel caso siriano alla conclusione della guerra in modo da riconquistare almeno in parte il peso che le fu garantito nella regione dall'accordo sull'Asia minore siglato nel 1916 da Mark Sykes e François Georges Picot e che con il passare dei decenni è andato scemando. Macron ha ereditato uno scenario sufficientemente malleabile dai suoi predecessori: l'ultimo leader occidentale a ricevere Bashar al Assad prima della guerra fu Nicholas Sarkozy, la vicinanza a Teheran è forte fin dai tempi in cui l'ayattollah Ruhollah Khomeini arrivò a infiammare la rivoluzione islamica nel 1979 con un volo dell'Air France e l'operazione Chammal sta dando alla Francia la possibilità di porsi a difesa dei curdi, politicamente di nuovo abbandonati da tutti. I contatti con i rappresentanti curdi sono talmente radicati che una delegazione composta da tutti i partiti e fazioni del Kurdistan ha accettato d'incontrare Macron all'Eliseo lo scorso 30 marzo. La questione del Kurdistan potrebbe essere il chiavistello per far rientrare la Francia in Siria. La strategia delle amicizie multiple e del bilanciamento degli interessi configgenti sta permettendo al presidente francese di parlare con Putin chiedendogli di calmierare l'escalation militare sul terreno, con Mohamed bin Salman per garantire gli interessi sunniti e, aiutandolo nel contenzioso yemenita, triangola con l'iraniano Hassan Rouhani e riporta il tutto a Trump, con cui discute di eventuali risposte sperando di riuscire ad ottenere anche il tacito appoggio di Recep Tayyip Erdogan. Se a tutto ciò si aggiunge che Macron, pur non apprezzandolo personalmente, ha dichiarato lo scorso luglio che per il momento non vede all'orizzonte alcun successore legittimo del presidente Assad, è facile comprendere come all'Eliseo i consiglieri si stiano in questi mesi cimentando con sincera caparbietà nel puzzle siriano. L'obiettivo secondario è rimettere mano sul Libano, dal quale i francesi si sono dovuti allontanare già dalla metà degli anni Ottanta. È sempre più chiaro per che per chiudere un tale puzzle sia sempre più necessario alzare i toni fino a schierarsi a fianco degli Usa nel caso in cui di debba mettere gli stivali sul terreno. L'alleanza bellica con gli Usa avrebbe anche il «pregio» di scavalcare la Germania che rimarrebbe impelagata nelle sabbie che vanno dalla Turchia all'Iran.La Siria, una volta terminato il conflitto armato, potrebbe così diventare la cartina di tornasole del nuovo ordine globale e certamente sarà uno dei pilastri portanti di quello mediterraneo. In tale contesto sarebbe bene però che Macron si ricordasse una celebre frase del principe di Benevento, suo riferimento di stile diplomatico: «Ogni passo non necessario è imprudente».
Fabio De Pasquale (Ansa)
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