
Il presidente francese, a picco nei sondaggi, su migranti e bilancio copia i populisti. Se all'interno del Pd facesse capolino, come per magia, una spruzzata di onestà intellettuale, i vari furbetti della correntina che spadroneggiano nel partito sarebbero costretti ad ammettere l'amara verità. E cioè che l'unico modo per recuperare voti è ispirarsi al governo Lega-5 stelle. Per ovvi motivi, tale rigurgito di onestà è impossibile. Dunque ai progressisti nostrani non resta che ripiegare su Emmanuel Macron. Da mesi lo citano a ripetizione come un esempio da seguire, lo propongono quale alleato fondamentale in sede comunitaria. Lo evocano nelle interviste, nei comizi e nelle ospitate televisive. Il suo nome ricorre negli editoriali e nelle analisi pompose. Piccolo problema: la ricetta che il bellimbusto francese ha messo in campo per cercare di risalire la china (i sondaggi lo vedono in calo vertiginoso) sembra un clone del programma legastellato. Certo, Emmanuel ci mette anche del suo: l'antipatia che lo contraddistingue è genuina, roba che se uno non ce l'ha mica se la può dare. Tuttavia, la sua linea politica - al netto delle dichiarazioni altisonanti e dei commenti sprezzanti - appare, come dire, non del tutto inedita. Prendiamo, per esempio, il «reddito universale di attivazione» (Rua). Non vi ricorda qualcosa? Massì, il caro, vecchio reddito di cittadinanza. Che trovata geniale, eh? Persino l'azzimato figlioccio dell'aristocrazia burocratica d'Oltralpe deve gettare un biscottino nelle fauci vili di Demos, e compiacere il popolo con qualche forma di sostegno economico. Sulle labbra s'arriccia un sorriso amaro al pensiero che Macron ci era stato venduto come l'argine al populismo dilagante, come l'ultima ridotta del buon senso di fronte all'avanzata delle tenebre. Eppure, pensate un po', il signorino pesca a piene mani dal populismo che - a parole - sdegna più d'ogni altra cosa. Vogliamo parlare della finanziaria francese? Il nostro geniaccio parigino prevede di portare il deficit a un passo dal 3% (2,8%, per la precisione). La sua ricetta per rilanciare l'economia e far respirare i cittadini qual è? Una bella sforbiciata alle tasse, una riduzione della pressione fiscale. E anche questa, da qualche parte, l'abbiamo già sentita. Chiaro: i dettagli in politica sono (quasi) tutto, e le stesse misure in tempi e luoghi diversi possono dare effetti diversi. Però, almeno sul piano degli annunci, Emmanuel sta seguendo il sentierino dei barbari populisti. Poi, ovviamente, c'è la questione migratoria. Gabriel Attal, portavoce di En Marche!, il partito macroniano, definì l'Italia «vomitevole» poiché non voleva far approdare l'Aquarius carica di stranieri. Macron in persona parlò di «cinismo e irresponsabilità». E adesso, che fa il nostro? Semplice: utilizza la strategia messa in campo dal governo Conte. Ha chiuso il porto di Marsiglia e ha invitato l'imbarcazione di Sos Méditerranée a dirigersi altrove, invocando il soccorso dell'Europa tutta. Alla fine, i 58 migranti che l'Aquarius trasporta saranno sbarcati a Malta, poi verranno spartiti fra Spagna, Portogallo e Francia. Proprio come accadde qualche mese fa, quando Salvini veniva accusato di essere un emissario di morte che respingeva poveri derelitti. È evidente che tutta questa situazione presenta un aspetto comico, anzi grottesco. I democratici nostrani che sbraitano all'indirizzo del governo italiano poi s'attaccano al vicino di casa che fa cose simili (ma con più ipocrisia e molta più perfidia). D'altro canto, il comportamento di Macron è il segno visibile della disfatta europea. Egli dimostra che i vincoli, le regole, i paletti e le mille ciance udite negli anni non valgono assolutamente nulla. Perché tanto c'è chi si può permettere di agire come gli pare. Le lezioncine squallide, i rimproveri e pure gli insulti rivolti negli ultimi tempi al nostro Paese non piovono sulla Francia: a Parigi, alla bisogna, possono scimmiottare Salvini. Forse il trucco è tutto lì: essere populisti si può, basta non dirlo. In effetti, in giro per l'Europa di populisti repressi se ne vedono tanti.
Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






