2025-08-24
Macron dà di matto. Salvini: «Reazione spropositata a un detto milanese»
Convocato l’ambasciatore dopo il «taches al tram» sulla guerra del vicepremier. Forza Italia: «Non decide lui la politica estera».Le esternazioni del leader leghista sono solo una scusa: la verità è che con i transalpini troppi dossier ci vedono su sponde opposte. A cominciare dalla reiterata volontà francese di rompere con Donald Trump.Lo speciale contiene due articoliÈ alta tensione tra Roma e Parigi. È bastata una battuta del ministro delle Infrastrutture e vicepremier, Matteo Salvini, contro l’ipotesi di mandare truppe in Ucraina, per scatenare un putiferio. Magari lo stile non sarà stato proprio diplomaticamente corretto ma di sicuro, parlando fuori dai denti, come è nel suo carattere, ha dato voce a ciò che pensa non solo la maggioranza degli italiani ma anche dei partner europei. E la reazione non s’è fatta attendere. Facciamo un passo indietro. Giovedì scorso, a margine di un sopralluogo in via Bolla a Milano, il leader della Lega, sollecitato sull’ipotesi della Francia di un intervento militare in Ucraina, parte a briglia sciolte. «A Milano si direbbe taches al tram, attaccati al tram, ti metti il giubbetto, il caschetto, il fucile, vacci tu in Ucraina». Poi l’attacco alle «macronate varie, come eserciti europei, riarmi europei, debiti comuni europei per comprare missili mentre c’è chi, Trump, sta riuscendo laddove altri hanno fallito». Da qui il diluvio diplomatico. Il Quai d’Orsay, il ministero degli Esteri francese, convoca l’ambasciatrice italiana a Parigi, Emanuela D’Alessandro, «a seguito dei commenti inaccettabili che sono contrari al clima di fiducia e alle relazioni storiche tra i due Paesi», come riporta una fonte della France Press.Convocando l’ambasciatrice italiana, Parigi ha probabilmente voluto indicare che la misura era colma a causa della consuetudine degli attacchi del vicepremier leghista nei confronti di Macron, spesso apostrofato pubblicamente come «guerrafondaio» e «bombarolo» per citare solo alcuni degli appellativi più frequenti, oltre a «ipocrita», «chiacchierone», «signorino educato che eccede in champagne», «criminale». Un’escalation cominciata a marzo scorso con il no secco a «un esercito europeo comandato da quel matto di Macron che parla di guerra nucleare» e che «ha una disperata esigenza di dare un senso alla sua ancor breve permanenza alla guida della Francia. Però non lo faccia a nostre spese». Anche allora il ministero degli Esteri francese aveva convocato D’Alessandro, per protestare formalmente. A giugno Salvini è partito di nuovo all’attacco, con l’invito provocatorio: «Mettiti l’elmetto, vai a combattere e non rompere le palle».Ieri la valanga di reazioni si è ingigantita coinvolgendo altri membri del governo e con critiche che sono partite anche dall’interno della maggioranza. Getta acqua sul fuoco il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi secondo cui, «Salvini è un leader politico» e dunque «utilizza a volte una terminologia molto forte per veicolare i suoi messaggi, che sono comunque leciti in una democrazia».Ma Forza Italia fa alcuni distinguo. Deborah Bergamini, vicesegretario nazionale e responsabile Esteri del partito, rimarca che «la politica estera italiana spetta al presidente del Consiglio e al ministro degli Esteri» e sottolinea che «l’accaduto non cambierà i nostri rapporti di amicizia con la Francia, pur nelle diverse sensibilità». Altro mal di pancia per Maurizio Lupi, presidente di Noi Moderati: «Salvini ha sbagliato i toni, che in politica sono anche sostanza, ma ha sostanzialmente ribadito la posizione italiana, contraria all’invio di truppe in Ucraina. Italia e Francia hanno un fortissimo legame storico e culturale e interessi comuni, per cui questa polemica estiva sarà presto chiarita e non avrà strascichi». Per la Lega la polemica potrebbe finire subito «se Macron smentisse la volontà di inviare soldati europei a combattere in Ucraina. Ma continuare a tirare in ballo l’ombrello nucleare europeo, eserciti europei, missili e bazooka europei non aiuta in questo momento. Lasciamo che gli spiragli di pace vadano avanti», ha affermato il capogruppo del partito al Senato, Massimiliano Romeo. Alle opposizioni non pare vero di poter infilzare il governo. «Le intemerate di Salvini non mettono in difficoltà solo il governo, con Tajani e Meloni che rivendicano col loro alleato leghista il proprio ruolo in politica estera, ma imbarazzano il Paese», ha commentato Elly Schlein, del Pd, partito sempre vicino all’Eliseo. Il segretario di +Europa Riccardo Magi parla di «un’umiliazione per il nostro Paese e un imbarazzo per la nostra rete diplomatica», e chiede alla premier Giorgia Meloni di prendere le distanze. Per il vicepresidente di Italia viva Enrico Borghi, si tratta di «un’altra vicenda dalla quale emerge la pochezza della classe di governo di destra». «Salvini, come al solito, usa toni impropri per un vicepremier», accusa invece il leader di Azione, Carlo Calenda, «non perché non si possa dissentire da un altro capo di Stato, anche io non ho condiviso alcune prese di posizione di Macron, ma perché non puoi parlare come fossi al bar dello sport».Salvini tuttavia non indietreggia e anzi ieri ha riattizzato la polemica: «Macron è un po’ troppo permaloso. Attaccati al tram non è un insulto. C’è qui qualcuno che è pronto a mandare suo figlio a combattere in Russia? Macron si metta il casco e ci vada lui. E comunque i sondaggi dicono che l’80% dei francesi non lo gradisce». Ieri sera, alla trasmissione 4 di sera, il leader leghista ha ribadito le sue ragioni, seppur con toni più morbidi: «Reazione spropositata, non c’è stato nessun insulto. A una domanda sulla possibilità di mandare a combattere i nostri figli ho detto di no, che è la nostra posizione di sempre, usando un detto simpatico milanese. Il nostro è un no alla guerra fermo, sobrio, a nome del popolo italiano e dello stesso popolo francese. La Meloni? Siamo impegnati totalmente a lavorare per l’interesse degli italiani».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/macron-esagera-reazione-dichiarazione-salvini-2673913777.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="dazi-armi-medio-oriente-africa-ecco-perche-la-francia-ci-detesta" data-post-id="2673913777" data-published-at="1756022848" data-use-pagination="False"> Dazi, armi, Medio Oriente, Africa. Ecco perché la Francia ci detesta Le fibrillazioni diplomatiche esplose ieri tra Italia e Francia hanno radici ben più profonde del mero scontro tra Matteo Salvini ed Emmanuel Macron. I dossier su cui Roma e Parigi sono ai ferri corti risultano infatti svariati. Cominciamo dalla questione dei dazi americani. Macron, durante le trattative commerciali tra Bruxelles e Washington, ha spinto per la linea dura nei confronti della Casa Bianca. Un atteggiamento a cui si è opposta Giorgia Meloni che, spalleggiata in parte anche dalla Germania, ha voluto evitare un muro contro muro, salvaguardando così le relazioni transatlantiche. Il nodo non è tuttavia ancora completamente risolto. Nel caso dovessero proseguire dei negoziati sull’agroalimentare e Roma dovesse cercare di muoversi con maggiore autonomia, Parigi - che è particolarmente attenta al settore vinicolo - non sarebbe prevedibilmente contenta di un simile scenario.Un secondo fronte di attrito tra Italia e Francia riguarda il comparto della Difesa. La Meloni, anche in questo caso, ha sempre puntato a rafforzare la sponda tra Palazzo Chigi e la Casa Bianca. «La nostra cooperazione in materia di Difesa deve basarsi su una catena di approvvigionamento transatlantica profonda ed estesa», recitava il comunicato congiunto tra Italia e Stati Uniti, emesso ad aprile durante la visita della Meloni a Washington. Macron, di contro, punta a rendere l’industria europea della Difesa più lontana dagli Usa e maggiormente gravitante attorno a Parigi. È stato proprio lui a premere affinché nel piano Readiness 2030 fosse inserita la clausola del «Buy European»: un elemento, questo, che aveva irritato notevolmente gli americani. Non è un caso che, alcuni mesi fa, fu proprio la filiera filofrancese, in Italia, a opporsi strenuamente a un eventuale accordo tra Roma e Starlink: realtà che, ricordiamolo, fa capo a un appaltatore del Pentagono, come SpaceX.Un terzo ambito di scontro tra Italia e Francia riguarda poi il Medio Oriente. Non è un mistero che Donald Trump abbia intenzione di rilanciare gli Accordi di Abramo. E, in questo senso, si assiste a una serrata concorrenza tra Roma e Parigi. Non a caso, Macron ha fatto una fuga in avanti, dichiarando di voler riconoscere lo Stato palestinese il mese prossimo in sede Onu. Anche su questo dossier, il presidente francese si è messo di traverso all’amministrazione Trump, la cui politica mediorientale non prevede, almeno per ora, un simile passo. L’obiettivo dell’Eliseo è del resto quello di accattivarsi le simpatie del mondo arabo. Il governo Meloni non è comunque rimasto con le mani in mano. All’inizio dell’anno, ha infatti firmato accordi per dieci miliardi di dollari con l’Arabia Saudita e un’intesa da 40 miliardi di euro con gli Emirati Arabi Uniti.Infine, ma non meno importante, Italia e Francia sono ai ferri corti anche in Africa. Un quadro, quest’ultimo, di natura strutturale, che va oltre la presidenza di Macron. Basti pensare al controverso ruolo francese nella guerra libica del 2011. E al fatto che, durante il suo primo mandato presidenziale, l’attuale inquilino dell’Eliseo spalleggiava Khalifa Haftar contro il governo di Tripoli, riconosciuto da Roma. Non solo. Parigi ha anche perso notevolmente influenza politico-militare sul Sahel negli ultimi tre anni: Mali, Burkina Faso e Niger sono infatti ormai stabilmente entrati nell’orbita russa. Di contro, il governo Meloni ha rilanciato il ruolo dell’Italia nel continente africano soprattutto grazie al Piano Mattei: un’iniziativa che viene benvista da Washington. «Accogliamo con favore l’approccio economico pragmatico del presidente del Consiglio Meloni all’impegno in Africa, inclusa l’enfasi dell’Italia nel trattare le nazioni africane come partner alla pari nella costruzione di opportunità condivise e prosperità reciproca», ha dichiarato, lo scorso 15 agosto, in un’intervista esclusiva alla Verità Massad Boulos: il senior advisor di Trump per l’Africa. Va da sé come la ripresa dell’iniziativa italiana nell’area e l’intesa di Palazzo Chigi con la Casa Bianca non siano esattamente viste con serenità dalle parti dell’Eliseo.Più in generale, la strategia francese è quella di indebolire le relazioni transatlantiche con l’obiettivo di rilanciare il ruolo di Parigi in seno all’Ue sia dal punto di vista politico che della Difesa. Peccato che, oltre a ingenti problemi sociali e alla perdita d’influenza in Africa, la Francia sia anche attraversata da una profonda crisi politica: dal 2024 ha visto avvicendarsi ben quattro premier. La Meloni, dal canto suo, ha sin dall’inizio preferito giocare di sponda con Washington proprio per affrancare Roma dalle «tutele» franco-tedesche tanto care al centrosinistra italiano. Senza contare che, come detto, la linea dura di Macron sui dazi americani ha portato Berlino ad avvicinarsi a Roma contro la stessa Parigi. Insomma, la turbolenza diplomatica scoppiata ieri tra Italia e Francia poggia su cause profonde e strutturali. Chi oggi esorta Roma a rimettersi sulla scia dell’Eliseo o pecca d’ingenuità o non ha particolarmente a cuore il nostro interesse nazionale.
Giorgia Meloni e Donald Trump (Getty Images)
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Donald Trump (Getty Images)