2018-10-17
Macron, come dite vomitevole in francese?
Dopo il caso dei clandestini scaricati dalla Gendarmerie a Clavière, emerge un altro episodio di sospetto sconfinamento. E le scuse di Parigi («Erano militari inesperti») peggiorano le cose. Che poi, è chiaro, se fossero stati esperti, che avrebbero fatto? Ovvio: non si sarebbero fatti beccare. Avrebbero continuato a scaricarci addosso i clandestini senza che nessuno lo sapesse… L'Eliseo, a quanto pare, ci ha preso per il suo sgabuzzino.Allons enfants de la connerie. E del resto con le stupidate (eufemismo) la Francia sembra avere un rapporto assai più stretto che con la patria, concetto sul quale i cugini transalpini, ultimamente, sembrano avere qualche difficoltà. Per esempio si sono convinti che l'Italia sia la loro stanza di servizio, una specie di sgabuzzino, il ripostiglio in cui scaricano tutto ciò che arrecherebbe disturbo alla grandeur della loro baguette. Gli immigrati clandestini, per esempio. C'est terrible, n'est-ce pas? E alors voilà: li prendono, li caricano sulle loro camionette, e ce li riportano a casa nostra, calpestando il territorio nazionale dell'Italia come se fosse il loro scendiletto. Il fatto più clamoroso, lo sapete, è accaduto a Cesana. Alcuni militari della Gendarmerie francese sono stati sorpresi dalla Digos a Clavière, provincia di Torino, Repubblica italiana, mentre facevano scendere due giovani stranieri. Li hanno invitati a scappare nei boschi, verso il nostro Paese, poi hanno girato l'auto e sono andati via a tutta velocità. I nostri poliziotti hanno filmato tutto e la Procura ha aperto un'inchiesta contro ignoti, con l'accusa di traffico di clandestini, la medesima che viene normalmente contestata agli scafisti. Del resto rimaniamo, fino a prova contraria, un Paese sovrano. Mica la discarica delle prepotenze à la français. Ma qui viene il bello. Davanti alle proteste del governo italiano, infatti, le autorità francesi hanno ammesso lo sconfinamento, classificandolo nella categoria «piccoli incidenti deplorevoli». Ops, che sbadati. Si sono sbagliati: hanno invaso l'Italia. Scusateli. Succede. Anche perché, ci hanno spiegato, il fatto è avvenuto a causa di «militari inesperti che avevano una scarsa conoscenza del luogo». Avete capito? Erano inesperti. Si sono persi, poveretti. Nel bosco. Come Cappuccetto Rosso. O come Pollicino. Non avevano nemmeno lasciato il sentiero di briciole, questi bocia. Che poi, è chiaro, se fossero stati esperti, che avrebbero fatto? Ovvio: non si sarebbero fatti beccare. Avrebbero continuato a scaricarci addosso i clandestini senza che nessuno lo sapesse… Quest'ultima, infatti, sembra una pratica piuttosto consueta per i francesi. Ieri, mentre si dibatteva su queste scuse ispirate al noto principio «la toppa è peggio del buco», e giustamente respinte al mittente dal ministro Matteo Salvini, è saltato fuori un altro caso singolare: la Procura di Torino, infatti, sta indagando su un episodio simile, sempre nella zona di Clavière. Ad agosto due cittadini italiani sarebbero stati fermati da uomini armati e vestiti in tuta mimetica, che avrebbero intimato loro di tornare indietro e di non riferire a nessuno di quell'incontro. Soldati francesi? Militari della Gendarmerie? I magistrati verificheranno. Ma certo non è entusiasmante sapere che militari in tuta mimetica organizzano posti di blocco sul nostro territorio nazionale senza che nessuna autorità italiana sia avvertita, non vi pare? Ora, prima che i francesi mandino la Gendarmerie a imporre la lingua francese nelle scuole di Clavière e le escargot nella mensa pubblica, vorremmo sommessamente ricordare loro che la cittadina, per quanto il nome possa lasciare adito a qualche dubbio, è italiana. Italianissima. E dunque non è roba loro. Se vogliono entrarci per scaricare i clandestini in sovrannumero o per giocare ai piccoli rambo o per organizzare tornei di pétanque, sono pregati, prima, di bussare alla porta, come si fa quando si entra in casa d'altri. «Scusate, è permesso?». Le care e vecchie buone abitudini di una volta. Avez vous oublié, messieurs? Per altro che non si tratti di un «deplorevole errore» o di qualche sbarbato militare che si smarrisce nel bosco, è evidente: già ad aprile, come ricorderete, i francesi avevano fatto irruzione in un centro di accoglienza di Bardonecchia per effettuare controlli su un nigeriano fermato in territorio francese. Allora le autorità francesi si erano giustificate appellandosi ad antichi accordi (anno d'oro 1990) che permetterebbero, a loro dire, «sconfinamenti senza la necessità di avvertire l'altro Paese». E del resto che i gendarmi francesi interpretino le norme con una certa disinvoltura lo dimostrano anche i filmati in cui li si vede impegnati a sbattere giù dai treni, al confine, donne incinte e bambini. O quelli in cui caricano camion di immigrati per riportarli, con inusitata durezza, verso il confine di Ventimiglia. A rendere tutto ciò ancor più insopportabile, però, è il tono che i medesimi cuginetti francesi hanno quando parlano di noi e del nostro tentativo di evitare l'invasione di clandestini. Dal vomitevole (portavoce di Macron) ai fascisti (Pierre Moscovici), gli insulti si sprecano. Non perdono occasione per dipingersi come il volto buono dell'Europa accogliente, argine contro il montante populismo razzista. Non è un po' troppo? Prima di muoverci la prossima accusa dovrebbero, come minimo, scegliere di mandare al confine militari che evitino di perdersi nel bosco. E che imparino a bussare quando entrano in casa d'altri. Evitando di superare i confini. Tutti i confini. Anche quelli della decenza.
Getty Images
Le manifestazioni guidate dalla Generazione Z contro corruzione e nepotismo hanno provocato almeno 23 morti e centinaia di feriti. In fiamme edifici istituzionali, ministri dimissionari e coprifuoco imposto dall’esercito mentre la crisi politica si aggrava.
La Procura di Torino indaga su un presunto sistema di frode fiscale basato su appalti fittizi e somministrazione irregolare di manodopera. Nove persone e dieci società coinvolte, beni sequestrati e amministrazione giudiziaria di una società con 500 dipendenti.