2024-03-06
Macron calpesta la civiltà francese
Per lisciare il pelo all’elettorato di sinistra, il presidente ha tradito l’intera nazione. E se persino Marine Le Pen ha ceduto, almeno i conservatori di Eric Zemmour hanno detto no. Europarlamentare di Fdi, copresidente del gruppo Ecr del Parlamento europeoDa ieri la Francia è l’unico Paese al mondo ad aver inscritto l’aborto tra i diritti fondamentali della propria Costituzione. Una scelta lugubre, malinconica, che sa di sconfitta. Che non ha nulla a che fare con la liceità dell’interruzione di gravidanza, già da tempo rinvenibile nell’ordinamento giudiziario francese. Come in quello italiano.Intendiamoci, l’aborto è una strada dolorosa, senza ritorno, talvolta necessaria, ed è giusto che esista una legge a regolamentarlo. Anche da noi. Ma non si può pretendere di considerarlo un diritto umano. Alla stregua della dignità della persona o dell’uguaglianza. Nella soppressione di una vita che non può difendersi ci può essere una necessità, forse, ma di sicuro non c’è dignità né uguaglianza. Anche la legittima difesa è una necessità, esistono leggi che giustamente tutelano l’agire violento contro un’altra persona in determinate condizioni, ma a nessuno verrebbe in mente di inserirla in Costituzione tra i diritti inviolabili di una comunità umana. Figuriamoci se si tratta della soppressione di una vita incolpevole, della negazione del «diritto a nascere», per dirla con Giuliano Ferrara.I diritti garantiti dalle Costituzioni sono le fondamenta culturali di una nazione, affondano nei secoli, nei pensieri profondi di un popolo lungo l’arco del tempo. Può mai essere l’aborto il pilastro di una nazione che ha informato di sé l’intera civiltà occidentale? Ma vale anche per le culture immigrate in Francia. Alle quali quasi verrebbe da aggrapparsi, per non smarrire anche le residue speranze di un po’ di rispetto per l’umano e il divino. E che nessuno chiami libertà questa roba qui. O diritto. Non nella patria di Montesquieu e Voltaire, per favore. O di un Pascal che affermava: «Ognuno ha in sé l’originale della bellezza di cui cerca la copia nel vasto mondo». Si tratta di una bandierina politica, misera. Per Emmanuel Macron è una strizzatina d’occhio all’elettorato della sinistra francese, tanto ossessionata dalla premier italiana che la promotrice socialista dell’iniziativa costituzionale francese l’ha provocatoriamente dedicata proprio a Giorgia Meloni. Una ossessione che che diventa sudditanza culturale nel voto favorevole espresso da gran parte dei parlamentari di Marine Le Pen. Un voto, questo, che segna la resa della destra francese di fronte alla prepotenza culturale progressista. Per fortuna non di tutta la destra francese. C’è qualcuno che ha detto no, votando contro. Sono i deputati di Reconquête. Proprio di recente, uno di loro è entrato nel gruppo dei Conservatori che ho l’onore di guidare al Parlamento europeo e mi piace sottolinearlo. Conservare la vita, la bellezza, la giustizia, la tradizione, sé stessi, resta la ragione dell’impegno politico di alcuni. Non è una scelta rivolta al passato. È una scelta che ricuce il tempo e le lacerazioni umane. Come scrisse Arthur Moeller van den Bruck: «Essere conservatori non significa dipendere da ciò che è stato ieri, ma vivere di ciò che è eterno».
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