2021-07-26
M5s choc: Conte smentisce Travaglio. Grillini a pezzi sulla riforma Cartabia
«Il Fatto» fa dire a Giuseppi che è pronto alla sfiducia. Rocco Casalino sconfessa il quotidiano.«In merito ad alcuni virgolettati che oggi vengono attribuiti a Giuseppe Conte, lo staff dell'ex presidente del Consiglio precisa che Conte non ha rilasciato interviste, né dichiarazioni, né virgolettati, e ribadisce che sta lavorando per trovare una mediazione sulla giustizia».A prima vista, ieri verso le 10, per chi non avesse guardato con attenzione i giornali, queste scarne righe sarebbero sembrate una smentita come tante. E invece quella nota celava una notiziona, roba da uomo che morde il cane (non viceversa), perché il giornale a cui la smentita risultava diretta era nientemeno che Il Fatto Quotidiano, la testata da sempre più vicina a Conte, anche durante il recente scontro con il fondatore, Beppe Grillo, poi risolto con una pace di cartapesta. E che aveva scritto il quotidiano di Marco Travaglio ieri mattina? Il titolone di prima pagina era in effetti politicamente impegnativo, con un virgolettato attribuito direttamente a Conte: «O si cambia o leviamo la fiducia», sotto l'eloquente occhiello «Salvaladri e mafia». E alle pagine 2 e 3 il concetto veniva ribadito e circostanziato: «Conte all'ultimo bivio: “Senza modifiche non votiamo la fiducia"». Nel pezzo del sempre informato (sulle cose grilline) Luca De Carolis, si leggeva ancora: «In caso di mancata intesa, Conte potrebbe davvero decidere per lo strappo, per il mare aperto, cioè per l'uscita dal governo Draghi». E qui si riaprivano le virgolette, con una frase attribuita non a Conte stesso ma ad «alcuni contiani doc»: «Se non accettano modifiche vere, preservando innanzitutto i processi per mafia, per noi sarà impossibile votare la fiducia». Ora, al di là di una punta di divertimento nel leggere di Conte che prende le distanze dal Fatto, si tratta di capire cosa sia davvero successo ieri mattina. Prima ipotesi: Conte, nella sua smentita, dice il falso, perché in realtà la minaccia di togliere la fiducia al governo esiste. In questo caso, quella del Fatto non sarebbe una forzatura, ma il (pur interessato e partecipe) racconto di un'intenzione politica reale. Seconda ipotesi: Conte dice il vero, perché intende davvero trattare con Marta Cartabia, anche considerando il recente incontro con Mario Draghi, magari puntando a strappare ulteriori correzioni, più o meno simboliche, che gli consentano di provare a salvare la faccia davanti ai suoi pasdaran. Terza ipotesi: ieri di buon mattino Conte è stato travolto via telefono e via sms dai «vaffa» di ministri, deputati e senatori M5s, che gli hanno certificato di non essere minimamente disposti a rinunciare alle loro poltrone su richiesta del Fatto. Quarta ipotesi: a far leva su Conte è bastato un solo messaggio, quello di Grillo, già artefice, sempre secondo il Fatto, delle pressioni decisive (peraltro su richiesta di Draghi, secondo quella ricostruzione) sui ministri pentastellati affinché dicessero sì alla Cartabia in Cdm. Quinta e ultima ipotesi: a Conte è sembrato troppo l'editoriale, sempre ieri sul Fatto, in cui Travaglio ha letteralmente strapazzato Luigi Di Maio (definito «Giggetto il Draghetto»), ribadendo la tesi di Fabiana Dadone (nota per i tacchi sul tavolo, che nei giorni precedenti aveva evocato ipotetiche dimissioni dei ministri grillini), secondo cui, «se le modifiche alla schiforma non saranno sufficienti», il M5s «dev'essere pronto a uscire dal governo». Aggiunge in punta di randello (più che in punta di fioretto) Travaglio: «È ciò che dovrebbero dire anche Di Maio, D'Incà e Patuanelli, se vogliono sperare che premier e Guardasigilli scendano a più miti consigli e che gli elettori tornino a votare i M5s anziché inseguirli coi forconi». Ovviamente, nessuno sa quale delle cinque ipotesi sia quella giusta. Ma il caos che travolge i pentastellati aumenta di ora in ora. E (come La Verità scrisse dal primo minuto di questa vicenda, anticipando un esito a cui altri sono arrivati dopo una decina di giorni) sarà la mannaia del voto di fiducia a costringerli a scegliere.