2023-09-04
        «La guerra va finita, il nemico non è Putin»
    
 
        Edward Luttwak (Imagoeconomica)
    
L’analista Edward Luttwak: «Un presidente con più energia avrebbe già chiuso il conflitto, dicendo che è Pechino il nostro vero rivale. Nel Donetsk serve un referendum: il popolo decida se stare con Kiev o Mosca. Non è detto che i candidati alle elezioni saranno Biden e Trump...». Edward Luttwak è un economista, politologo ed esperto di strategia militare e politica estera. Donald Trump riuscirà a candidarsi nonostante tutti i problemi giudiziari? «Siamo molto lontani dall’elezione, è l’anno prossimo. A questo punto la dinamica politica degli Usa è tale che è una perdita di tempo fare previsioni. Perché da adesso alle elezioni tutto può cambiare ed è facilissimo che non ci saranno né Biden né Trump». Che giudizio dà della politica estera americana con Joe Biden? «C’è stato l’enorme errore di Kabul perché sarebbe stato molto facile continuare a pagare un po’ di gente laggiù e rimanere. È vero che l’esercito afghano era una truffa ma era un imbroglio che funzionava e nemmeno i Talebani erano molto efficaci, ma a parte questo enorme errore la politica con la Cina è stata di perfetta continuità con l’approccio di Trump, che aveva adottato sanzioni economiche contro i cinesi che urtavano contro i veri interessi dell’America e che Biden ha mantenuto al 100%. Continuità anche in Medio Oriente a parte una specie di intervallo durante il quale Biden ha lasciato che la gente messa lì da Bill Clinton prima e da Barack Obama sabotassero il rapporto con i sauditi». Alla Casa Bianca non ci sono uomini di Joe Biden? «No, non ci sono. Sono tutti morti tempo fa oppure sono andati in pensione. È pieno di “clintoniani” e “obamiami” ma non ci sono “bidenisti”». Mi diceva dell’Arabia Saudita: perché hanno sabotato i rapporti con il Regno? «È stato a causa del fatto che gli agenti sauditi avevano trucidato all’interno del consolato saudita il giornalista saudita Jamal Khashoggi ma uccidere gli oppositori è un fatto che in Medio Oriente succede ogni giorno. Visto questo volevano sabotare i rapporti Usa- Arabia Saudita che sono fondamentali per i rapporti con tutti Paesi che dell’area del Golfo Persico. Ma ora la politica mediorientale Usa è solida perché ancorata da una parte su Israele e dall’altra sull’Arabia Saudita. Mentre in Asia orientale la politica di Biden è stata iper-perfetta per il fatto che lì tutta la strategia non è fatta dagli americani ma dai cinesi: ogni volta che gli Usa hanno bisogno di un alleato i cinesi arrivano e lo prendono a calci fino a che diventa alleato americano». È lo stesso che vogliono fare a Taiwan? «No. Taiwan è differente. L’unico che vuole attaccare Taiwan è Xi Jinping è la ragione per cui vuole farlo non è ad maiorem Dei gloriam ma per il fatto che è ossessionato dall’idea che il popolo cinese Han è stato un popolo incapace di combattere. Xi Jinping usa continuamente due termini cinesi: ringiovanimento, perché vuole ringiovanire il popolo cinese; prontezza a combattere. Per lui l’invasione di Taiwan non è economica, né strategica, ma è provare che il popolo cinese sa combattere. Ma la verità storica è che sono stati sconfitti da tutti». Quale è la situazione dell’economia cinese? «La peggiore crisi dagli ultimi 30 anni a causa dei sovrainvestimenti. La Cina non è cresciuta grazie ai consumi, quindi attraverso una crescita con investimenti razionale. Loro hanno puntato sulla crescita infrastrutturale. In tutta la Cina ogni località ha il suo ente, misto, privato, comunale regionale, provinciale… che prende soldi dalla banca di Stato per costruire un ponte. Ora, il primo ponte era molto necessario ma il millesimo ponte no. Hanno costruito circa 250 aeroporti. Di questi, 100 hanno un solo volo al giorno. Hanno 550 città collegate attraverso i treni ad alta velocità ma ne sono utilizzati solamente circa 250. Strutturalmente l’economia cinese non sta crescendo e c’è molta disoccupazione. Xi Jinping ha attaccato l’industria hi tech perché non voleva tra i piedi un Elon Musk o Jack Ma o gente di questo tipo, per paura che diventassero più importanti di lui. Adesso l’industria dell’hi tech cinese si nasconde nel proprio guscio e quindi non cresce. Licenzia. Quindi i giovani sono disoccupati. Parliamo del 30% di disoccupazione giovanile che per la Cina è fenomeno ultra drammatico». Come si esce dalla guerra in Ucraina? «La guerra in Ucraina è una guerra di satelliti e radar. I satelliti e i radar non permettono sorprese. Niente sorpresa quindi niente manovra. Questo significa che gli ucraini non posso vincere perché non possiedono la superiorità numerica: finora non sono riusciti a reclutare la giusta proporzione di combattenti. Dovrebbero avere tre milioni di soldati e ne hanno a stento un milione. E i russi non possono perdere perché il popolo sostiene Putin a continuare questa guerra. La cosa più normale è che la guerra continui». Ma fino a quando? «L’economia russa ha avuto problemi ma niente di grave: la produzione industriale russa è molto aumentata da quando la guerra è incominciata perché importano di meno e producono di più. Hanno riavviato le loro industrie, hanno dei problemi di inflazione ma sono controllabili. Putin non obbedisce a nessuno tranne che a Elvira Nabiullina, presidente della Banca centrale della Federazione Russa». Non c’è nessuna mediazione? «Gli ucraini devono sentire che potrebbero essere abbandonati e allora cominceranno a cercare il dialogo. I russi devono sentire di essere aggrediti. Al momento le attività contro i russi sono molto deboli. Le sanzioni sono di natura simbolica. Le sanzioni devono colpire obbiettivi specifici di cui l’economia russa ha bisogno. Esistono ad esempio pochi produttori di alcune valvole e ogni anno ne inviavano 67 milioni alla Russia mentre adesso zero. Ma stanno esportando queste valvole in Portogallo che prima non le importava... Non si possono fare sanzioni generiche semplicemente firmando un documento. Occorre creare gruppi specifici che controllino meticolosamente i commerci verso la Russia». C’è chi vuole Putin morto o deposto. Ma cosa c’è dopo Putin in Russia? «Putin non è vecchio e sta bene di salute: beve poco, non fuma, ha 70 anni, fisicamente non è in pericolo di vita, tantomeno politicamente. Potrebbe restare a governare per altri 10 anni a differenza di altri leader europei che invece staranno già in pensione. Per finire questa guerra c’è bisogno di diplomazia. Ma diplomazia fatta sul serio e non con le dichiarazioni del Papa o cretinate del genere, come gli appelli della Commissione europea. Ci deve essere un leader che è disposto a finire questa guerra. Se ci fosse una persona alla Casa Bianca con più energia di Biden si sarebbe chiuso questo conflitto. Per far cessare questa guerra occorre un presidente degli Stati Uniti che dica: “Il nostro nemico è la Cina”. Non ha senso combattere contro Cina e Russia. Invece occorre organizzare plebisciti nel Donetsk. Così Putin e Zelensky possono trasferire la responsabilità all’elettorato che va a votare in questi plebisciti. Il popolo decide. Occorre poi che vengano coinvolti migliaia di ispettori di Paesi neutrali. La guerra è come un teatro in fiamme, una via d’uscita c’è ma non la vediamo a causa del fumo. È ora di finire questa guerra. E naturalmente niente rivendicazioni: non parliamo di riparazioni, sanzioni, processi contro Putin. Si esce dalla guerra e basta. Ma il governo ucraino da domani dovrebbe annullare il passaporto di qualsiasi ucraino in età per prestare servizio militare se questi non ritorna in patria a combattere. Hanno 33 milioni di abitanti, dovrebbero avere 3,3 milioni di gente in uniforme di cui 2 milioni e mezzo di combattenti. Non li hanno».
        Alfredo Mantovano (Imagoeconomica)