2023-11-11
L’uomo di Bonomi dopo il pogrom. «Finché c’è guerra, c’è speranza»
Il presidente del comitato Piccola industria Emilia-Romagna gela il consiglio centrale: «Finché prosegue c’è speranza». E si vanta del fatturato della sua Astim. Un’uscita che Viale dell’Astronomia, pubblicamente per l’inclusività, non ha ancora condannato.«Finché c’è guerra c’è speranza». È il 10 ottobre a Roma. Sono passati appena tre giorni dal massacro compiuto dal gruppo terroristico di Hamas in Israele. La nuova guerra arabo-israeliana è cominciata. Quel giorno a Roma si svolge il consiglio centrale della Piccola industria di Confindustria, federazione nata per tutelare gli interessi e i valori specifici delle imprese di dimensioni minori. Si parla della congiuntura economico-politica, del Def, di finanza pubblica, dei tassi alti della Fed e anche di guerra in Medio Oriente. A un certo punto il presidente, Giovanni Baroni (che oggi a Pavia terrà un forum sulle competenze per la transizioni digitale e green e soprattutto di impresa e inclusività sociale), introduce Maurizio Minghelli, presidente del comitato Piccola industria Emilia-Romagna e soprattutto proprietario della Astim srl, azienda di elettronica nel settore Difesa. Baroni, fedelissimo del numero uno di Confindustria, Carlo Bonomi, e predecessore di Minghelli nel ruolo locale, ricorda che il giovane imprenditore è esperto del comparto e anche che tra Ucraina e Israele, «la guerra è a poche centinaia di chilometri dai nostri confini». Il numero uno di Astim coglie la palla al balzo e dice subito che in questi giorni, in azienda, loro ripetono un motto che altro non è che un film di Alberto Sordi: «Finché c’è guerra c’è speranza». Aggiunge anche che il fatturato della sua azienda «sta aumentando». Tra i partecipanti cala il gelo. Minghelli prova ad abbozzare, ma non gli riesce neppure troppo bene («Scherzo, purtroppo», dice). Anche perché in realtà il suo discorso, in quanto industriale nel settore Difesa, sarà perfettamente lineare con quanto detto all’inizio. E anche perché il fatto che l’azienda ha aumentato il fatturato è la pura verità. Del resto Minghelli (classe 1976, di Ravenna, e fondatore della Astim nel 2007) attacca la Germania, che aveva criticato tramite un ministro tedesco l’eccessiva competizione nel settore. Ma si scaglia anche contro il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che si sarebbe dimenticato di citare in un intervento la legge 185 del 1990 (le norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento), che sarebbe una delle più restrittive e che rende più difficile l’export, rispetto a quello degli altri Paesi europei. A questo aggiunge che bisogna continuare a lavorare a livello di opinione pubblica per far capire agli italiani che i costi dell’industria della Difesa sono investimenti che poi ritornano indietro. Spunto per di più vero. In particolare, per la sua azienda, che quest’anno ha ottenuto diversi appalti della Marina militare italiana con i suoi sistemi. La Astim, nata in un garage e inizialmente dedita al settore degli yacht, si converte al militare e al mondo delle aziende. Mette sul mercato una tecnologia innovativa che consente di incrociare mirini, ottiche, visori notturni con l’intelligenza dei radar. Non a caso il bilancio del 2022 è più che florido, con un Ebitda superiore al 29%, un Roe (redditività netta) superiore al 26% e «con un risultato netto dopo le imposte che arriva a 823.208 euro (rispetto a 747.084 euro dell’anno precedente)», si legge sul sito di Astim. «Finché c’è guerra c’è speranza» è numericamente calzante, insomma, anche perché, tra Russia e Medio Oriente, «il portafoglio ordini dell’azienda è in costante crescita con l’acquisizione di nuove commesse in particolare nei programmi del mercato Difesa» e «con l’aspettativa», si legge sempre sul sito, «di ulteriore importante incremento del portafoglio ordini nel 2023». La frase di Minghelli e Alberto Sordi, detta però a tre giorni dal massacro dei kibbutz ricorda un’altra frase captata da intercettazioni telefoniche del 2009, quando due imprenditori festeggiavano per il terremoto dell’Aquila. Stride ancor di più visto i temi di inclusività e pace sociale che l’associazione porta avanti in occasione di eventi pubblici come quello odierno di Pavia. Strano, ma non proprio un’eccezione. Come ricordava ieri Mf, il numero uno di Confindustria, Carlo Bonomi, è stato pizzicato a volare in executive, facendo differenze con i sottoposti, nonostante abbia più volte ribadito in pubblico di professare la teoria dell’equidistanza. Minghelli, dunque, fa parte della schiera di industriali portata avanti da Bonomi in questi anni. In cordata, come si dice, con Baroni. La cui storia è poi particolare, perché era diventato presidente della Piccola alla fine del 2021 grazie a un intervento dei probiviri che aveva sanzionato a gamba tesa l’avversario Diego Mingarelli, che era dato largamente per favorito. La colpa? Mingarelli si era fatto mandare su carta intestata di Confindustria una lettera di appoggio firmata da un folto gruppo di piccoli industriali. Si era trattato di un passo in avanti e di un’accelerazione che gli inflessibili (a seconda di chi va sanzionato) probiviri di Confindustria non avevano tollerato. E così aveva vinto Baroni, guarda caso un fedelissimo di Bonomi, che all’epoca era da da poco più di un anno diventato presidente in viale dell’Astronomia. La ferita nel mondo degli industriali si è cicatrizzata, ma i segni sono rimasti. E chi sta fuori dall’associazione si chiede se pubblico e privato non debbano coincidere. L’attività degli imprenditori si impone e si manifesta nella società a colpi di fatturato, ma anche di fiducia tra gli altri attori. Non basta sottoscrivere gli statuti di trasparenza, il tono di voce il vocabolario dovrebbe essere lo stesso, sia in pubblico che in privato.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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