2018-05-01
L’unica cosa da fare è ritornare a votare
Dopo il voto di domenica in Friuli Venezia Giulia, e dopo le performance televisive di Matteo Renzi e di Luigi Di Maio, fossimo nel presidente della Repubblica non esiteremmo un istante e soprattutto non staremmo a perdere altro tempo. Dichiareremmo l'impossibilità a formare un qualsiasi governo, inviteremmo i partiti a votare in fretta una nuova legge elettorale, e poi scioglieremmo il Parlamento.La scelta di Sergio Mattarella di dichiarare chiusa la legislatura appena iniziata, stante l'impraticabilità di dare vita a una maggioranza che possa dare la fiducia a un nuovo presidente del Consiglio, appare infatti l'unica soluzione possibile dopo due mesi di consultazioni. Insistere a perlustrare altre vie, inseguendo formule e contorcimenti della politica, rischierebbe di sembrare un accanimento terapeutico su un corpo che non dà alcun segno di vita. Soprattutto, apparirebbe come un tentativo del capo dello Stato di non rassegnarsi all'evidenza e al fatto che l'Italia sta andando nella direzione opposta rispetto a quella desiderata, e a lungo immaginata, dalle élite italiane ed europee.Inutile fingere di non capire. Ciò che è successo il 4 marzo, e che è stato ribadito anche da elezioni minori come quelle regionali in Molise e Friuli, indica una strada. Ovvero che, al di là delle aspettative di una parte degli italiani, al di là delle proteste legittime di chi non solo non ha un lavoro, ma non può neppure immaginare un futuro, gli elettori vogliono in maggioranza essere guidati dal centrodestra. Scrivo centrodestra e non Lega per una ragione precisa. E cioè che il voto al Nord come al centro ha ribadito un concetto, premiando non un partito, ma una coalizione. Il partito di Matteo Salvini in Friuli Venezia Giulia ha battuto ogni record, arrivando al 35 per cento e consentendo al proprio candidato di doppiare il secondo classificato, cioè il rappresentante di centrosinistra. Massimiliano Fedriga, il neo governatore leghista, sarebbe stato dunque incoronato tale anche se avesse corso da solo. Tuttavia, la conquista di un consenso enorme, di sei elettori su dieci, è stata possibile solo grazie all'unità della coalizione, e questo dovrebbero tenerlo presente gli esponenti di centrodestra che a volte sognano la scissione fra l'anima leghista e quella di Forza Italia. Forse dovrebbe esserne cosciente anche Luigi Di Maio, che a lungo ha scommesso sul divorzio fra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Il leader verde e quello azzurro, nonostante l'abbraccio sotto i teleobiettivi dei fotografi, non si amano, questo è certo. Tuttavia sono condannati a governare insieme, e la prova è data dal grande successo friulano, ma anche dal risultato conseguito in Molise.Chi ha inseguito il sogno di un'alleanza innaturale con il Pd farà dunque bene ad archiviare in silenzio la faccenda, perché questa soluzione non esiste più.Quanto accaduto in questi giorni ha però sepolto anche l'idea di un Partito democratico responsabile e in grado di affrancarsi dalla dipendenza da Matteo Renzi. L'intervista dell'ex premier da Fabio Fazio ha dimostrato che il Pd non esiste, ma è solo un'emanazione di Renzi il quale, da dimissionario, continua a esserne il padrone. Maurizio Martina, che dopo il 4 marzo ha finto di essere il segretario pro tempore del partito, dopo l'intervento televisivo dell'ex segretario si è stancato di fare il fantoccio e pare intenzionato a farsi da parte, lasciando che il senatore semplice di Scandicci metta fine alla commedia di un suo passo indietro, quando è di tutta evidenza che non sogna altro se non di farne uno avanti.Le settimane trascorse dopo il voto ci restituiscono però anche un'altra certezza, ovvero che Luigi Di Maio non ha la statura del leader, ma che al tempo stesso nel Movimento 5 stelle non ce l'ha nessun altro. La gestione del tentativo di formare un governo utilizzando la teoria andreottiana dei due forni si è rivelata un fallimento, e ora i grillini rischiano di non cuocere il loro pane in nessun forno. A essersi accorti dell'incapacità di tradurre in pratica un successo elettorale paiono essere stati per primi gli elettori, che sia in Molise che in Friuli Venezia Giulia già si sono ricreduti sulla scelta pentastellata. A Campobasso e a Udine il numero dei voti si è infatti ridotto, e non di poco. È vero che un conto sono le elezioni nazionali e un altro quelle locali, ma la tornata di domenica ha portato i consensi del Movimento a un terzo di quelli del 4 marzo.Visti i risultati di Pd e 5 stelle, l'unico governo in grado di rappresentare la maggioranza degli italiani appare dunque quello guidato dal centrodestra. È per questo che Mattarella dovrebbe sciogliere al più presto le Camere, senza perdere altro tempo. Serve una nuova legge elettorale, ma soprattutto servono forze che siano un po' più vicine alla realtà.