2023-01-12
L’ultima nomina di Di Maio: l’uomo di Franceschini messo come ambasciatore in Qatar
Paolo Toschi, consigliere diplomatico dell’ex ministro della Cultura, si è insediato il 17 ottobre. Da Bruxelles all’Italia, la sinistra ha un occhio di riguardo per il Golfo.Quando si tratta di cariche e incarichi, la passione del Pd - com’è noto - non conosce confini. E anche l’ambito delle feluche e della diplomazia non resta esente né immune, diciamo così. Partiamo da una storia particolare, per poi allargare lo sguardo. Sarà certamente una coincidenza: ma c’è una nomina che merita un approfondimento particolare -politico e cronologico, per così dire - tra le 82 che i ministri uscenti del governo di Mario Draghi hanno sparato a raffica dopo lo scioglimento delle Camere del 21 luglio scorso. I lettori ricorderanno la rivelazione della Verità in edicola lunedì mattina di questa settimana: con i nomi e le date di ben 82 incarichi conferiti, per così dire, in articulo mortis. Nonostante le Camere fossero state già sciolte; nonostante il sottosegretario Roberto Garofoli avesse ribadito a tutti i ministri un invito a limitare la propria attività entro il perimetro del disbrigo degli affari correnti; e nonostante - per tutta la campagna elettorale - sondaggi univoci indicassero una netta e imminente vittoria del centrodestra guidato da Giorgia Meloni. Tutti fattori che avrebbero dovuto indurre i ministri (teoricamente già con gli scatoloni in mano) alla continenza. E invece è arrivata la raffica di nomine che il nostro giornale ha svelato. In vetta alla «classifica», Dario Franceschini con 18 nomine, Roberto Speranza e Andrea Orlando con 16 a testa. Eppure c’è qualcosa di significativo anche a proposito di Luigi Di Maio (undici nomine: pure lui non ha scherzato). Ecco, una di queste ha qualcosa che sfiora politicamente Dario Franceschini. Già la tempistica è per lo meno discutibile: si tratta di un incarico che è stato assegnato addirittura dopo le elezioni del 25 settembre, il 17 ottobre, quando già era imminente l’insediamento del nuovo governo. Eppure l’allora titolare (uscente) della Farnesina si è affrettato a proporre come ambasciatore in Qatar (per mille ragioni, una destinazione ultrasensibile e delicatissima) Paolo Toschi, già consigliere diplomatico di Dario Franceschini, di cui è pure concittadino, essendo entrambi di Ferrara. Al di là del dato geografico, spicca il legame politico del neonominato con l’ex ministro della Cultura. E non ci si può non interrogare su un altro elemento oggettivamente significativo: il fatto che in campagna elettorale Di Maio e la sua microlista abbiano trovato «ospitalità» (sia pur con esito non fortunato) nell’alleanza guidata dal Pd. Quindi è per lo meno immaginabile che Di Maio si sia preoccupato di non scontentare uno degli uomini forti del Nazareno. Né va trascurata l’ambizione di Di Maio (che tuttora spera di coronarla) di ottenere in sede Ue l’incarico di rappresentante speciale europeo nel rapporto con i Paesi del Golfo: da questo punto di vista, non stupisce l’attenzione dell’ex ministro alla rilevantissima area geografica in questione. Nello stesso mese di luglio, quando si avviava l’incarico di Toschi, si perfezionava anche un secondo incarico strettamente legato al Qatar e a Fincantieri. Il neo amministratore delegato Pierroberto Folgiero avrebbe voluto portare in azienda, come segretario particolare, Luca Bader, ex responsabile esteri della Margherita. Al suo posto è arrivato Alessandro Prunas, fino al mese precedente ambasciatore in Qatar. A quanto pare a consigliare Folgiero sarebbe stato Alessandro Ruben, componente della Fondazione Medor presieduta dall’ex ministro degli Interni Marco Minniti, storico esponente dem. Ruben, compagno di Mara Carfagna, avrebbe consigliato Folgiero anche su una nuova risorsa per le relazioni esterne di Fincantieri. In questo caso si parla di Fausto Recchia, ex deputato del Pd. Qui ancora non si hanno notizie. A questo punto si impongono due valutazioni. La prima che riguarda Fincantieri è di facile spiegazione. Non è solo legittimo, ma anche intelligente portare in azienda chi conosce bene Doha. L’azienda della cantieristica ha infatti in essere un maxi contratto e deve tutelarlo al massimo. Diversa, da un punto di vista politico, è invece la nomina di Toschi. Perché tutta quella fretta? E perché decidere prima dell’arrivo del nuovo governo? È vero altri quattro ambasciatori sono stati nominati nello stesso periodo (primi di ottobre) ma l’iter del processo era partito da molto più tempo. E guarda caso nessuno di questi nomi (di diplomatici di carriera) gode di alcuna connessione politica. Resta quindi da dedurre che le relazioni tra Italia e Qatar siano sempre stata mediate dalla sinistra o al massimo dalla filiera di Matteo Renzi. La vicenda del Qatargate infine porta questi link fino al livello di Bruxelles. Antonio Panzeri ed Eva Kaili sono rispettivamente italiano e greca ma in comune hanno la bandiera socialista. L’appartenenza a un mondo culturale ben chiaro e a un network ancor più connotato. Anche i precedenti diplomatici passati per Doha hanno trovato collocazione in Italia in momenti in cui a tenere le fila delle nomine era Massimo D’Alema. Sarebbe dunque stato più opportuno attendere chi da lì a poco si sarebbe insediato e avrebbe preso posto alla Farnesina. Sarebbe stato più opportuno attendere l’arrivo di Antonio Tajani. Inutile dire che tutte queste nomine non sono soggette allo spoils system e quindi è molto difficile che il governo attuale intervenga per cambiamenti o correzioni. Qui la sinistra ha da insegnare.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)