
L'ex ministro a Luca Palamara: «Le inchieste sui genitori hanno graffiato l'immagine ma è l'unico che ha i numeri». Contatti per creare una formazione con pezzi di Pd e Fi. E al giudice: «Farò il tuo nome per Agcom e Privacy».Il caso Csm, almeno a livello giornalistico, è tutt'altro che chiuso. Le centinaia di carte dell'inchiesta che devono ancora essere rese pubbliche offrono un affresco che i quotidiani hanno svelato solo in parte. Infatti chi ha passato a pochi privilegiati cronisti le 114 pagine dell'informativa del Gruppo investigazioni criminalità organizzata della Guardia di finanza ha consegnato solo una piccola parte del materiale d'indagine, selezionato alla fonte dagli investigatori. Centoquattordici pagine che sono, però, bastate liberare il Csm dai giudici dai consiglieri considerati più a destra e colpevoli di aver trascorso un dopocena a discutere di nomine con due deputati del Pd, l'imputato dell'inchiesta Consip Luca Lotti e l'incensurato Cosimo Ferri, ex sottosegretario alla Giustizia ed ex consigliere del Csm. Ma l'informativa conteneva solo parte delle conversazioni. Quelle che il colonnello Gerardo Mastrodomenico e il capitano Fabio Di Bella hanno ritenuto più rilevanti. Stabilendo, indirettamente, anche i menù dei giornali nei giorni più caldi dello scandalo. Ma c'è ancora molto da leggere e da raccontare.Oggi vi sveliamo un'intercettazione destinata a fare rumore nel mondo politico, e che nell'informativa di 115 pagine del Gico era stata omissata. Da una parte, essa rivela come le vicissitudini dei genitori di Matteo Renzi abbiano affievolito le ambizioni politiche del figliolo e, dall'altra, evidenzia i tentativi disperati del fido Lotti di riprendere le fila del discorso, puntando a costruire un nuovo soggetto politico di centro con pezzi di Forza Italia, guidati da Mara Carfagna, candidata alle primarie per la successione a Silvio Berlusconi, e con pezzi del Pd, da far staccare dal partito guidato da Nicola Zingaretti. se telefonandoIl dialogo che pubblichiamo in esclusiva ha come protagonisti Lotti e il pm romano Luca Palamara, indagato a Perugia per corruzione, ed è avvenuto tra l'8 e il 9 maggio, all'1 e 15. È la notte del famoso dopocena all'hotel Champagne, quello in cui cinque consiglieri del Csm incontrano Ferri, Lotti e Palamara. A un certo punto quest'ultimo si allontana con l'ex ministro per accompagnarlo a casa in auto. E con loro viaggia il trojan inoculato nel cellulare del magistrato, una microspia digitale capace di registrare anche i sospiri. Grazie ad esso scopriamo che Lotti intende proporre a Zingaretti il nome del pm indagato come candidato del Pd per il posto di Garante della privacy, anche se Palamara non sembra voler rinunciare alla sua corsa a procuratore aggiunto di Roma. Gli investigatori identificano l'intercettazione come «molto importante» e del tipo «Lotti Luca che parla con Palamara». In realtà l'ex ministro, nella trascrizione, viene indicato come «uomo».Uomo: «Vuoi andare all'Antitrust o no? Quello è fondamentale…».Palamara: «Alla privacy…».Uomo: «Alla privacy scusa… o no… perché io con…(inc) Privacy e Agcom tra un mese (inc) con Nicola… gli voglio parlare prima delle Europee… dandogli due nomi secchi… cioè da una parte te e da una parte un altro… non vorrei (inc) che c'hai un mese… (inc)».Palamara: «Perciò vorrebbero fa' l'aggiunto intanto (inc… rumori) appunto… che io (inc) diventare aggiunto e poi…».il valore di orlandoI due, quando si trovano in macchina da soli, confabulano non solo di nomine, ma anche di politica, argomento su cui il pm romano pare ferrato. La chiacchierata parte dai grattacapi di Firenze, dove i genitori di Matteo Renzi sono imputati e indagati in tre diverse inchieste per bancarotta e false fatture. È chiaro che per i due interlocutori il nemico sia il procuratore Giuseppe Creazzo, che quelle indagini ha coordinato. Ma, nella conversazione, l'argomento vira quasi subito su «Nicola», il quale, come si scopre leggendo il colloquio, è quasi certamente il segretario del Pd e governatore del Lazio Zingaretti. Del resto Palamara lo conosce: sua moglie ha lavorato fino al 2017 in Regione, e lui stesso ha in comune con il politico l'amicizia con il lobbista Fabrizio Centofanti, arrestato nel febbraio 2018. Per i rapporti con Centofanti, Palamara è accusato di corruzione e Zingaretti è indagato per finanziamento illecito a Roma.Lotti: «Però a Firenze c'è una situazione difficile».Palamara: «Ma col (inc) invece… con Nicola te sei parlato o no?».Lotti: «No no… eh ma Nicola…».Palamara: «Io c'ho parlato […] io c'ho riparlato, però se vede che è ancora, eh?».Lotti: «No Luca (inc) secondo me è prigioniero… io un altro po' lo giustifico […] il 26 maggio si spera Luca…».Il riferimento è al giorno delle elezioni europee.Palamara: «M'ha detto, Andrea Orlando non vale un cazzo… non ti preoccupare…».Lotti: «Eh lo so…».Palamara: «Pure quello… però si capisce che è una cosa… no?». Lotti: «Non voglio che il 26 maggio siamo costretti a iniziare a pensare a costruire n'altra roba… con serietà, con trasparenza… senza…».Palamara: «Eh, ma il risultato com'è?».Lotti: «Eh non lo so».Palamara: «Col risultato…».Lotti: «(Inc) Uno o due… il risultato non può essere (inc) il ventuno… c'è poco da fare (inc) e questo dimostrerà che l'allargamento (inc) me lo dà… non paga… e ci vuole un mondo moderato… io sto parlando con la Carfagna, con un pezzo di Forza Italia, con un pezzo dei moderati, con un pezzo del Pd che si stacca e quella sarà la… se si va a votare subito… la soluzione… se si vota tra due, tre anni, il mondo è di attesa (inc)».Palamara: «E vediamo». le prigioni di zingarettiLotti: «Nicola purtroppo non arriverà nei due, tre anni, perché lo blinderanno e lo mineranno prima i suoi là dentro… Bettini (fonetico), Franceschini, Orlando… lui è prigioniero su questo… eh c'è poco da fare».Palamara: «E Matteo, invece?».Lotti: «Matteo è fermo da una parte… è fermo lì a guardare».Palamara: «È in attesa?».Lotti: «Non si muove… sì non si muove… Matteo non si muove».(Per la verità muoversi si muove molto. Va in giro per il mondo a fare discorsi a pagamento e minaccia cause a destra e a manca. Ma probabilmente è immobile dal punto di vista politico. Continuiamo a scorrere la conversazione).Palamara: «Ma sta tranquillo o sta…?».Lotti: «Sta come sta Matteo, Luca… la vicenda dei genitori l'ha (inc) colpito… il danno d'immagine su di lui in questi anni, comunque, c'è stato… anche per cause (inc) che tu sai…». Palamara: «Vabbè è chiaro…».Lotti: «E ora ha un'immagine ancora molto, molto graffiata (inc) Matteo non ha un'immagine positiva (inc) c'è poco da fare… quindi gli conviene aspettare…».Palamara: «Quella cosa di Firenze… la… no?... quella cosa là, il documentario… (inc)».matteo non ha capitoLotti: «No è tutta roba che… lui dal 4 dicembre (2016, data del referendum costituzionale, ndr) non ha ritrovato il filo… dopodiché è l'unico che ha i numeri per ritrovare il filo… sì lo sappiamo tutti […] è un po' come un Ronaldo che…».(Palamara a questo punto si paragona al senatore semplice Renzi, probabilmente facendo riferimento al fatto che, dopo essere stato presidente dell'Associazione nazionale magistrati e consigliere del Csm, ha ripreso a fare il pm semplice e adesso cerca di tornare in pista come procuratore aggiunto di Roma o come Garante della privacy).Palamara: «È un po' come ho fatto pure io che so' stato in disparte… mo' adesso sto rimettendo la testa fuori… porto, porto».Lotti: «È così, bravo… qual è il problema, che te l'hai capito… te l'hai capito… Matteo secondo me ancora non è su questa linea».Palamara: «Faccio vince' la squadra… la squadra se ricompatta, no? Eh… questo…».Lotti: «Luca, Matteo non è su questa linea… mi dispiace». Palamara: «Eh, lo so».Lotti: «Purtroppo ancora oggi… c'arriverà? Spero di sì… me lo auguro… e io cercherò di dargli una mano per fare questo… però, roba di Firenze, Luca… davvero… per me è importante capi' che succede… perché… se è seria… ovviamente io (inc)… cioè non si parla di Roma… si parla che se è serio va via da… Firenze… se non è serio, non va via da Firenze, a me guarda… nessuno cerca (inc)… nulla… però bisogna fa' almeno la guerra (inc)».Il riferimento è al procuratore Creazzo che, durante il dopocena, era stato chiamato in causa dai presunti «congiurati» per un esposto presentato contro di lui a Genova da un pm del suo ufficio. È evidente che Lotti si auguri che quelle accuse possano azzoppare l'uomo che ha messo in panchina il Ronaldo del Giglio magico.
Elly Schlein (Ansa)
Corteo a Messina per dire no all’opera. Salvini: «Nessuna nuova gara. Si parte nel 2026».
I cantieri per il Ponte sullo Stretto «saranno aperti nel 2026». Il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, snocciola dati certi e sgombera il campo da illazioni e dubbi proprio nel giorno in cui migliaia di persone (gli organizzatori parlano di 15.000) sono scese in piazza a Messina per dire no al Ponte sullo Stretto. Il «no» vede schierati Pd e Cgil in corteo per opporsi a un’opera che offre «comunque oltre 37.000 posti di lavoro». Nonostante lo stop arrivato dalla Corte dei Conti al progetto, Salvini ha illustrato i prossimi step e ha rassicurato gli italiani: «Non è vero che bisognerà rifare una gara. La gara c’è stata. Ovviamente i costi del 2025 dei materiali, dell’acciaio, del cemento, dell’energia, non sono i costi di dieci anni fa. Questo non perché è cambiato il progetto, ma perché è cambiato il mondo».
Luigi Lovaglio (Ansa)
A Milano si indaga su concerto e ostacolo alla vigilanza nella scalata a Mediobanca. Gli interessati smentiscono. Lovaglio intercettato critica l’ad di Generali Donnet.
La scalata di Mps su Mediobanca continua a produrre scosse giudiziarie. La Procura di Milano indaga sull’Ops. I pm ipotizzano manipolazione del mercato e ostacolo alla vigilanza, ritenendo possibile un coordinamento occulto tra alcuni nuovi soci di Mps e il vertice allora guidato dall’ad Luigi Lovaglio. Gli indagati sono l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone; Francesco Milleri, presidente della holding Delfin; Romolo Bardin, ad di Delfin; Enrico Cavatorta, dirigente della stessa holding; e lo stesso Lovaglio.
Leone XIV (Ansa)
- La missione di Prevost in Turchia aiuta ad abbattere il «muro» del Mediterraneo tra cristianità e Islam. Considerando anche l’estensione degli Accordi di Abramo, c’è fiducia per una florida regione multireligiosa.
- Leone XIV visita il tempio musulmano di Istanbul ma si limita a togliere le scarpe. Oggi la partenza per il Libano con il rebus Airbus: pure il suo velivolo va aggiornato.
Lo speciale contiene due articoli.
Pier Carlo Padoan (Ansa)
Schlein chiede al governo di riferire sull’inchiesta. Ma sono i democratici che hanno rovinato il Monte. E il loro Padoan al Tesoro ha messo miliardi pubblici per salvarlo per poi farsi eleggere proprio a Siena...
Quando Elly Schlein parla di «opacità del governo nella scalata Mps su Mediobanca», è difficile trattenere un sorriso. Amaro, s’intende. Perché è difficile ascoltare un appello alla trasparenza proprio dalla segretaria del partito che ha portato il Monte dei Paschi di Siena dall’essere la banca più antica del mondo a un cimitero di esperimenti politici e clientelari. Una rimozione selettiva che, se non fosse pronunciata con serietà, sembrerebbe il copione di una satira. Schlein tuona contro «il ruolo opaco del governo e del Mef», chiede a Giorgetti di presentarsi immediatamente in Parlamento, sventola richieste di trasparenza come fossero trofei morali. Ma evita accuratamente di ricordare che l’opacità vera, quella strutturale, quella che ha devastato la banca, porta un marchio indelebile: il Pci e i suoi eredi. Un marchio inciso nella pietra di Rocca Salimbeni, dove negli anni si è consumato uno dei più grandi scempi finanziari della storia repubblicana. Un conto finale da 8,2 miliardi pagato dallo Stato, cioè dai contribuenti, mentre i signori del «buon governo» locale si dilettavano con le loro clientele.






