2024-04-21
L’orto può aiutarci a vivere meglio con cibi più salutari e meno sprechi
In «Pensare in piccolo», Wendell Berry auspica un ritorno alla terra da lavorare e da cui produrre quel che ci serve. Oltre allo scollegamento dalle diverse forme di dipendenza che alimentiamo, come l’uso degli smartphone.Wendell Berry è un ambientalista del Kentucky. Autore di un ciclo di romanzi ambientati in una cittadina di provincia tutta inventata, ma ovviamente simile a tanti luoghi veri, concreti, è assai noto per le proprie idee e la propaganda ambientalista, che nel suo caso rappresenta una fede, una quotidianità e diverse opere di pensiero e poesia. Basti pensare che la sua poesia è stata recentemente antologizzata nientemeno che da Penguin, The Peace of Wild Things, un onore non riservato a molti poeti di valore. E come non ricordare le sue poesie di un «contadino impazzito», forse la sua opera più ardita e riuscita? Da L’uomo nato per coltivare: «Il piantatore di alberi, il giardiniere, / l’uomo nato per coltivare / le cui mani si protendono sotto terra e germogliano, / per lui il terreno è una droga divina. / Entra nella morte ogni anno, e ritorna esultante». Altro che Franco Arminio...Da poche settimane il suo editore italiano più affezionato, il torinese Lindau, ha dato alle stampe il minimo Pensare in piccolo, primo passo di una nuova collana di testi contenuti, Le gazzelle. In ottanta pagine sono accolti due testi, Pensare in piccolo, appunto e Una collina nativa. Mi soffermerò sul primo che come è nello stile riflessivo di Berry contiene in poche pagine molte suggestioni a cui cercare di dare uno sviluppo. La tesi di fondo è che se vogliamo che l’attuale movimento ambientalista impostosi attraverso i media, che ha coinvolto tanti giovani e che è fiorito sulla bocca della classe politica, non finisca come i precedenti movimenti per i diritti civili e per la pace da ogni guerra, ovvero dimenticati o svalutati, si debba fare un passo ulteriore: non soltanto slogan, richieste, proteste, ma anche azioni concrete e quotidiane. Probabilmente il movimento per i diritti civili è un caso a sé, mosso come sappiamo anzitutto dalle rivendicazioni degli afroamericani, vere e cocenti negli anni ’50 e ’60, ma altrettanto pressanti ai nostri giorni, estese ad altre minoranze, come i nativi americani che lottano per le terre e contro lo sfruttamento dei sottosuoli, oltre che aver visto riconosciuta una festa nazionale loro dedicata. Resta comunque vero che sono le azioni a dare peso a quel che si va richiedendo. Le considerazioni di Wendell Berry sono ovviamente inserite nel contesto sociale, politico ed economico del suo paese, gli Stati Uniti, ma con le dovute proporzioni e differenze, non sono estranee alla situazione italiana. Berry crede che il movimento ambientalista sia il culmine dei precedenti movimenti per i diritti civili e per la pace (ai tempi in Vietnam, ma oggi potremmo dire in Ucraina, in Palestina e nei tanti fronti di guerra civile attivi in Africa), tutti e tre hanno radice comune: anzitutto nella ricerca del profitto, e dunque nello sfruttamento senza regole delle risorse naturali e del lavoro sottoposto. Ma cosa può fare un singolo individuo, o una famiglia, per andare oltre le proteste? Oltre una fede generale nel cambiamento che dovrebbero comunque imporre altri, sopra di lui, sopra di loro? La classe politica è come sappiamo inaffidabile, anche delegare non basta più, e questo è tanto vero nel panorama americano, ma nondimeno nel nostro sistema, dove i politici continuano a essere più interessati alle poltrone e alle dinamiche interne di alleanza che non ai problemi dei cittadini, a meno di occasionali condoni che delegittimano la democrazia, di certo non la rafforzano. La risposta per Berry deve anzitutto essere individuale e prevede dei sacrifici, come l’abbandono di tante comodità che oramai consideriamo irrinunciabili, un ritorno alla terra da lavorare e da cui produrre quel che ci serve per vivere, e uno scollegamento alle cento forme di dipendenza che alimentiamo, basti pensare, Berry non lo dice ma noi lo vediamo distintamente, quanto siamo condizionati nel comunicare dalla telefonia e da questi strumenti senza i quali non riusciamo nemmeno più ad andare in posta o a visitare un castello a trenta chilometri di distanza. Staccarci, renderci indipendenti dagli stili obbligati, dalle marche, dai vestiti e dai gadget che ci fanno sembrare la persona che vorremmo essere e gli altri dovrebbero riconoscere. Un discorso non poi così piccolo, con mille conseguenze, eppure prima o poi l’umanità sarà di fronte a queste scelte. Ad ogni modo, bisogna smettere di vivere da «parassiti ambientali», come li chiama Berry, ciascuno di noi lo è, in un modo o nell’altro, ma è tempo di rendersene definitivamente conto. Gli esempi non mancano, le buone pratiche nemmeno.Berry scrive «pensare in piccolo» nel senso di rivolgersi alle piccole cose quotidiane, una alla volta, partendo ad esempio dalla coltivazione di un orto: si arricchisce la vita di un piccolo fazzoletto di terra (pare che per una famiglia di quattro persone, tutta la verdura che occorra, possa essere prodotta, in un terreno di dieci metri per venti) si mangia del cibo più salutare e gustoso, si abbattono gli sprechi, meno trasporti, meno rifiuti, e si alimenta anche una certa propensione alla fratellanza egualitaria tra le persone, questione invero tutta da dimostrarsi, non storicamente, ma semmai ai nostri giorni; ma è gradevole pensare che possa essere vero. Non smettiamo dunque di esser contadini, certo, quella miseria di un tempo nessuno se la augura, ma è tempo di passare a praticare e non limitarci a cambiare canale, la sera, seduti e ipnotizzarti di fronte alla tv. E qui torniamo alle poesie del contadino impazzito, tra l’altro, per chi fosse interessato, il libro in italiano è edito dalla Libreria Editrice Fiorentina governata da Giannozzo Pucci, ambientalista radicale, esiste anche un’edizione cartonata americana molto bella della Counterpoint Press: «Il miglior raccolto che può essere prodotto dal terreno / agricolo è un contadino a cui la terra preme». La terra, non il guadagno, il profitto, gli skei. La terra…