2019-02-12
«L’oro è dello Stato, non di Banca d’Italia. E lo proteggeremo»
L'economista della Lega Claudio Borghi: «La storia della vendita è una bufala. Fisseremo per legge che la proprietà è pubblica. I rimborsi agli sbancati arriveranno».Presidente Borghi, ieri dalle pagine del quotidiano La Stampa abbiamo appreso che il governo vuole vendere l'oro attualmente custodito da Banca d'Italia per scongiurare l'aumento dell'Iva…«È lo spin che vogliono far partire con tutte le forze: “Questi pazzi vogliono vendere le riserve auree perciò dobbiamo fermarli!". Ma la cosa non è assolutamente vera».Pare di capire, dunque, che l'oro non si vende.«L'oro non si vende, anzi si protegge». Allora ci spiega che bisogno c'è di specificare che le riserve auree sono di proprietà dello Stato?«Il solo fatto che la questione faccia tanto discutere, fa capire che c'è un gran bisogno di quest'interpretazione autentica. Sembra incredibile, ma non esiste un articolo di legge che specifichi chiaramente che le riserve auree dello Stato italiano sono di sua proprietà!». Banca d'Italia afferma invece sul proprio sito che è «proprietaria» delle 2.452 tonnellate totali del prezioso metallo. «E infatti è inquietante, anche se per fortuna il sito di Bankitalia non è legge. Vediamola come una semplificazione, ma a guardarla male potrebbe esserci anche del dolo. Basti pensare che anche il direttore generale di via Nazionale, Salvatore Rossi, che dovrebbe conoscere meglio di tutti l'argomento avendoci pure scritto un libro, scrive che l'oro è sicuramente degli italiani, ma giuridicamente è di Banca d'Italia. Nel momento stesso in cui si è sollevata la polemica, lo stesso Rossi ha affermato di recente che a decidere in materia dovrebbe essere la Bce. Una cosa gravissima, specie se detta da un dirigente del suo livello. Il cuore della mia proposta di legge è l'interpretazione corretta che viene data all'unica legge italiana nella quale si parla dell'oro (il Testo unico delle norme in materia valutaria del 1988, ndr), nella quale si dice che Banca d'Italia detiene e gestisce le riserve auree nazionali. Chiunque non sia in malafede comprende che la custodia di un bene è cosa ben diversa dal possesso». Ma allora perché questa reticenza di Banca d'Italia a mettere nero su bianco la proprietà delle riserve?«Sappiamo perfettamente che ogni organismo indipendente tende a diventare autoreferenziale. Quale interesse potrebbe avere Banca d'Italia, che si trova a gestire la terza riserva aurea del mondo, a riconoscere che non è di sua proprietà ma degli italiani? Non dimentichiamoci che con l'oro si sono fatte le guerre… C'è poi un altro problema. Gli azionisti di Banca d'Italia sono le banche private, e questo non è semplicemente un problema formale. Pensiamo al problema delle cariche, con il contestato rinnovo del mandato di Luigi Federico Signorini. Ebbene, la proposta da parte dei vertici di Bankitalia arriva dal Consiglio superiore, che a sua volta è nominato dagli azionisti, vale a dire le banche private! Non è una questione da poco, perché ci sono stati due dioscuri della sinistra che hanno fatto danni su questo tema. Uno è Giuliano Amato, con la privatizzazione degli azionisti pubblici della Banca d'Italia; l'altro è stato Enrico Letta, che nella sua breve esperienza di governo ha pensato bene di rivalutare le quote in mano agli azionisti privati. Può darsi che le cose siano state fatte a caso, ma l'esperienza insegna che sotto può esserci un piano».Forse il timore è che la politica metta le mani sull'oro, come ha già provato a fare in passato.«Benissimo: se il problema è questo, la nostra intenzione è quella di affiancare una proposta di legge che introduce la necessità di un'autorizzazione da parte della maggioranza qualificata del Parlamento ogni qual volta si intende alienare l'oro. Così anche il nostro caro Pd diventa coinvolto nell'operazione e togliamo questo alibi ridicolo».La vicende della titolarità delle riserve si può inquadrare nella partita per le nomine?«In realtà la proposta di normare la proprietà dell'oro è precedente. Da questo punto di vista, la vicende della nomine è solo tangenziale. Poi bisogna dire che l'indipendenza di quest'organo non è sancita nella Costituzione, come avviene per la magistratura. L'articolo 47 è chiarissimo: è la Repubblica che «controlla l'esercizio del credito», non Banca d'Italia. Detto ciò, bisogna porsi anche il problema nel momento in cui l'autorità indipendente sbaglia. Se il governo sbaglia, lo sappiamo tutti che gli elettori ne votano un altro. Ma se l'autorità indipendente sbaglia e non c'è nessuna presa d'atto di questo errore, a quel punto l'autorità diventa irresponsabile. È sotto gli occhi di tutti che negli ultimi dieci anni la gestione delle banche non sia stata ottimale: ci sembrava opportuno dare un segnale di discontinuità. Bisogna poi avere chiaro che se ci sono delle nomine che spettano al premier e al Consiglio dei ministri e che vanno ratificate dal Presidente della Repubblica, ciò non significa che a decidere debba essere quest'ultimo».Sul tema degli sbancati, come commenta i problemi tecnici che metterebbero a rischio la fattibilità dei rimborsi, messi in rilievo da Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro?«Negli altri Paesi si fanno le cose in totale autonomia, mentre in Italia sembra si faccia a gara a suggerire alle autorità straniere possibili criticità. Eppure la funzione dei tecnici dovrebbe essere quella di suggerire soluzioni. Il punto è questo: la volontà politica di procedere con i rimborsi c'è tutta e basterà a superare anche questo tipo di intralci».
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