2019-06-27
L’oro di Bankitalia è patrimonio statale. Dopo il parere Bce legge in Parlamento
Il governatore fissa l'uso dei lingotti solo per politiche monetarie. Ergo, nessuno potrà chiederci di utilizzarli per ridurre il debito.All'indomani della risposta della Bce sulla proprietà dell'oro depositato in Bankitalia, la Lega calendarizza subito la legge targata Claudio Borghi. L'obiettivo sembra essere quello di cristallizzare il documento di Mario Draghi e fare in modo che diventi un testo di riferimento anche per il Parlamento italiano. In capo a Via Nazionale ci sono lingotti per 90 miliardi di euro. Parte di questi sono fisicamente in mano alla Bce, l'altra metà nei caveau di Bankitalia. L'interpello mirava a dimostrare politicamente che quei lingotti sono di proprietà dello Stato italiano, non di Bankitalia e tanto meno della Bce. La risposta di Draghi su questo fronte è stata chiara. Anche se non letterale. Sì sono di proprietà dello Stato, ma nella disponibilità di Bankitalia che deve condividere con la Banca centrale europea le modalità di utilizzo e le tempistiche. Obiettivo delle riserve auree è infatti il coordinamento e la compensazione della politica monetaria dell'euro sistema. Borghi dopo tale risposta ha cantato vittoria, gli oppositori della Lega pure, sostenendo che la Bce abbia stoppato il tentativo di mettere le mani sui lingotti da parte della politica. Tentativo che dalla proposta di legge non si evince minimamente. Nella vita - solevano dire i vecchi di un tempo - c'è tanto dall'acqua al ponte come dal ponte all'acqua. Il che significa che per capire l'essenza delel cose bisogna usare uno sguardo laico. Infatti, Borghi ha ottenuto una duplice conferma: quell'oro non è della Bce né dell'Europa. Mentre all'interno dei paletti posti dalla Bce si può fare emergere la seconda vittoria politica: se quell'oro non può essere in alcun modo utilizzato per finanziare la pubblica amministrazione (lo si legge nel parere di Draghi), significa - a parti invertite - che nessuno in Europa potrà mai accampare la minima richiesta su quei 90 miliardi nemmeno se un giorno venisse imposta una drastica riduzione del debito o si volesse procedere a una sorta di prelievo forzoso. E su questo, lo stesso Draghi mette un timbro definitivo sulle riserve. Ora l'iter sostenuto dai partiti di maggioranza andrà avanti seguendo questi pilastri e mettendo i puntini sulle «i». C'è poi un secondo tema, anch'esso incardinato in Aula, che riguarda la governance di Bankitalia. Attualmente il meccanismo prevede che la designazione del governatore arrivi su input del governo che propone un nome al Consiglio superiore, l'organo interno di Bankitalia, con la delibera finale del presidente della Repubblica. Procedimento inverso per l'individuazione del direttore generale e degli altri membri del board: la proposta arriva dal Consiglio superiore ma deve avere comunque il vaglio dell'esecutivo ed essere approvata dal presidente della Repubblica. La maggioranza gialloblù punterebbe a rivoluzionare il metodo e lo schema. L'esempio è quello della Bundesbank: metà dei componenti del direttorio è scelto dal governo, l'altra metà dal Bundestag, il Parlamento tedesco. Vorrebbe dire che, trasportando il modello di Berlino a Roma, il Parlamento avrebbe maggiore potere per influenzare di fatto l'azione di Bankitalia.La Camera aveva approvato una mozione della maggioranza sulle iniziative in materia di riforma del credito e del sistema di vigilanza bancaria, per salvaguardare la sovranità economica nazionale nell'ambito dell'Unione europea e sostenere iniziative volte al miglioramento della governance della Banca d'Italia al fine di allinearla ai prevalenti standard europei. Nel testo del parere della Bce firmato Draghi c'è anche un ampio capitolo dedicato alle quote e alla nazionalizzazione, una proposta di legge targata Fratelli d'Italia. Su questo la Bce è stata netta. Nazionalizzare le quote causerebbe anche un conflitto d'interessi con il Mef che sarebbe chiamato a detenere le azioni e dunque a ricoprire un ruolo di coordinamento. Bankitalia è invece indipendente. «E tale deve rimanere», aggiunge alla Verità Claudio Borghi. «La risposta di Draghi al testo proposto da Fdi non credo che contenga alcun benchmark rispetto al tema da noi sollecitato della governance. Al contrario credo che il modello tedesco sia quello più completo e al tempo stesso trasparente, motivo per cui l'abbiamo preso a esempio». A questo punto oro e governance saranno temi che il Parlamento potrà portare avanti in parallelo e serviranno da cartina di tornasole dell'eventuale riassesto dei gruppi parlamentari. Si tratta di argomenti di ampio respiro che potranno accorpare parti del centrodestra e dei 5 stelle. Un test per altre battaglie in Aula.
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