2020-12-30
L’obbligo nuoce alla libertà (e anche alla salute)
Per evitare che qualche sciocco mi accusi di essere un convinto No Vax, metto subito le mani avanti: non sono contro i vaccini. Anzi, ho un'inguaribile fiducia nella scienza, al punto che quando ne ho bisogno mi affido senza riserve al medico di turno. La premessa era d'obbligo, perché ormai chiunque sollevi qualche dubbio sulle cure contro il coronavirus rischia di essere messo al bando, indicato come uno spargitore di fandonie. Detto ciò, e chiarito che per quanto mi riguarda mi sottoporrei volentieri all'inoculazione del farmaco anti Covid, permettetemi di dire che l'idea di rendere obbligatoria la vaccinazione e di creare un apposito registro in cui siano elencati uomini e donne resi immuni dal ritrovato farmaceutico mi pare pericolosa. E non tanto perché si corra il rischio di violare le libertà individuali statuite dalla Costituzione e nemmeno perché una ricca giurisprudenza del Garante della privacy abbia eretto un muro a protezione dei dati relativi alla salute, ma perché se tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, non tutti i cittadini sono uguali davanti al farmaco. Prima di arrivare al dunque, permettetemi però di parlare dell'articolo 32 della nostra Carta dei diritti. Visto che spesso viene citato il primo comma, quello in cui si stabilisce che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo (e dunque ci obbliga a curare chiunque, anche chi è appena sbarcato), sarà bene rammentare anche il secondo, con cui i padri costituenti stabilirono che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizioni di legge», salvo poi precisare che «la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Tradotto, lo Stato non può forzare nessuno a curarsi, può al massimo disporre, attraverso le autorità, un Tso dovuto a uno stato di emergenza, ma l'atto amministrativo deve essere validato da un giudice. Dunque, costringere qualcuno, che non sia matto, a sottoporsi a una vaccinazione perché così ha deciso un governo rischia di essere incostituzionale, perché si violerebbe il rispetto della persona umana. Non meno complicato sarebbe aggirare le regole imposte nel corso degli anni a tutela della privacy dei cittadini. Nessuno può violare le informazioni «attinenti alla salute fisica o mentale di una persona, compresa la prestazione di servizi di assistenza sanitaria, che rivelano notizie relative al suo stato di salute». Ve lo immaginate dunque un patentino che gli italiani sarebbero costretti a esibire per usufruire di una serie di servizi? Da un lato c'è la giurisprudenza che fissa dei paletti che non possono essere aggirati, addirittura impedendo la conservazione dei dati relativi ad aspetti sanitari individuali. Dall'altro ci sarebbe l'obbligo di esibire le informazioni circa il proprio stato di salute al datore di lavoro, al capotreno oppure alla hostess prima dell'imbarco. Il professor Pietro Ichino dice che un'azienda potrebbe addirittura licenziare un dipendente che non fosse in grado di mostrare il pass di immunità al Covid. L'ex senatore del Pd è un esperto giuslavorista e dunque sa di certo il fatto suo: ma come la mettiamo con il divieto di scrivere in una prescrizione medica i motivi per cui viene concesso un periodo di malattia? Se un dipendente ha l'influenza o si deve sottoporre a una cura, il suo datore di lavoro non è tenuto a saperlo, ma se ha fatto o meno il vaccino deve esserne a conoscenza e, nel caso il poveretto non si sia sottoposto all'inoculazione, la mancata immunità addirittura diventa motivo di giusta causa di licenziamento? La follia delle tesi del professore e compagno mi pare piuttosto evidente. Ciò detto, ho lasciato per ultimo l'argomento che più mi sta a cuore e non perché lo ritenga meno importante, ma perché essendo squisitamente privato ho preferito parlarne dopo. Come ho detto, io ho un'infinita fiducia nella scienza. Tuttavia, si dà il caso che io sia allergico a molti farmaci e che dunque tenda ad assumerli solo sotto stretto controllo medico. In passato sono stato vittima di shock anafilattici, con forti reazioni di intolleranza, e l'ultimo vaccino a cui mi sono sottoposto, quello antitetano, mi ha creato non pochi problemi. Tanto per essere chiari, per prescrivermi quella pastiglietta magica che tutti i cardiologi suggeriscono a scopo preventivo, ossia la cardioaspirina, il medico ha preteso che mi ricoverassi in ospedale perché così, in caso di reazioni, sarebbe stato certo che venissi curato in tempo. Io non credo di essere un'eccezione, ma da quanto mi risulta, credo che tanti italiani siano ipersensibili ai farmaci. Dunque, con loro, che non sono No Vax ma Sì Vax, che facciamo? Li vacciniamo lo stesso in un tendone messo in piedi in piazza Duomo a Milano, dove non c'è neppure un pronto soccorso? Sì, lo so che Domenico Arcuri la fa facile, ma lui non è né un medico né un paziente. E, purtroppo per noi, si vede.