2025-02-02
Così Lo Voi ha dato retta alle sparate di Li Gotti, anticipate dai giornali
Franco Lo Voi (Imagoeconomica)
Altro che «uomo di destra», l’ex sottosegretario di Prodi attacca da mesi sui social la Meloni e il governo. E ha pubblicato pure la sua denuncia prima dell’apertura del fascicolo. Per la toga si profila l’incompatibilità.L’ufficio del procuratore di Roma è, in queste ore, un fortino difeso da pochi fedelissimi. Nei corridoi del Tribunale più che avvocati difensori, trovi pm pronti a criticare la scelta di Franco Lo Voi di iscrivere sul registro degli indagati il premier Giorgia Meloni sulla base di una denuncia in cui pochi hanno individuato una notizia di reato. Una toga da noi contattata, di fronte all’inconsistenza dell’esposto, ha esclamato: «Non ci credo!». La domanda che adesso tutti si fanno è questa: Lo Voi rischia o non rischia di perdere la sua poltrona? La questione è spinosa. Il procedimento di incompatibilità ambientale e funzionale richiesto per lui da cinque togati del Csm può portare al trasferimento d’ufficio dei magistrati che «per qualsiasi causa indipendente da loro colpa, non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità».Infatti, il clamore suscitato dalla vicenda potrebbe metterlo in una posizione di apparente non imparzialità e indipendenza nello svolgimento delle sue funzioni. Ma anche un eventuale clima negativo dentro alla Procura potrebbe essere valutato come indice un’incompatibilità. Da tempo circolano voci su presunti rapporti burrascosi di Lo Voi con alcuni colleghi. Nei corridoi del Palazzo di giustizia si narra di un violento battibecco con un ex aggiunto, invitato, al culmine del litigio, allo svolgimento di più umili mansioni. L’allora vice lamentava un parere attitudinale non all’altezza delle sue qualità e ambizioni e dopo la zuffa quel giudizio è stato migliorato. Ma Lo Voi è considerato un tipino dal carattere particolare. Certamente, da quando è a Roma, non ha usato il suo potere per crearsi una codazzo di giornalisti adoranti. Anzi è molto difficile avvicinarlo. Solo i cronisti delle agenzie hanno rapporti più o meno regolari con lui. E così alcune firme, abituate a ben altri trattamenti a Piazzale Clodio, hanno iniziato a bombardare la Procura. Caso emblematico quello degli inviati del quotidiano Domani, che dopo anni di rapporti privilegiati e ricche vendemmie di notizie, sono finiti al centro di due toste indagini per accesso abusivo e rivelazione di segreto e di una per violenza sessuale (archiviata). E così, quando per sbaglio la Procura ha consegnato loro una nota riservata dei servizi segreti (richiesta dallo stesso Lo Voi), hanno sparato lo scoop sul giornale, salvo poi ricordare che quella «documentazione “riservata”» era «finita per errore a disposizione delle parti». Quindi hanno spiattellato i nomi dei presunti «colpevoli»: «Il pm incaricato è Maurizio Arcuri, ma la notifica dell’avviso di conclusione indagine è firmata anche da Lo Voi in persona». Un caso di scuola di beneficiato rancoroso.Ma che cosa è successo tra giovedì e venerdì scorso quando l’avvocato Luigi Li Gotti ha inviato la denuncia nei confronti di Giorgia Meloni, dei ministri Matteo Piantedosi e Carlo Nordio e del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano? Sembra che nessun procuratore aggiunto sia stato informato di quanto stesse accadendo anche se l’ufficio Primi atti, quello a cui arrivano le denunce, si trova proprio al piano in cui hanno gli uffici Lo Voi e i suoi vice. I reati ipotizzati erano il favoreggiamento personale del generale libico Osama Almasri, accusato dalla Corte penale internazionale di reati contro l’umanità, e il peculato collegato all’uso di un aereo di Stato per rimpatriare il militare africano. Ma nessuno degli aggiunti che si occupano di questo tipo di contestazioni sarebbe stato coinvolto. Lo Voi ha fornito a posteriori le sue spiegazioni. Il contenuto del chiarimento, in soldoni, sarebbe stato questo: era un procedimento che riguardava il capo dell’ufficio per la sua rilevanza e per questo il procuratore si è assunto tutta la responsabilità della decisione. I colleghi non erano informati neppure del ricorso straordinario contro il diniego opposto dal sottosegretario Mantovano all’uso dei voli di Stato da parte di Lo Voi. Quest’ultimo, nel luglio del 2023, ha fatto ricorso contro la decisione e il 27 gennaio ha iscritto Mantovano sul registro degli indagati per peculato. Un’iniziativa che al Csm qualcuno considera un palese caso di conflitto di interessi. Il procuratore, però, ricordano i suoi difensori, è sottoposto a una scorta di «primo livello eccezionale» che prevede l’obbligo, non rifiutabile dall’interessato, di una scorta armata qualificata, spostamenti con tre auto blindate, vigilanza fissa presso l’abitazione e servizi di bonifica preventiva presso luoghi ritenuti d’interesse. Per questo è stato autorizzato a utilizzare voli «blu» sulla tratta Roma-Palermo dal 2017 alla fine del 2023. Ma due anni fa il governo ha iniziato a ridurre quel genere di servizio e ha lasciato a terra Lo Voi per il costo eccessivo del trasporto sui Falcon dell’Aeronautica militare, almeno 13.000 euro per la tratta di andata e ritorno. Che, considerando un utilizzo bisettimanale, comportava una spesa di quasi 340.000 euro l’anno, per un totale di circa 1,7 milioni di euro dal 2017. Ma torniamo alla presunta notizia di reato che ha portato Lo Voi a comunicare agli indagati del governo l’iscrizione a tempo di record e, contestualmente, a porgere «distinti ossequi». Una formula che, di fronte alla notifica di un atto non proprio gradito, suonava beffarda. Ebbene il 23 gennaio Li Gotti, ex membro del gabinetto Prodi, annuncia sui suoi social di aver denunciato i quattro membri del governo e pubblica la querela. Salta subito all’occhio che è un atto strano, dal momento che i denunciati non sono identificati nemmeno con i dati anagrafici, ma solo attraverso la funzione. Il legale anziché descrivere la notizia di reato allega «un resoconto giornalistico dei fatti».Anche se giornali e programmi di sinistra hanno provato a far passare il settantasettenne Li Gotti come un giurista di destra, per i suoi trascorsi giovanili nel Movimento sociale, il professionista, oltre a dichiararsi elettore del Pd, esibisce sui suoi social un odio viscerale per questo governo, che definisce «il peggiore di sempre» e di «livello inferiore alla mediocrità». Dopo il rimpatrio di Almasri arriva a scrivere: «Il governo ha il suo boia in Libia per continuare a fare assassinii, violenze, torture». Festeggia pure la mancata convalida dei trattenimenti dei migranti in Albania. In un altro post scrive: «Cerco qualcuno che mi dica cosa lo affascina del fascismo. C’è?». Forse avrebbe dovuto domandarlo a se stesso, visti i trascorsi. Ma l’Italia è il Paese di Leopoldo Fregoli e per questo oggi un ex missino può ergersi a campione della sinistra terzomondista. Il giorno della denuncia, l’avvocato crotonese scrive: «Il sottosegretario iper cattolico Mantovano, non prova vergogna per la liberazione del torturatore e assassino? Nordio, il ministro che alza il gomito, non risponde alla procura generale di Roma, che quindi chiede la liberazione del torturatore, mentre il ministro studia il caso e sulla pista il Falcom (sic), ha i motori accesi. Mi fanno ribrezzo». Il giorno dopo aggiunge: «Grazie a tutti voi per i commenti sulla denuncia presentata per la liberazione del generale libico. L’inganno continua e i filo-governativi, si arrampicano sugli specchi ma scivolano sempre vedendo le stelle. In realtà sono i vostri calci». Se, a nostro avviso, da denuncia è l’uso della punteggiatura, a far colpo sulla Procura è evidentemente altro. Anche perché la notizia dell’esposto finisce sui giornali, dopo essere stata ripresa dalle agenzie. Dunque, anche se gli aggiunti in Procura non ne sanno nulla, a livello mediatico la notizia si diffonde. Per esempio venerdì 24 gennaio il Corriere della Sera annota: «L’avvocato Luigi Li Gotti, ex sottosegretario alla Giustizia del governo Prodi, ha presentato una denuncia contro la premier, i ministri di Interno e Giustizia e Mantovano, per favoreggiamento personale e peculato». Anche noi offriamo ai nostri lettori l’informazione. Di che cosa accada in quelle ore in Procura non v’è certezza. Gli aggiunti, come detto, sono all’oscuro di tutto, ma il procuratore prende in consegna la denuncia che qualcuno deve avere velocemente selezionato dal mare magnum di esposti e querele che ogni giorno inonda l’ufficio Primi atti. E qualcuno a Repubblica deve avere buone antenne se, il giorno dell’iscrizione, lunedì, sostiene che la Procura di Roma, «almeno come atto dovuto, deve comunque aprire» un’inchiesta, «dopo aver ricevuto l’esposto dell’avvocato Luigi Li Gotti». Quindi il quotidiano romano detta la linea e giudica come obbligatorio, al contrario di insigni giuristi, l’avvio di un procedimento. Che Lo Voi apre senza attendere un minuto, spronato dai media, ma soprattutto dall’avvocato che disprezza il governo e che, assicura, non difenderebbe mai un «violentatore accertato». Meglio assistere, come ha fatto lui, Giovanni Brusca, il boss che scioglieva i bambini nell’acido.
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)
Francesca Albanese (Ansa)