2023-02-22
Lo specchio gender, il papà in gonna. Boom di libri per allevare bimbi trans
C’è un mercato editoriale in forte crescita: quello dei sussidiari per preparare i piccoli anche in età da asilo al «cambio di sesso». Una campagna d’indottrinamento portata avanti (con successo) dagli attivisti Lgbt.Se siete genitori preoccupati per la diffusione nelle scuole anche italiane dei testi gender - quelli, in teoria, per «decostruire gli stereotipi di genere», ma che, in pratica, parlano ai più piccoli delle relazioni gay -, sappiate che l’editoria arcobaleno sta già guardando oltre: ai libri per introdurre i vostri figli al «cambio di sesso».Opere illustrate a prima vista innocenti, ricche di disegni coloratissimi, ma di contenuti insidiosi e pensati appositamente per far credere che un maschietto che, banalmente, non disdegni il colore rosa possa in realtà «essere una femmina» e che una bimba attratta dall’azzurro o dal calcio possa «essere un maschietto».A lanciare l’allarme su questa nuova frontiera dell’indottrinamento, con tanto di riferimenti ad autori, titoli di libri e case editrici, un’inchiesta uscita sul portale Transgendertrend.com a firma di Shelley Charlesworth, ex giornalista della Bbc. La prima cosa rilevata nella sua indagine dalla Charlesworth - che è un’autrice non tacciabile di bigottismo, dato che è fieramente femminista - è la crescita esponenziale e piuttosto recente dei libricini illustrati in salsa trans.Quindici anni fa era un mercato editoriale che, semplicemente, non esisteva. Ad inaugurare le danze ci ha pensato, nel 2008, 10,000 Dresses di Marcus Ewert, testo chiave sia per la copertina assai esplicita - ritrae un bambino vestito da bambina -, sia per la pionieristica introduzione del tema dello specchio, quello per cui un giovanissimo si guarda, appunto, allo specchio vedendo riflesso non già il proprio sesso biologico, bensì quello desiderato.Un altro testo che ha fatto scuola è stato I Am Jazz di Jessica Herthel e Jazz Jennings. Quest’ultima è un personaggio televisivo noto per essere tra i più giovani ad essersi identificata come trans e I Am Jazz è liberamente ispirato alla sua storia. Ma quel libro è importante anche per un’altra ragione e cioè perché da quando è uscito, nel 2014, ha inaugurato una tendenza. Da allora a oggi, infatti, secondo la Charlesworth, sono stati pubblicati almeno 60 libri di testo per ragazzini che affrontano il tema della disforia di genere: 10 di saggistica illustrata e 50 di narrativa. Ma questo è niente.Il dato che colpisce maggiormente è l’età dei lettori per i quali sono stati pensati quei testi: 40 dei 50 libri di narrativa e metà di quelli di saggistica illustrata sono riservati ai bambini sotto i cinque anni di età. Significa che sono libri per chi va ancora all’asilo. Solo nel 2022 sono stati pubblicati cinque volumi per bambini tanto piccoli. A scioccare l’ex giornalista della Bbc, - la quale, come già detto, è una progressista e si dice pure favorevole all’educazione gender nelle scuole - è, inoltre, il modo in cui un percorso delicato come quello del «cambio di sesso» è presentato.«I libri per bambini sull’essere gay o lesbiche presentano sempre adulti riconoscibili, anche se a volte sotto forma di re, principesse o animali, come i personaggi principali della storia», nota la Charlesworth, che subito aggiunge: «Ma i libri illustrati trans sono completamente diversi; sono sussidiari su come essere “trans”. E i bambini, sia come narratori sia come protagonisti, sono il mezzo con cui ai piccoli lettori viene insegnato cosa sia essere “trans”». Il tenore propagandistico di simili opere illustrate, ovviamente, non è casuale. Anzi, si potrebbe dire che è inevitabile visto chi le scrive. Sì, perché come dietro I Am Jazz c’è Jazz Jennings, delle decine dei libri pubblicati in questi anni una parte non esigua ha una matrice precisa: quella dei militanti arcobaleno.«Alcuni degli autori», sottolinea infatti la Charlesworth, «sono strettamente legati all’attivismo Lgbt+», e c’è una «stretta relazione tra narrativa e attivismo» che si riscontra «chiaramente» in «libri con personaggi e temi non binari». In questa produzione editoriale, l’impronta propagandistica dell’attivismo si nota anche nella drastica semplificazione con cui il transgenderismo viene raccontato. «La base fondamentale della teoria dell’identità di genere», nota sempre la giornalista inglese, «è così semplificata che la sua dipendenza dagli stereotipi sessuali è evidente. I ragazzi i cui interessi sono visti come femminili o le ragazze i cui interessi sono più tipicamente maschili diventano una scorciatoia per essere “trans”».D’accordo, ma chi mai si spingerebbe, ci si potrebbe chiedere, nel dare ai piccoli di elementari ed asilo simili volumetti? Sempre loro, gli attivisti arcobaleno. «I gruppi Lgbt+ che offrono programmi di formazione scolastica sono i maggiori utilizzatori di libri illustrati trans», osserva la Charlesworth, che fa notare come queste campagne di indottrinamento stiano avendo successo. Un recente rapporto di Policy Exchange basato su un sondaggio di YouGov ha rilevato come il 73% degli studenti che abbandonano la scuola nel Regno Unito avesse familiarità con l’idea che esistano «molti generi». Una percentuale che di questo passo, nei prossimi anni, non potrà che crescere ancora.
Francesco Zambon (Getty Images)
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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