2022-05-28
Lo sfogo di Maldini gela il Milan: «Non si trattano così i dirigenti»
In attesa del closing con Redbird sia le strategie di mercato sia i rinnovi dei manager scudettati sono in stallo. L’ex capitano: «Non si sono neanche seduti a parlare». Le ragioni del campo cozzano con quelle finanziarie. «Siamo in scadenza e non abbiamo ancora rinnovato il contratto, lo trovo poco rispettoso». A neppure una settimana dallo scudetto il mondo Milan si trova con la prima grana da risolvere. A sollevare il problema è Paolo Maldini, icona diabolica e protagonista a livello manageriale della galoppata infinita, che in un’intervista alla Gazzetta dello Sport non mette freno ai malumori, parlando anche per il ds Frederic Massara. «Ad oggi l’amministratore delegato (Ivan Gazidis) ed Elliott non si sono neanche seduti a parlare con noi. Dico solo a parlare».Maldini è così da quando aveva 20 anni, fuga sulla fascia e nessun compromesso, si arriva fino in fondo o si muore. Il carattere da guerriero mitigato da un sorriso da liceale è stato il motore di una carriera straordinaria, proseguita dietro la scrivania con la stessa personalità e la stessa spigolosità, perché Fantozzi si nasce ma «chi ha carattere ha un brutto carattere» (Ennio Flaiano). Tutti ricordano il dito medio agli ultrà nel giorno dell’addio a San Siro. L’affondo del direttore tecnico è circostanziato: «Devo dire che per il nostro percorso e per ciò che è successo in passato anche durante il periodo di crisi con Ralf Rangnick, trovo poco rispettoso il fatto che l’ad ed Elliott non si siano neanche seduti a parlare. Perché loro potrebbero anche dirci “il vostro lavoro non è stato abbastanza buono per continuare”. O può essere che io dica “la vostra strategia non mi piace”. Come ho detto a suo tempo, a me piace essere una sorta di garanzia per il milanista. Io non sono la persona giusta per fare un progetto che non ha un’idea vincente. Non potrei mai farlo. La realtà è che la proprietà non si è mai seduta al tavolo e questa cosa non va bene». Per la verità anche Gazidis è in scadenza a dicembre.Da attendibili accertamenti «inside» si coglie il cuore del problema. La vicenda è ovviamente ricomponibile ed evidenzia una differenza di mentalità fra le due anime del Milan, quella calcistica e italiana (Maldini è il terminale nervoso della squadra), e quella del fondo anglosassone che controlla il club. Per l’ex campione questi sono i giorni dei rinnovi e dei progetti, c’è abituato da una vita, vede altri che si muovono e vorrebbe mettere nero su bianco. Ma la sua fretta confligge con la regola numero uno di un proprietario in uscita come la famiglia Singer, avvezza alle consuetudini della finanza internazionale: mai rinnovare un top manager mentre si sta vendendo l’azienda. Questione di stile e di agreement. Per questo - a poche settimane dalla cessione a RedBird - i vertici di Elliott si sono limitati a tranquillizzare l’ambiente dicendo: «Ci sarà continuità manageriale». Lo ha fatto Paul Singer in persona a Reggio Emilia prima del trionfo. Pensava che bastasse, e invece no. Perché un ex calciatore che non ha mai studiato da dirigente sa per esperienza che sul controverso pianeta papalla non c’è promessa, non c’è stretta di mano che valga prima del «nero su bianco». Maldini è in fibrillazione e rischia che la sua uscita venga letta male, come accadde un anno fa a Gabriele Oriali quando accusò Steven Zhang di essere tornato in Italia solo per alzare il trofeo dello scudetto. E dovette dimettersi. È molto difficile che la storia si ripeta, nessuno a Milanello pensa di privarsi dell’icona rossonera. La tempesta in un bicchier d’acqua prosegue nel disegnare la squadra che verrà. Il tempo stringe, altri club hanno le idee chiare, nella prossima stagione la concorrenza sarà molto agguerrita e squadre come Juventus, Roma, Napoli, la stessa Atalanta sono già avanti nella costruzione della rosa titolare (l’Inter no, prima deve vendere). Anche qui Maldini lancia un allarme. «Oggi il Milan, con una visione strategica di alto livello, può andare a competere con le più grandi. Se invece si scegliesse una visione di mantenimento, senza investimenti, senza un’idea da Milan rimarremmo nel limbo tra le migliori sei o sette squadre in Italia per tentare di rivincere lo scudetto e qualificarci per la Champions». Da qui un pressante invito che parte dall’amore profondo per la maglia e i suoi destini. «Per questo è il momento che la proprietà, Elliott o quella che potrebbe arrivare, chiuda il triennio e capisca che strategia vuole per il futuro. Con due o tre acquisti importanti e il consolidamento dei giocatori che abbiamo possiamo competere per qualcosa di più grande in Champions. Ora non abbiamo disponibilità economica per fare il salto di qualità». Già in gennaio era uscito allo scoperto, quando aveva notato che la proprietà mostrava il «braccino» nel potenziare la squadra in testa alla classifica. Anche adesso Maldini non manca di fare nomi, la reticenza non fa parte del carattere dell’uomo simbolo: «Rafael Leao è incedibile, Zlatan Ibrahimovic vuole continuare (dopo l’intervento al ginocchio rientrerà nel 2023, ndr). Stiamo parlando con Origi e la cosa è molto ben indirizzata. Sven Botman? L’abbiamo seguito, ma di giocatori validi in quel ruolo ce ne sono molti». Gleison Bremer è avviato verso l’Inter, Paulo Dybala è ancora in bilico, ci sono suggestioni futuribili come Kristjan Asslani (Empoli), Ederson (Salernitana), Andrea Belotti attende una risposta. Tutti vorrebbero il Milan e la Champions, ma sui piani estivi aleggia un incubo concreto: muoversi tardi, quando il meglio si sarà piazzato altrove. Da Milanello arriva la parola definitiva di chi interpreta lo sfogo come un atto d’amore: «Maldini è in sintonia con i tifosi. Non gli bastano le plusvalenze, vuole continuare a vincere».